Se fino a oggi Kim Jong-un aveva governato il Paese comunista in veste di presidente della Commissione degli Affari statali, quindi – secondo il dettato costituzionale precedentemente in vigore – in qualità di leader supremo, con il presidente del Praesidium supremo dell’Assemblea a rappresentare la Corea del Nord come capo di stato, adesso il giovane erede della dinastia Kim ha assunto ufficialmente la carica di capo dello stato.
La notizia è stata resa nota d “Naenara”, il sito web ufficiale di informazioni di Pyongyang, che ha pubblicato integralmente il testo della nuova carta fondamentale della Repubblica Popolare Democratica della Nord Corea, emendata nel corso della sessione di aprile della Suprema Assemblea del Popolo.
I segnali di possibili cambiamenti nella struttura del vertice del regime si erano iniziati percepire già prima delle consultazioni elettorali per il rinnovo dell’Assemblea del Popolo, quando il nominativo di Kim Jong-un non figurò nelle liste dei candidati alla rappresentanza e neppure tra quelli neoeletti.
Quando, in aprile, egli era stato investito della carica di presidente del Comitato, gli organi di stampa nordcoreani, che in precedenza avevano sempre appellato il loro capo usando il titolo di «Rispettabile Maresciallo» erano quindi passati all’uso del nuovo titolo di «Rappresentante supremo», alimentando così speculazioni su una possibile revisione costituzionale che avrebbe formalmente sancito un espansione del potere di Kim.
Sempre in aprile era stato possibile comprendere almeno parzialmente la politica interna di Pyongyang attraverso le dinamiche della sua nomenklatura.
Infatti, Choe Ryong-hae, ritenuto un esponente del Partito molto vicino a Kim, aveva assunto la carica di presidente del Praesidium in sostituzione di Kim Yong-nam, mentre, contestualmente, in forza delle modifiche apportate alla carta costituzionale veniva abolito il «Sŏn’gun», principio fondamentale di natura politica equiparabile a quello di tradizione anglosassone esprimibile mediante la locuzione «Military First», traducibile nell’anteposizione del complesso militare in ordine di importanza con riferimento al vertice degli affari di stato e nelle priorità nell’allocazione delle risorse nazionali.
Il Sŏn’gun era stato precedentemente mantenuto dal defunto Kim Jong-il (già «Amato Leader» e padre dell’attuale presidente) nel preambolo della costituzione nordcoreana, ma da quando è andato al potere, alla fine del 2011, Kim Jong-un ha agito nel senso di un diversa dialettica all’interno delle camere di compensazione del potere comunista (sostanzialmente l’Armata Popolare e il Partito del Lavoro), rivolgendo maggiori attenzioni alle agenzie governative.
Come leggere questi sviluppi? Dagli indirizzi tracciati dalla nuova costituzione emerge il passaggio in secondo piano (esclusione?) dei progetti di edificazione della Difesa nazionale, che potrebbe voler significare l’ennesimo passo verso il cambiamento rispetto al passato, dell’era paterna.
Tuttavia dalla emendata costituzione nordcoreana è possibile trarre anche altri interessanti elementi, come ad esempio le attenzioni attualmente rivolte dai vertici comunisti al potenziale sviluppo economico ottenibile attraverso l’incremento degli sforzi nei settori della scienza e della tecnologia.
Infatti, dal nuovo dettato costituzionale emerge che la Corea del Nord «espanderà e svilupperà le relazioni economiche esterne», mentre in precedenza si riferiva esclusivamente allo «sviluppo del commercio estero».
Questa tensione espressa dal gruppo di vertice stretto intorno a capo supremo è destinata a imprimere cambiamenti anche nelle relazioni internazionali di Pyongyang? Ovviamente è auspicabile, ma se Kim Jong-un vorrà davvero aumentare il suo livello di credibilità all’estero al fine di promuovere il commercio e attrarre gli investimenti, anche a fronte delle sfide postegli dalle sanzioni, dovrà indirizzare il proprio paese verso migliori rapporti col mondo esterno.