EUROPA, contenziosi territoriali. Parigi ci «fotte» il Monte Bianco, ma dalla Farnesina assicurano: «Fermezza!»

Lo ha deciso Napoleone III, ma a pensarci sono le municipalità di frontiera dell’era Macron. Per riaffermare la sovranità nazionale francese su qualche ettaro di superficie oltre la linea di frontiera abbattuta da Schengen - apparentemente resa incerta dal passare dei secoli - è sufficiente un provvedimento amministrativo della municipalità di Chamonix che vieta il sorvolo ai parapendii anche in Italia

Non è uno scherzo, è andata proprio così. I muri cadono (a volte soltanto apparentemente), le frontiere spariscono, la convivenza in Europa parrebbe cosa assodata, eppure a settantadue anni dalla stipula del trattato di pace e settantaquattro dalla fine della Seconda guerra mondiale ci sono ancora contenziosi territoriali tra Stati membri dell’Unione europea.

È vero, recentemente alla frontiera con la Francia non è che sia andata sempre troppo bene, basterebbe ricordare il raid dei gendarmi d’oltralpe a caccia di extracomunitari clandestini nella tranquilla cittadina piemontese di Bardonecchia, tuttavia la notizia che un più che ordinario provvedimento amministrativo emanato da due municipalità alle pendici del Monte Bianco del dipartimento dell’Alta Savoia potesse riaccendere un contenzioso mai risolto tra Roma e Parigi pochi potevano aspettarselo.

Infatti è bastata l’imposizione ai parapendii di un divieto di atterraggio nell’area del Monte Bianco.

La perdurante disputa su quel tratto di linea di confine tra Italia e Francia è stato quindi sottoposto alle attenzioni dei parlamenti di Roma, Parigi e di quello europeo a Strasburgo.

L’indeterminatezza della sovranità territoriale riflette conseguenze in termini di giurisdizione sia in campo commerciale (nell’area insistono infatti la skiway Monte Bianco e il Rifugio Torino) che nella individuazione delle autorità civili e penali  competenti.

La delimitazione dei confini territoriali tra Italia e Francia nella zona del massiccio del Monte Bianco vene disciplinata da quanto statuito dal Trattato di Torino stipulato il 24 marzo 1860, che stabilì il confine tra il Regno di Sardegna e il Ducato di Savoia, quest’ultimo in seguito ceduto alla Francia.

A disciplinare la sovranità e le competenze su quello specifico tratto di confine intervennero poi una serie di atti bilaterali, la cui sintesi trovò espressione nel Verbale di delimitazione del 26 settembre 1862.

Un verbale apparentemente sparito dagli archivi d’oltralpe (i francesi affermano di non trovarlo più), tuttavia rinvenibile in copia nell’Archivio di Stato italiano di Torino.

Il Trattato di pace siglato a Parigi il 10 febbraio 1947 a seguito della sconfitta subita dall’Italia nella Seconda guerra mondiale, stabilisce con chiarezza che la frontiera tra Italia e Francia è segnata dal cosiddetto «spartiacque», cioè sulla linea displuviale del massiccio del Monte Bianco e su quella del Colle del Gigante.

Una delimitazione che è da sempre fonte di contenziosi anche a causa di un diverso disegno cartografico effettuato nei due Paesi. Diversi episodi, infatti, hanno dato luogo a dispute e malumori, spostando la questione dal livello locale a quello diplomatico e politico.

Una nota redatta dall’Istituto geografico militare evidenzia l’esistenza di due tracciati di confine, tuttavia, a oggi non si è pervenuti a una soluzione condivisa della questione, che dunque rimane aperta, con tutte le possibili ricadute negative su un territorio montano nel quale la popolazione vive di turismo.

La cartografia ufficiale italiana, in uso anche alle forze della Nato ed è riconosciuta a livello internazionale, trova fondamento nella Convenzione di delimitazione del 1861, stipulata dall’allora Regno di Sardegna e dall’Impero francese di Napoleone III, che dagli studi storico giuridici agli atti risulta l’unico strumento pattizio facente fede al riguardo.

