Di Claudio Martelli. Bettino Craxi era antipatico perché incarnava la politica in un’epoca di crollo delle ideologie e di avversione ai partiti.
Perché non temeva né di macchiarsi di una colpa né di affrontare l’odio. Perché era alto e grosso, ribelle e autoritario e anche se tendeva alla pace e sorrideva sembrava sempre in guerra.
Perché diceva quel che pensava e faceva quel che diceva, anche le cose spiacevoli.
Perché affascinava o irritava coi suoi proverbi popolari o mostrandoti l’altra faccia della luna; perché era sospettoso e coraggioso, razionale e realista fino al cinismo.
Perché era sicuro, troppo sicuro di sé, e per dieci anni ha guidato la politica italiana e per quattro il governo coi migliori risultati.
Perché sfidò gli Usa di Reagan e l’Urss.
Perché tenne in scacco la Dc e il Pci alternando coerenza e spregiudicatezza.
Perché affrontò il partito del potere e del denaro.
Oggi, a distanza di vent’anni dalla sua morte, è possibile e anzi necessario ripensare Craxi e recuperare il suo lascito, per colmare il vuoto lasciato dal riformismo socialista e dal socialismo liberale.
La sua figura suscita ancora tante domande e comprenderla può fornire tracce importanti per capire la crisi della sinistra, della democrazia liberale e l’irruzione del populismo e del nazionalismo in Italia e nel mondo.
Questo libro non è una biografia, piuttosto il profilo umano e intellettuale di un leader e il manifesto politico che nel labirinto di intenzioni, di successi e di tracolli di un’’epoca appena passata districano i fili che la connettono alle contraddizioni e agli interrogativi dell’attualità.
L’antipatico. Bettino Craxi e la grande coalizione, di Claudio Martelli, La nave di Teseo editrice, collana i Fari, pagine 224, prezzo 18 euro, disponibile in libreria a partire dal 16 gennaio