Energia ed emissioni nocive, inquinamento ed effetto serra che surriscalda il pianeta, il papa è tornato su questi temi epocali organizzando per la seconda volta a distanza di un anno un incontro a porte chiuse in Vaticano con i massimi responsabili delle più importanti compagnie mondiali del settore delle materie prime energetiche e con quelli dei fondi di investimento.
Da Eni, Chevron, ExxonMobil, ConocoPhillips, Royal Dutch Shell, British Petroleum, Blackrok e altri «big», inclusi quelli delle energie rinnovabili, l’auspicio del pontefice argentino e dei suoi sostenitori oltre Tevere era quello di ottenere almeno una dichiarazione congiunta sulle emissioni di gas serra e la trasparenza degli investimenti in relazione ai mutamenti climatici in atto.
Un incontro che replica quello avvenuto nel 2018 nella Sala Clementina, che si concluse con un discorso pubblico del papa e una dichiarazione congiunta, che tuttavia rimase riservato nei contenuti. La volta scorsa si concluse con una dichiarazione congiunta che sottolineava la necessità di affrontare la «crisi socio-ecologica attraverso un cambiamento radicale a tutti i livelli, sia personale che collettivo, che richiede però il sostegno dei mercati, una maggiore efficienza nell’uso delle risorse esistenti, nuove tecnologie, politiche lungimiranti, una società civile istruita e nuove forme di leadership e cooperazione a livello globale. Almeno nelle dichiarazioni ufficiali, nella società civile si rinvenne il partner fondamentale col quale affrontare il difficile processo di transizione energetica, «che dovrà essere governata – si affermò allora – dalla cura per le persone e il loro benessere, specialmente i poveri e comprese le generazioni future».
È noto che la transizione energetica si trova al centro dei pensieri di Bergoglio, che non a caso ha posto l’enciclica Laudato si’ tra le basi del suo pontificato, ma una “transizione giusta” che riduca le emissioni inquinanti dovrà assicurare allo stesso tempo che gli abitanti dei Paesi in via di sviluppo abbiano accesso all’energia e, inoltre, che venga preservato il benessere economico (occupazione lavorativa) di chi è impiegato nel settore dei combustibili fossili.
Se le energie rinnovabili attualmente risultano in piena espansione, non si riesce però a ridurre le emissioni di gas serra. Sul banco degli imputati è stato posto il carbone, materia notoriamente inquinante, e alcune compagnie petrolifere (assieme ad altri soggetti del panorama economico internazionale) da qualche tempo hanno cominciato a esercitare pressioni sul Congresso degli Usa allo scopo di far introdurre una carbon tax, incontrando però la forte opposizione dei repubblicani.
Nei giorni scorsi un gruppo di organizzazioni conservatrici americane ha inviato una lettera ai deputati al Congresso nella quale si esprimeva la netta contrarietà a un’eventuale introduzione di un provvedimento fiscale del genere. In essa, a sostegno delle proprie posizioni si sosteneva inoltre che una tassa sul carbone aumenterebbe i costi del riscaldamento delle abitazioni in inverno e quelle di refrigerazione d’estate, di fatto di tutto ciò che l’americano medio acquista, riducendone conseguentemente il potere d’acquisto.
Ma, alla luce della situazione mondiale, quali potrebbero davvero essere i punti essenziali e realmente efficaci di una tassazione del carbone?
E gli altri combustibili di origine fossile? Secondo un rapporto recentemente diffuso da Influence Map – l’organizzazione no-profit britannica che analizza l’influenza aziendale sulla politica climatica sulla base dei dati contenuti nei documenti societari delle varie imprese industriali -, oggi le cinque più grandi compagnie petrolifere del mondo avrebbero incrementato i loro investimenti (si parla di 110 miliardi di dollari) nel petrolio e nel gas con l’obiettivo di giungere a un aumento della loro produzione.
Parallelamente, è previsto però che queste stesse imprese allocheranno soltanto 3,6 miliardi alla voce “investimenti a basse emissioni di carbonio”, come ad esempio i biocarburanti o le fonti rinnovabili.
Di seguito viene pubblicato il testo del discorso pronunciato da papa Francesco sabato 9 giugno 2018 nella Sala Clementina alla presenza dei partecipanti all’incontro riservato ai dirigenti delle principali imprese del settore petrolifero, del gas naturale e altre attività imprenditoriali collegate all’energia
Signor Cardinale, Signori Amministratori, Investitori ed Esperti, Signori e Signore, vi do il mio cordiale benvenuto al termine del Simposio dedicato ai temi della transizione energetica e della cura della casa comune, che si è tenuto qui in Vaticano.