Al contrario, la cartografia francese, che riporterebbe il confine sul Monte Bianco spostato di 82 ettari sul territorio italiano, non è fondata su uno strumento pattizio, in quanto sembrerebbe discendere da una interpretazione unilaterale francese, oltreché da «asseriti» diritti storici riconducibili a riproduzioni realizzate negli anni di cartografie “errate” a partire dalla fine del XIX Secolo.

Esse discordano sia dalla linea di confine fissata con la Convenzione del 1861, sia con la prassi costante sul terreno, la quale indica per altro un esercizio senza soluzione di continuità della piena sovranità italiana sulle aree pretese da Parigi.

Nell’aprile del 2016 la commissione mista italo-francese per la manutenzione di termine della linea di confine di stato stabilì che per la zona oggetto di contestazione, la relativa documentazione avrebbe continuato a riportare i due diversi tracciati, ribadendo in ogni caso l’importanza di evitare iniziative unilaterali da parte delle autorità locali, oltre alla necessità – affermata come «inderogabile» – del coordinamento delle autorità competenti dei due Paesi in ordine al soccorso in montagna in questa zona.

Nel luglio del 2019, però, i sindaci delle cittadine francesi di Chamonix e Saint-Gervais-les-Bains adottarono unilateralmente – senza dunque coinvolgere le Istituzioni valdostane – un’ordinanza congiunta di divieto di atterraggio con parapendio in un raggio di seicento metri dal Monte Bianco.

Un provvedimento assunto per interdire l’area a seguito del verificarsi di un incidente mortale verificatosi con un parapendio nella zona, includendo però come area oggetto del provvedimento anche parti del territorio italiano, come l’intera vetta del Monte Bianco, la più alta d’Europa.

Un atto adottato senza la previa consultazione né la previa informazione delle Autorità locali italiane, contrariamente a quanto concordato a livello tecnico nel 2016 e nel 2018 in sede di Commissione mista italo-francese per la manutenzione del tracciato dei confini.

L’ordinanza in oggetto ha interessato anche un’area ritenuta dall’Italia proprio territorio, inasprendo ovviamente la controversia in atto, al punto di generare anche strascichi di natura giudiziaria, poiché in seguito a esso la Procura della Repubblica di Aosta ha aperto un fascicolo.

Conseguentemente, il Ministero degli Affari esteri, per il tramite dell’Ambasciata italiana presso lo Stato francese di Parigi a rappresentato formalmente «e con fermezza» – affermazione dell’onorevole Marina Sereni, sottosegretario agli Affari esteri e la Cooperazione internazionale – la tradizionale posizione italiana riguardo alla linea di confine, sia come reazione alla violazione dei confini e della sovranità nazionale italiana effettuata simbolicamente attraverso l’adozione del provvedimento amministrativo delle autorità locali del dipartimento dell’Alta Savoia, sia per evitare che in futuro Parigi possa invocare una presunta acquiescenza di Roma alle eventuali proprie pretese, tale da pregiudicare la posizione italiana.

Oltre a rappresentare il disappunto italiano per la violazione del confine, nella nota verbale inviata alle autorità francesi si è fatto presente come lo Stato italiano abbia in più occasioni in passato manifestato la propria disponibilità ad avviare con la Francia consultazioni bilaterali per esaminare le discordanze delle rispettive cartografie sul Monte Bianco, rinnovando al contempo alle autorità francesi l’apertura la dialogo al fine di una soluzione congiunta della questione.

La distensione dei rapporti in quest’area di confine e la salvaguardia risulta dirimente per l’adozione di soluzioni condivise e soddisfacenti per entrambe le parti. Trattandosi di una zona montana è necessario avere riguardo alle attività che vi si svolgono e che, a volte, comportano un relativo grado di rischio, come ad esempio i sorvoli di aeromobili.

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