Mentre le delegazioni di alcune forze politiche di regioni a statuto speciale, dopo il colloquio col Presidente della Repubblica Mattarella dichiaravano alla stampa assiepata al Quirinale che il prossimo governo – quello dovrà essere formato – non potrà non interessarsi agli urgenti e improcrastinabili provvedimenti per la tutela e la salvaguardia delle zone montane, qualcun’altro i soldi destinati ai pascoli se li metteva in tasca fraudolentemente.
È accaduto in Lombardia, precisamente nell’alto lago di Como e nella Bassa Valtellina, ma a essere coinvolte nell’indagine sono anche persone e società del Veneto e del Piemonte.
Un sodalizio criminale diretto e condotto da sette persone e due società di servizi, attraverso una propedeutica azione di rastrellamento dei territori montani di proprietà di enti comunali, stipulavano poi contratti di affitto agrario degli alpeggi subaffittandoli successivamente ad aziende agricole attive principalmente in pianura.
A queste offrivano un “pacchetto” documentale completo necessario alla richiesta di ingenti contributi di sostegno all’Unione europea.
Le aziende coinvolte nella truffa al fine di aumentare virtualmente la superficie agricola in loro uso, e quindi ottenere una maggiore erogazione di finanziamenti, si rivolgevano al sodalizio criminale per la fornitura della documentazione falsa e/o alterata, nonché i nominativi di alcuni ignari imprenditori agricoli da far figurare nelle domande da inoltrare a Bruxelles.
Questi ultimi, sulla carta avrebbero dovuto mantenere in buone condizioni i terreni, tuttavia, a seguito dei controlli effettuati dai militari della Guardia di Finanza della Compagnia di Menaggio (Como) è emerso che, in realtà, avevano condotto il proprio bestiame solo ed esclusivamente su propri terreni, confermando in dichiarazioni agli atti di non aver mai messo piede in quelli oggetto della richiesta di contributo.
La complessa indagine condotta delle Fiamme gialle, denominata convenzionalmente «montagne d’euro» e coordinata dal Sostituto Procuratore della Repubblica di Sondrio Stefano Latorre, ha portato allo smantellamento di un articolato e strutturato sistema fraudolento finalizzato all’indebito ottenimento di contributi europei stanziati nel quadro della Politica agricola comune (PAC), un’attività svolta a danno delle Istituzioni in un periodo compreso tra il 2007 e il 2014.
Sulla base delle risultanze emerse, sette persone residenti nelle province di Sondrio, Como e Cremona e novantuno titolari di altrettante aziende agricole di Lombardia, Veneto e Piemonte, sono stati ritenuti responsabili, rispettivamente, dei reati di associazione per delinquere e truffa aggravata finalizzata all’indebito conseguimento di contributi europei.
Denunciati alla Procura della Repubblica di Sondrio, nei loro confronti è stato disposto il sequestro preventivo di beni per un importo superiore ai dieci milioni di euro.
Dal punto di vista normativo l’elemento cruciale dell’attività delittuosa viene rappresentato dall’inosservanza dei Regolamenti comunitari, normative che consentono l’accesso all’erogazione di contributi in sostegno a quelle imprese agricole che assicurino il mantenimento dei terreni in buone condizioni agronomiche e ambientali attraverso il pascolo del prato, ovvero mediante la presenza fisica del bestiame sui terreni nel rispetto del cosiddetto «vincolo di condizionalità».
L’operazione «Montagne d’euro» ha tratto spunto dalle segnalazioni ricevute dalla Guardia di Finanza da alcuni allevatori locali, che hanno segnalato ai militari che alcuni pascoli venivano concessi in affitto dai comuni ad aziende agricole non del posto, che pur non portando gli animali in quota riuscivano però a ottenere egualmente i benefici previsti dalla normativa europea.
