Oggi, ma in un senso del tutto contrario a quello della vulgata complottistica, si è espresso chiaramente il professor Franco Locatelli, presidente dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss).
Egli, intervenendo nel corso di una conferenza stampa nella quale si faceva il punto sulla situazione dei contagi in Italia, ha inteso spendere parole chiare e definitive sull’argomento.
«Tocco un punto emerso nella giornata di mercoledì, la possibile creazione in laboratorio di questo coronavirus. L’ho già detto ad alcuni di voi – ha dichiarato Locatelli rivolgendosi ai giornalisti – e lo voglio ribadire in maniera assolutamente molto chiara. Ho usato un termine che ripeto: non facciamo del fanta-bioterrorismo. Abbiamo evidenze che indicano chiaramente come non ci sia stata possibilità di una generazione in laboratorio di SARS CoV2. È stato pubblicato su una delle riviste più importanti in medicina, il laboratorio Scripps La Jolla negli Usa, lo hanno recentemente confermato, quindi evitiamo di alimentarle, perché sono interpretazioni di sviluppo e diffusione che non hanno alcuna consistenza scientifica».
In effetti, gli scienziati e i militari che si occupano della materia ci insegnano che agenti patogeni del genere, se originati da una coltivazione in laboratorio, una volta dispersi nell’ambiente generalmente hanno una vita assai breve, poiché non sono così resistenti.
Dunque, già questo aspetto deporrebbe a sfavore delle tesi relative a un’artificialità del Covid-19. Ma andiamo per gradi.
Le teorie complottiste. In effetti, la teoria relativa a una fuga accidentale del virus da un laboratorio cinese BSL-4 (quelli a massimo livello di bio-contenimento), magari proprio quello situato nella regione dello Hubei, è assai suggestiva. Infatti, la struttura finanziata anche da Paesi occidentali, si trova proprio a una trentina di chilometri di distanza dalla citta di Wuhan, luogo di prima diffusione della pandemia.
L’ipotesi maggiormente accreditata tra i sostenitori di essa è quella di una dispersione accidentale del virus da un laboratorio di virologia civile o militare, cioè un evento cosiddetto «ROTA» (Release Other Than Attack), seppure altri sostengano invece lo scenario di guerra ibrida/guerra economica (hybrid Warfare).
In parte avvalorata in questi ultimi giorni dalla riproposizione da parte della trasmissione televisiva TG3 Leonardo di un servizio giornalistico risalente al 2015 nel quale si ipotizzavano attività di ingegneria biologica finora mai smentite, che tuttavia non correlava quelle ricerche – evento ritenuto improbabile, ma comunque possibile – con l’attuale pandemia.
Inoltre, circolano da tempo nel web vari documenti e analisi, non infrequentemente apocrife e a volte mal tradotte rudimentalmente in lingua italiana mediante il ricorso a programmi fruibili in rete.
Alcuni di questi testi, spesso concepiti e scritti a fini di disinformazione, esplorano l’ipotesi che il virus Covid-19 in realtà sia una bio-arma sfuggita dal citato laboratorio distante trenta chilometri in linea d’aria da Wuhan, riconducendone le basi aa affermazioni di alcuni esperti, notizie diffuse da media alcuni anni prima e da paper scientifici pubblicati in India.
In quel laboratorio, si sostiene, si preparavano armi per la guerra biologica, seppure in quegli stessi testi si affermi che il Covid-19, avendo un R0 (indice di contagiosità) pari a 2,5, non presenti dunque le caratteristiche di massima trasmissibilità proprie degli agenti patogeni utilmente impiegabili in scenari di bioguerra e bioterrorismo, nonostante possegga egualmente un levato tasso di pericolosità data la sua infettività.
Si è inoltre affermato che, data le sue intrinseche caratteristiche, questo stesso virus sarebbe particolarmente efficace nei confronti di soggetti asiatici di sesso maschile, capacità che verrebbe confermata dalle prime statistiche elaborate sulle proporzioni dei contagiati e dei deceduti che tengono conto della differenza di genere.
Dunque, seppure sia noto che il Covid-19 è perfettamente in grado di mutare nel tempo a seconda del contesto ospite (lo si è visto in Occidente), le conclusioni alle quali si perveniva in questi scritti era quella che esso manteneva comunque un discreto potenziale quale bio-arma, seppure su un target specifico.
