Il presidente Mahamat Idriss Déby Itno ha destituito per decreto alcuni alti funzionari dell’apparato di sicurezza ciadiano, un drastico provvedimento posto in essere a pochi giorni dalla destituzione del ministro della Sicurezza.
EPURAZIONE COL SOSTEGNO DEI MILITARI
Tra le persone oggetto dall’atto presidenziale figurano i direttori generali di polizia e gendarmeria, oltre ai comandanti della guardia nazionale. A venire «chiamati a espletare altre funzioni» anche un’altra decina di elementi di vertice dell’apparato statale, funzionari sostituiti nei loro ruoli da alti ufficiali dell’esercito. Ahmat Youssouf Mahamat Itno, il destituito direttore generale della gendarmeria, cugino del presidente, è stato tra i quindici generali che hanno sostenuto la sua ascesa al potere dopo la morte di suo padre, Idriss Déby Itno, che aveva guidato il paese per oltre trent’anni. Brahim Gorou Mahamat, anch’egli estromesso dal suo incarico di direttore generale della polizia, era stato anch’egli stretto collaboratore del presidente prima che assumesse il comando della polizia nazionale.
CADAVERI ECCELLENTI
Sabato scorso ad aprire questa serie di destituzioni di autorità era stato il ministro della Sicurezza, Mahamat Charfadine Margui, al posto del quale era stato nominato il generale Ali Ahmat Akhabache, questo nel quadro di un (supposto) limitato rimpasto ministeriale che verrebbe motivato dalla sfiducia e dal malcontento nutrito da alcuni funzionari riguardo al sostegno del presidente alle Forze di Sostegno Rapido che stanno combattendo nella guerra civile in Sudan. Un’epurazione che ha luogo in una fase di deterioramento della situazione politica e di sicurezza interna al Paese centroafricano. Il 30 settembre un ex comandante dell’intelligence generale, il generale Tidjani Salim Diro, era stato assassinato assieme a suo figlio Djamal Tidjani Salim da uomini armati in seguito mai identificati.
INSICUREZZA NEL PAESE
Pochi giorni dopo, all’inizio di ottobre, le autorità ciadiane avevano diramato un ordine operativo al fine di mettere in sicurezza la città di N’Djamena ed effettuare ricerche sistematiche di armi, disposizione che aveva comportato il dispiegamento di unità militari in diverse zone della capitale. In seguito i partiti dell’opposizione hanno denunciato un «clima deleterio di dittatura e terrore» e, contestualmente, annunciato il loro rifiuto di partecipare alle elezioni legislative e municipali indette per il giorno 29 dicembre, paventando rischi di frode elettorale.