INTELLIGENCE, misteri italiani. Diciannove anni fa la misteriosa scomparsa di Davide Cervia

L’esperto di guerra elettronica, già sottufficiale della Marina militare, lasciato il proprio ufficio non fece più ritorno a casa. Di lui non si seppe più nulla. Alcuni testimoni riferirono particolari che indurrebbero a ritenere che si sia trattato di un sequestro di persona

Il 12 settembre 1990 Davide Cervia, tecnico trentunenne nato a Sanremo ma residente da anni nei pressi della capitale e impiegato presso la Enertecnel Sud di Ariccia, scomparve misteriosamente.

Cervia non era un tecnico qualsiasi, poiché in precedenza aveva prestato servizio nella Marina militare col grado di sergente, lavorando anche ai nuovi sistemi di guerra elettronica in fase di installazione sulla nave maestrale.

Un esperto dunque, in possesso di nulla osta Nato, che tuttavia dopo la sua misteriosa scomparsa vide il suo foglio matricolare non riportare più nessuna delle sue specializzazioni che aveva precedentemente conseguite nel corso della sua ferma quinquennale.

Cervia venne in seguito descritto come un semplice elettricista di bordo, eppure egli era in possesso di specifiche competenze in materia di guerra elettronica che, in quel periodo, in Italia avevano soltanto una sessantina di militari, dei quali poco più di una dozzina congedatisi.

Le indagini sul caso condotte dalla Procura Generale della Repubblica di Roma non hanno portato a una “verità”, limitandosi ad avvalorare l’ipotesi di un sequestro di persona. Ma perché? E a opera di chi?

I servizi segreti (Sismi e Sisde) ipotizzarono l’intervento dell’Iraq di Saddam o della Libia di Gheddafi, paesi arabi ai quali le industrie italiane del settore armiero avevano fornito sistemi d’arma anche notevolmente sofisticati, tra i quali figuravano quelli per la guerra elettronica.

Nel frattempo, però, lo scenario era mutato: l’imposizione a questi paesi mediorientali di un embargo internazionale sulla vendita di armi, aveva reso in parte deficitari i loro strumenti bellici sul lato della manutenzione e dello stesso impiego dei sofisticati apparati elettronici posseduti.

A quel punto non potevano fare a meno del supporto di tecnici specializzati come lo era Davide Cervia.

Non costituiscono certamente una novità gli ingaggi – o in alternativa i sequestri di persona – di tecnici specializzati esperti di sofisticati materiali d’armamento ceduti (o “ambiti”) da paesi sotto embargo o privi delle tecnologie sufficienti alla loro realizzazione o, semplicemente, al loro impiego.

Infatti numerosi ex militari (ma anche personale civile) hanno ricevuto cospicue offerte di denaro oppure subito pressioni al fine di essere applicati a qualche avanzato apparato elettronico posseduto da forze armate di rogue states.

 

La scomparsa. Cervia scomparve in una fase del tutto particolare, alla vigilia dell’attacco militare che la coalizione internazionale a guida statunitense avrebbe sferrato all’Iraq dopo che quest’ultimo aveva invaso il Kuwait.

Nei mesi immediatamente precedenti la sua scomparsa si verificarono una serie di episodi, alcuni apparentemente incomprensibili altri, invece, indice di una situazione di pericolo in atto per il tecnico ligure.

Nel 1989 Cervia aveva acquistato un’arma, un fucile col quale forse avrebbe inteso proteggere sé stesso e la propria famiglia;

tre mesi prima della sua scomparsa un furgone di colore giallo arrestò la sua marcia in fondo al vialetto dove si trova la sua abitazione, Cervia si fece incontro alla persona alla guida dell’automezzo e con essa scambio alcune parole; riferì la moglie, che il marito quando tornò indietro era visibilmente sconvolto, ma non le disse nulla;

ancora, un mese prima – siamo all’agosto 1990 quindi – al ritorno dalle vacanze la famiglia Cervia riscontrò un’apertura fatta nella recinzione condominiale proprio all’altezza del loro posto auto;

infine, sempre circa un mese prima del 12 settembre, la sua autovettura, una Volkswagen Golf, prese fuoco inspiegabilmente mentre Cervia ne era alla guida.

Il 12 settembre 1990 Davide Cervia lasciò il suo ufficio ad Ariccia per recarsi a casa, nella cittadina di Velletri. Si fermò a comperare delle rose rosse che avrebbe voluto donare alla moglie, poi si mise in viaggio a bordo della sua macchina.