È molto positivo che quanti rivestono un ruolo importante nell’orientare scelte, iniziative e investimenti nel settore energetico abbiano l’opportunità di un proficuo scambio di opinioni e di conoscenze. Vi ringrazio per la vostra qualificata presenza e mi auguro che, nel reciproco ascolto, abbiate potuto fare una verifica approfondita e considerare nuove prospettive.
I progressi tecnico-scientifici rendono ogni tipo di comunicazione sempre più rapida. Una notizia vera o falsa che sia, un’idea, buona o cattiva che sia, un metodo, efficace o fuorviante che sia, una volta lanciati si diffondono in pochi secondi. Anche le persone possono incontrarsi e le merci scambiarsi con un ritmo, una velocità e un’intensità prima inimmaginabili, superando rapidamente oceani e continenti. Le nostre società sono sempre più interconnesse.
Questo intenso movimento di masse di informazioni, di persone e di cose ha bisogno di tanta energia, un bisogno superiore ad ogni epoca trascorsa. Gran parte degli ambiti della nostra vita sono condizionati dall’energia, e purtroppo dobbiamo constatare come siano ancora troppi coloro che non hanno accesso all’elettricità: si parla addirittura di più di un miliardo di persone.
Da qui nasce la sfida di riuscire a garantire l’enorme quantità di energia necessaria per tutti, con modalità di sfruttamento delle risorse che evitino di produrre squilibri ambientali tali da causare un processo di degrado e inquinamento, da cui l’intera umanità di oggi e di domani resterebbe gravemente ferita.
La qualità dell’aria, il livello dei mari, la consistenza delle riserve d’acqua dolce, il clima e l’equilibrio di delicati ecosistemi, non possono non risentire delle modalità con cui gli esseri umani colmano la loro “sete” di energia, purtroppo con pesanti diseguaglianze.
Per saziare tale “sete” non è lecito aumentare la vera sete di acqua, o la povertà o l’esclusione sociale. La necessità di avere a disposizione quantità crescenti di energia per il funzionamento delle macchine non può essere soddisfatta al prezzo di avvelenare l’aria che respiriamo. Il bisogno di occupare spazi per le attività umane non può realizzarsi in modo da mettere in serio pericolo l’esistenza della nostra e delle altre specie di esseri viventi sulla Terra.
E’ un falso presupposto che esista una quantità illimitata di energia e di mezzi utilizzabili, che la loro immediata rigenerazione sia possibile e che gli effetti negativi delle manipolazioni della natura possano essere facilmente assorbiti.
La questione energetica è diventata perciò una delle principali sfide, teoriche e pratiche, per la comunità internazionale. Da come verrà gestita dipenderà la qualità della vita e se i conflitti presenti in diverse aree del pianeta troveranno più facile soluzione, oppure se essi, a causa dei profondi squilibri ambientali e della penuria di energia, troveranno nuovo combustibile per alimentarsi, bruciando stabilità sociale e vite umane.
Occorre perciò individuare una strategia globale di lungo termine, che offra sicurezza energetica e favorisca in tal modo la stabilità economica, protegga la salute e l’ambiente e promuova lo sviluppo umano integrale, stabilendo impegni precisi per affrontare il problema dei cambiamenti climatici.
Nell’Enciclica Laudato si’ ho fatto appello a tutte le persone di buona volontà per la cura della casa comune, e precisamente per una «transizione energetica» per scongiurare disastrosi cambiamenti climatici che potrebbero compromettere il benessere e il futuro della famiglia umana e della sua casa comune. In questo quadro, è importante che con serietà d’impegno si proceda verso una transizione che faccia costantemente crescere l’impiego di energie ad alta efficienza e a basso tasso di inquinamento.
Si tratta di una sfida epocale, ma anche di una grande opportunità, nella quale avere particolarmente a cuore gli sforzi per un migliore accesso all’energia dei Paesi più vulnerabili, soprattutto nelle zone rurali, e per una diversificazione delle fonti di energia, accelerando anche lo sviluppo sostenibile di energie rinnovabili.