Ma l’Armata popolare di liberazione cinese (le forze armate di Pechino) non avrebbe certamente avuto alcun interesse a utilizzare un virus del genere contro la sua stessa gente, inoltre, per una struttura militare in possesso di armi biologiche è “buona regola” disporre di un vaccino o di cure adeguate prima di sviluppare e produrre bioarmi.
I laboratori di livello BSL-4 dispongono di attrezzature, procedure e personale qualificato, nonché specifici protocolli per le eventuali esposizioni accidentali ad agenti biologici.
Quindi l’interrogativo è: cui prodest? Si è davvero trattato, come affermano alcuni, di una operazione sotto falsa bandiera concepita allo scopo di mettere in ulteriore difficoltà il sistema di potere della Cina comunista, già alle prese con la devastante peste suina e la non meno problematica guerra commerciale con gli Usa di Trump?
Se davvero si è trattato di un’operazione segreta di guerra batteriologica, perché il governo di Pechino non ha risposto coerentemente applicando i piani militari di difesa CBRN e invece ha fatto ricorso, per altro con ritardo, ai piani di contenimento delle epidemie previsti dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), organismo delle Nazioni Unite al quale aderisce?
Conseguentemente è molto difficile che la pandemia sia conseguenza di un atto di guerra, poiché a oggi gli effetti in termini di danni infrastrutturali e di incapacitazione o mortalità delle truppe dell’Armata popolare risultano pressoché nulle, lo stesso, svolte le debite considerazioni, dicasi per quanto riguarda la possibilità che sia trattato di un atto di bioterrorismo.
Dunque permarrebbe la possibilità che si sia trattato di un evento accidentale, ma anche questa ipotesi al momento non viene suffragata da nessuna fonte ufficiale, o evento o circostanza, anche supponendo che il laboratorio in questione venga utilizzato per produzioni dual use in contrasto con le normative internazionali.
Ma, allora il tutto resta nel campo delle ipotesi, forte dell’assunto – questo davvero assolutamente incontrovertibile – che se per un punto passano infinite rette, per due punti ce ne passa una sola, ergo… dietro alla pandemia non può non esserci un “piano oscuro”.
Ma… Recentemente, il Begin-Sadat Center for Strategic Studies di Ramat Gan ha pubblicato un documento (il Besa Center Perspectives Paper No. 1.429, 29 del gennaio 2020), in esso vi si afferma che nel mese di luglio del 2019, un evento raro si è verificato in Canada.
Sospettati di essere delle spie, un gruppo di virologi cinesi guidati dalla dottoressa Xiangguo Qiu, che lavoravano al Canadian National Microbiology Laboratory (NML) a Winnipeg sono stati espulsi dal Paese.
Nel centro era in fase di sviluppo parte del programma speciale di ricerca sugli agenti patogeni finanziato dalla sanità pubblica di Ottawa e una delle procedure seguite era quella del ricorso a scimmie quali cavie, animali infettati con i virus maggiormente letali attualmente conosciuti.
Quattro mesi prima dell’espulsione della squadra di ricercatori cinesi, provette contenenti due virus eccezionalmente virulenti (Ebola e Nipah) erano state fatte pervenire in violazione della legge dalla NML alla Repubblica Popolare cinese.
Una violazione che evidenziava anche la vulnerabilità in termini di sicurezza di strutture del genere.
Qiu, scienziata nativa di Tianjin, fino a poco tempo prima era a capo della sezione di sviluppo vaccini e terapie antivirali del programma speciale agenti patogeni.
Ella si era laureata presso la facoltà di medicina dell’università di Hebei nel 1985 e l’anno seguente si era recata in Canada per completare i suoi studi di specializzazione, paese nel quale rimase svolgendo la propria professione nell’istituto di biologia cellulare e presso il dipartimento di pediatria e salute dei bambini dell’Università di Manitoba, periodo nel quale non si dedicò allo studio degli agenti patogeni.
Tuttavia, nel corso delle sue attività condotte in Canada a partire dal 2006, ebbe l’opportunità di dedicarsi alle ricerche sui virus quali Ebola, accedendo al NML in ragione della sua partecipazione – del tutto legittima – allo sviluppo di una profilassi e di un trattamento efficace per le persone infette.