Dagli ulteriori riscontri effettuati, è quindi emerso il totale disinteresse delle aziende agricole – poi coinvolte nell’indagine – riguardo al mantenimento dei terreni, poiché la loro unica preoccupazione era quella di dimostrare cartolarmente il rispetto dei vincoli comunitari.
Eclatante è stato il caso di un pascolatore il cui nominativo è risultato indicato in venti diverse domande uniche di aiuto, un soggetto che, pertanto, avrebbe dovuto mantenere nel medesimo periodo alpeggi situati anche in comuni distanti decine di chilometri tra loro.
Le aziende agricole coinvolte, in concorso con le medesime società di servizi gestite dal sodalizio criminale, non rispettando il vincolo di condizionalità (cioè il mantenimento dei terreni a pascolo in buone condizioni agricole e ambientali) e nell’inosservanza dei limiti assunti nelle Dichiarazione e impegni sottoscritti a tergo di ciascuna domanda unica di aiuto presentata, hanno indotto in errore il competente Organo pagatore regionale, dando così luogo a una non dovuta erogazione di fondi destinati al sostegno delle imprese operanti nel settore agricolo e montano, a tutto danno degli imprenditori agricoli onesti.
I finanziamenti indebitamente incassati dalle persone inquisite nell’ambito dell’indagine «montagne d’euro» fanno parte di quei fondi stanziati in ambito comunitario per il sostegno delle imprese del settore agricolo e montano.
Molto si è detto riguardo alla Politica agricola comune (PAC), sia in termini favorevoli che critici. Attraverso questo istituto a partire dagli anni Cinquanta si è cercato di fornire un indirizzo comune, non soltanto all’agricoltura europea, ma anche alle politiche dello specifico settore.
Essa è molto importante – e questa è una delle ragioni per le quali nelle sedi deputate molto se ne discute e si tratta – poiché, da un lato costituisce una parte importante del bilancio europeo (circa il 38%, denaro utilizzato generalmente in programmazioni della durata settennale), dall’altro perché ciò che l’Europa fa di solito incide anche al di fuori dei suoi confini.
Quando negli anni Cinquanta la PAC venne varata, rappresentò una delle prime politiche comuni in ambito europeo.
Il suo obiettivo principale fu la garanzia della sicurezza alimentare, cioè, sostanzialmente la fornitura di cibo a prezzi accessibili alla popolazione europea (si era allora da pochi anni usciti dal disastro della Seconda guerra mondiale).
Ma col trascorrere degli anni gli obiettivi che la comunità si pose attraverso la PAC si accrebbero e si diversificarono fino a giungere al giorno d’oggi.
Attualmente, essi sono riassumibili in tre grandi categorie:
il mantenimento di elevati livelli di competitività da parte delle aziende agricole europee nell’ambito di un mercato sempre più globalizzato; le sfide ambientali, principalmente il contrasto dei mutamenti climatici, l’arresto della perdita della biodiversità e la gestione delle risorse idriche;
la garanzia della vitalità anche ai territori rurali più marginali.
Per affrontare questo genere di sfide la PAC è rimasta strutturata sui due suoi pilastri fondamentali: i pagamenti diretti e lo sviluppo rurale.
Il sistema dei pagamenti diretti è essenzialmente centrato sul sostegno alle aziende agricole per il solo fatto che esse esistono; si tratta di “pagamenti a superficie” che, recentemente, si è tentato di un poco più «verde» attraverso l’introduzione del Greening, un sistema (assai criticato) mirante alla fornitura all’agricoltura di indirizzi di carattere ambientale.
Nel quadro dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, infatti, la comunità internazionale e l’Onu hanno fissato degli obiettivi in grado – almeno nelle aspettative – di fare la differenza, non soltanto economica e ambientale, ma anche sul piano della sostenibilità.
Infine, lo sviluppo rurale, rivolto direttamente ai territori, dovrebbe sostenere anche la transizione ecologica di un modello agricolo divenuto ormai insostenibile.