Siamo consapevoli che le sfide da affrontare sono interconnesse. Infatti, se vogliamo eliminare la povertà e la fame come richiesto dagli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, il miliardo e più di persone che non dispone oggi di elettricità deve poterla avere in maniera accessibile. Ma nello stesso tempo è bene che tale energia sia pulita, contenendo l’uso sistematico di combustibili fossili. L’auspicabile prospettiva di una energia per tutti non può portare a una non auspicabile spirale di sempre più gravi cambiamenti climatici, mediante un temibile rialzo delle temperature nel globo, più dure condizioni ambientali e l’aumento dei livelli di povertà.
Come sapete, nel dicembre del 2015, 196 Nazioni hanno negoziato e adottato l’Accordo di Parigi con la ferma intenzione di limitare la crescita del riscaldamento globale sotto i 2 gradi centigradi rispetto ai livelli pre-industriali e, se possibile, sotto 1,5 gradi centigradi. Due anni e mezzo dopo, le emissioni di CO2 e le concentrazioni atmosferiche dovute ai gas-serra sono sempre molto alte. Questo è piuttosto inquietante e preoccupante.
Destano preoccupazione anche le continue esplorazioni per nuove riserve di combustibile fossile, allorquando l’Accordo di Parigi consiglia chiaramente di mantenere nel sottosuolo la maggior parte del carburante fossile. Ecco perché c’è bisogno di discutere insieme – industriali, investitori, ricercatori e utenti – riguardo alla transizione e alla ricerca di alternative. La civiltà richiede energia, ma l’uso dell’energia non deve distruggere la civiltà!
L’individuazione di un adeguato mix energetico è fondamentale per combattere l’inquinamento, sradicare la povertà e promuovere l’equità sociale. Questi aspetti spesso si rafforzano a vicenda, dal momento che la cooperazione in campo energetico è destinata ad incidere sull’alleviamento della povertà, sulla promozione dell’inclusione sociale e sulla tutela ambientale. Si tratta di obiettivi per il cui conseguimento è necessario assumere la prospettiva dei diritti dei popoli e delle culture.
Gli strumenti fiscali ed economici, il trasferimento di capacità tecnologiche e in genere la cooperazione regionale e internazionale, come l’accesso all’informazione, dovrebbero essere congruenti con tali obiettivi, che non vanno considerati frutto di una particolare ideologia, ma obiettivi di civiltà, che promuovono anche la crescita economica e l’ordine sociale.
Uno sfruttamento ambientale che invece non consideri le questioni di lungo periodo potrebbe solo tentare di favorire una crescita economica a breve termine, ma con un sicuro impatto negativo in un arco temporale più ampio, incidendo sull’equità intergenerazionale così come sul processo di sviluppo.
È sempre necessaria una oculata valutazione dell’impatto ambientale delle decisioni di natura economica, per considerare bene i costi umani e ambientali a lungo termine, coinvolgendo il più possibile nei processi decisionali le istituzioni e le comunità locali.
Attraverso i vostri sforzi sono stati compiuti dei progressi. Le compagnie petrolifere e del gas stanno sviluppando approcci più approfonditi per valutare il rischio climatico e modificare di conseguenza i loro piani imprenditoriali. Questo è degno di lode. Gli investitori globali stanno rivedendo le loro strategie d’investimento per tenere conto delle considerazioni di natura ambientale. Iniziano ad emergere nuovi approcci alla “finanza verde”.
Certamente si sono fatti dei progressi. Ma è sufficiente? Abbiamo svoltato in tempo? Nessuno può rispondere con certezza a questa domanda, ma ogni mese che passa la sfida della transizione energetica diventa sempre più pressante.
Tanto le decisioni politiche quanto la responsabilità sociale delle imprese e i criteri di investimento devono avere ben presente il perseguimento del bene comune a lungo termine, perché vi sia concreta solidarietà tra le generazioni, evitando opportunismi e cinismi volti ad ottenere nel breve periodo piccoli risultati parziali, ma che scaricherebbero sul futuro costi altissimi e danni altrettanto rilevanti.
Vi sono inoltre anche alcune motivazioni etiche profonde per incamminarci verso una transizione energetica globale con un senso di urgenza. Come sappiamo, siamo colpiti dalle crisi climatiche. Tuttavia, gli effetti del cambiamento climatico non sono distribuiti in modo uniforme. Sono i poveri a soffrire maggiormente delle devastazioni del riscaldamento globale, con le crescenti perturbazioni in campo agricolo, l’insicurezza della disponibilità d’acqua e l’esposizione a gravi eventi meteorologici. Molti di quanti possono a malapena permetterselo sono già costretti ad abbandonare le loro case e a migrare in altri luoghi, senza sapere come verranno accolti. Molti di più dovranno farlo in futuro. La transizione verso l’energia accessibile e pulita è una responsabilità che abbiamo verso milioni di nostri fratelli e sorelle nel mondo, verso i Paesi poveri e verso le generazioni che verranno.