Infatti, non fu casuale il fatto che entrambi i campioni di virus spediti segretamente dalla NML in Cina fossero stati oggetto di studio da parte di Qiu già dal 2014, così come altri virus, tra i quali Machupo, Junin, Rift Valley Fever, Crimean-Congo Hemorrhagic Fever ed Hendra.
Inevitabilmente, il lavoro della ricercatrice cinese incluse una varietà di ceppi di Ebola, tra i quali quelli più virulenti, con tassi di letalità pari all’80%, studi condotti appunto ricorrendo alla sperimentazione di laboratorio effettuata sulle scimmie, anche attraverso le loro vie aeree.
Dati i suoi brillanti risultati, nel 2018 le venne addirittura conferito un premio per l’innovazione dal governo canadese.
Qiu è coniugata con lo scienziato Keding Cheng, batteriologo applicatosi alla virologia che negli ultimi anni aveva mantenuto stretti legami con la Repubblica Popolare, in quanto studioso in rapporti con numerosi studenti cinesi che effettuavano specifiche ricerche nelle strutture del loro paese.
Di tali strutture si ritiene che almeno quattro sviluppino armi biologiche: l’Istituto di veterinaria militare presso l’Accademia di scienze mediche militari di Changchun, il Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie nella Regione militare di Chengdu, il Wuhan Institute of Virology dell’Accademia delle Scienze dello Hubei e l’Istituto di microbiologia dell’Accademia delle Scienze di Pechino.
Tutte e quattro beneficiarono della collaborazione di Qiu quando lei effettuava ricerche su Ebola, mentre l’Istituto di veterinaria militare partecipò anche a uno studio sul virus della febbre della Rift Valley e l’Istituto di microbiologia a quello sul virus di Marburg.
In particolare, il farmaco utilizzato in quest’ultimo caso, il Favipiravir, venne testato con successo nei confronti dell’Ebola e altri virus dall’Accademia cinese delle scienze mediche militari.
L’interesse di Pechino per Ebola, Nipah, Marburg e Rift Valley potrebbe travalicare però le mere esigenze di natura scientifica e medica, poiché allo stato attuale soltanto del virus Nipah viene registrata una significativa presenza naturale in Cina e nei paesi suoi vicini, un aspetto questo che rese oltremodo sospetto l’intenso interfaccia tra Qiu e il suo paese di origine.
Soprattutto alla luce delle allarmanti spedizioni segrete di campioni di virus effettuate dalla brillante dottoressa in Cina, che indusse a ritenere che la stessa ricercatrice ne abbia potute fare di altre durante la sua lunga presenza al NML.
Ella infatti, nel corso dell’anno accademico 2017-18 si recò da sola almeno cinque volte presso il laboratorio nazionale di biosicurezza di Wuhan, struttura certificata come BSL4 nel gennaio 2017.
Sette mesi dopo questa data, la commissione sanitaria nazionale cinese approvò le attività di ricerca sulla febbre emorragica da Ebola, Nipah e Crimea-Congo, condotte in seguito presso la medesima struttura e, nel marzo del 2019, ne vennero pubblicati alcuni risultati.
I viaggi di Qiu in Cina cessarono quando lei e il suo gruppo vennero scoperti dalle autorità canadesi.
Jens Stoltenberg, segretario generale della Nato, nel corso di una successiva conferenza stampa evitò di commentare il fatto, tuttavia ventilò la possibilità che si fosse trattato di una caso di spionaggio.
Ma le ricerche della dottoressa Qiu non furono condotte esclusivamente a beneficio di Ottawa e Pechino, poiché nel 2018 ella collaborò anche con tre scienziati appartenenti all’US Army Medical Research Institute of Infectious Diseases, struttura che ha la sua sede nel Maryland, assieme ai quali si dedicò allo studio dell’immunoterapia post-esposizione ai virus Ebola e Marburg, attività facenti parte di un più ampio progetto sostenuto dalla Defense Threat Reduction Agency degli Stati Uniti d’America.
A posteriori, si rileva che la molteplicità delle sovvenzioni cinesi delle attività svolte presso il NML sotto il coordinamento – o, forse, sarebbe meglio definirlo «comando» – di Qiu presso L’NML appare impressionante.