Da questo momento di lui si perdono le tracce. Alcuni testimoni riferiranno in seguito episodi che farebbero concretamente ritenere che vi sia stato un sequestro di persona. Due in modo particolare.

Un autista dell’Acotral (l’azienda pubblica di trasporto regionale del Lazio) affermò di essere stato costretto a effettuare una brusca manovra con la corriera che quel giorno guidava a causa di una Volkswagen Golf di colore bianco che gli aveva tagliato la strada.

Ma la Golf bianca non fu l’unica autovettura incrociata dal pullman dell’Acotral all’incrocio tra Via Appia e Via Colle dei Marmi, sulla strada tra Torvaianica e Velletri, poiché, sempre secondo la testimonianza resa dall’autista del mezzo pubblico, un’altra Golf, stavolta di colore verde scuro, tallonava la prima.

A bordo di quest’ultima ci sarebbero stati tre uomini, che coprivano i finestrini nel tentativo di occultare la vista dell’interno dell’abitacolo.

La Volkswagen Golf di Davide Cervia sarebbe stata ritrovata grazie a una segnalazione anonima soltanto il 1 marzo 1991. A bordo venne rinvenuto il mazzo di rose che Davide Cervia aveva acquistato per sua moglie.

L’altra inquietante testimonianza sul caso, resa tuttavia con due mesi di ritardo, fu quella dell’anziano custode della villetta accanto a quella dove risiedeva Davide Cervia con la sua famiglia.

Egli, estremamente turbato dall’episodio cui afferma di avere assistito, riferì di avere udito le grida di richiesta di aiuto del tecnico elettronico, quindi di averlo visto trascinare via a forza da alcuni individui.

Un particolare che riveste interesse è quello della richiesta rivolta ai Carabinieri il giorno seguente alla misteriosa scomparsa dell’uomo dal Sios Marina (Servizio informazioni, operazioni e situazione), l’intelligence di Forza armata del tempo.

Non mancarono poi i depistaggi e le omissioni. Infatti, vennero fatte circolare voci relative a una fuga di Cervia assieme a un’amante e si tentò parallelamente  di avvalorare l’ipotesi dell’allontanamento volontario.

Dopo la scomparsa del marito, Marisa Gentile, pervicacemente attiva nella disperata ricerca di elementi che potessero portarla alla verità sulla vicenda del proprio marito, iniziò a ricevere telefonate mute e si rese conto di venire pedinata.

Qualcuno le offrì una forte somma di denaro, un miliardo di lire, affinché desistesse dalla ricerca di Davide. In seguito, la donna affermò di essere convinta che a chiederle di «dimenticare» facesse parte delle istituzioni, seppure non avesse idea riguardo a una sua appartenenza a «strutture parallele e segrete».

 

Ultimi sviluppi giudiziari e politici. Lo scorso anno il Presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte (allora alla guida di una coalizione Lega-M5s) rispose a una lettera inviatagli da Marisa Gentile, moglie del tecnico scomparso.

Cosa era successo? Nel frattempo, il 15 gennaio dell’anno precedente era stata emessa una sentenza dal Tribunale civile di Roma che aveva condannato il Ministero della Difesa a risarcire simbolicamente (con un euro) i familiari di Davide Cervia per «avere violato il loro diritto alla verità», poiché non mise a disposizione dei famigliari dello scomparso e degli inquirenti che si occupavano del caso – come invece avrebbe dovuto fare – ogni elemento e dato «esatto e completo».

Una condanna seguita poi dalle pubbliche scuse porte alla famiglia dal ministro della Difesa allora in carica, Emanuela Trenta.

Il dicastero di Via XX Settembre non ricorse per altro in appello contro questa condanna subita per i comportamenti omissivi e negligenti posti in essere per un lungo  periodo di tempo seppure al caso Cervia non fosse stato apposto il segreto di Stato.

Dopodiché, il consigliere militare del Presidente del Consiglio, ammiraglio Carlo Massagli, comunicò alla famiglia Cervia che, sempre il ministro della Difesa, aveva sottoposto alle valutazioni della IV Commissione Difesa della Camera dei Deputati la possibilità di promuovere l’istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta sul caso.

Si è davvero tentato di “derubricare” un sequestro di persona in allontanamento volontario?  Di certo c’è che si è di fronte all’ennesima zona grigia che ottenebra l’esistenza di questo Paese.

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