Non si potrà procedere con decisione su questa strada senza un’accresciuta consapevolezza di essere tutti parte di un’unica famiglia umana legata da vincoli di fraternità e solidarietà. Solo pensando e agendo con la costante attenzione a questa fondamentale unità che supera tutte le differenze, solo coltivando un sentimento di solidarietà universale e intergenerazionale si potrà davvero procedere con risolutezza sulla strada indicata.
Un mondo interdipendente obbliga a pensare e a portare avanti un progetto comune di lungo termine che investa oggi per costruire il domani. L’aria e l’acqua non seguono leggi diverse a seconda dei Paesi che attraversano; le sostanze inquinanti non adottano comportamenti differenti a seconda delle latitudini, ma hanno regole univoche. I problemi ambientali ed energetici hanno ormai un impatto e una dimensione globale. Per questo richiedono risposte globali, cercate con pazienza e dialogo e perseguite con razionalità e costanza.
Una fede assoluta nei mercati e nella tecnologia ha portato molti a credere che i cambiamenti nei sistemi economici o tecnologici saranno sufficienti a porre rimedio agli attuali squilibri ecologici e sociali. Tuttavia, dobbiamo riconoscere che la domanda di una continua crescita economica ha comportato gravi conseguenze ecologiche e sociali, visto che il nostro attuale sistema economico prospera sempre più sull’aumento delle estrazioni, sul consumo e sullo spreco.
«Il problema è che non disponiamo ancora della cultura necessaria per affrontare questa crisi e c’è bisogno di costruire leadership che indichino strade, cercando di rispondere alle necessità delle generazioni attuali includendo tutti, senza compromettere le generazioni future».
La riflessione su questi temi culturali più profondi e basilari ci porta a riconsiderare lo scopo fondamentale della vita. «Non ci sarà una nuova relazione con la natura senza un essere umano nuovo». Un tale rinnovamento richiede una nuova forma di leadership, e tali leader richiedono una profonda e acuta comprensione del fatto che la Terra costituisce un unico sistema e che l’umanità, ugualmente, è un unico insieme.
Papa Benedetto XVI ha affermato che «il libro della natura è uno e indivisibile, sul versante dell’ambiente come sul versante della vita, della sessualità, del matrimonio, della famiglia, delle relazioni sociali, in una parola dello sviluppo umano integrale. I doveri che abbiamo verso l’ambiente si collegano con i doveri che abbiamo verso la persona considerata in sé stessa e in relazione con gli altri. Non si possono esigere gli uni e conculcare gli altri. Questa è una grave antinomia della mentalità e della prassi odierna, che avvilisce la persona, sconvolge l’ambiente e danneggia la società».
Cari fratelli e sorelle, mi rivolgo in particolare a voi, che avete ricevuto tanto in capacità ed esperienza. Vorrei esortarvi affinché coloro che hanno dimostrato la loro attitudine all’innovazione e a migliorare la qualità della vita di molti col proprio ingegno e la propria competenza professionale, possano contribuirvi ulteriormente ponendo le proprie capacità al servizio di due grandi fragilità del mondo odierno: i poveri e l’ambiente. Vi invito a essere il nucleo di un gruppo di leader che immagina la transizione energetica globale in un modo che tenga conto di tutti i popoli della Terra, come delle future generazioni, e di tutte le specie e gli ecosistemi. Che ciò sia visto come la più grande opportunità di una leadership per incidere in modo duraturo a favore della famiglia umana, un’opportunità che fa appello alla vostra più audace immaginazione. Non è qualcosa che possa essere fatto da voi soli o soltanto dalle vostre singole imprese. Tuttavia, insieme, e collaborando con altri, c’è almeno la possibilità di un nuovo approccio che non è stato messo in evidenza prima d’ora.
Accogliere questo appello comporta una grande responsabilità, che richiede la benedizione e la grazia di Dio, e la buona volontà di uomini e donne di ogni latitudine.
Non c’è tempo da perdere: abbiamo ricevuto la Terra dal Creatore come una casa-giardino, non trasmettiamola alle future generazioni come un luogo selvatico.
Con riconoscenza vi benedico e prego che Dio onnipotente conceda a ciascuno di voi grande determinazione e coraggio per servire la casa comune in una rinnovata forma di cooperazione.