ESTERI, comunità internazionale. A cosa serve l’Onu?

Ad avviso dell’autore del seguente articolo si tratterebbe di un «interrogativo insistente e motivato dall’attualità»

a cura di Ciro Maddaloni, esperto di e-government internazionale, pubblicato dal “Giornale Diplomatico” il 1 ottobre 2024, https://www.giornalediplomatico.it/la-domanda-e-insistente-e-motivata-dall-attualita-a-cosa-serve-laonu.htm; le opinioni espresse dall’autore in questo articolo sono di natura personale, dunque non necessariamente rispecchiano la linea editoriale di insidertrend.it – L’assemblea generale delle Nazioni Unite ha votato nei giorni scorsi a stragrande maggioranza (124 Stati membri a favore, 14 contrari e 43 astenuti) una risoluzione che chiede a Israele di «porre fine senza indugio alla sua presenza illegale» nei territori palestinesi occupati. Essa ha altresì condannato lo Stato ebraico per le azioni militari condotte contro Hezbollah in Libano, azioni militari che, purtroppo, hanno causato vittime tra la popolazione civile.

DUE PESI E DUE MISURE?

A questo punto la domanda sorge spontanea: nessuna risoluzione per l’Ucraina? Nessuna risoluzione per il Mali, piagato dal terrorismo e dalle lotte tra le diverse comunità in conflitto nel Paese? In particolare, dal febbraio 2022 in Ucraina è in atto l’occupazione di territori di uno stato sovrano da parte della Russia. Anche in Ucraina si contano a decine di migliaia i morti tra i civili e questo immotivato e illegale attacco va avanti da trentadue mesi. L’unica differenza tra la situazione in Ucraina rispetto a quella mediorientale è che non ci sono stati episodi come quello del massacro del 7 ottobre 2023 a innescare l’azione militare di Mosca. Sia bene inteso: nessuno (quasi) è a favore delle guerre, specialmente quando in queste folli escalation di violenza vengono coinvolte persone inermi come anziani, donne e bambini. Eppure, all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, il 28 settembre scorso è stato permesso di parlare al ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov, e di affermare che «la speranza dell’Ucraina di sconfiggere la Russia sul campo di battaglia è insensata, dato che Mosca detiene armi nucleari e qualsiasi sforzo da parte dell’alleanza NATO per continuare ad aiutare Kyïv si rivelerà una fuga suicida».

C’È VERAMENTE BISOGNO DELL’ONU?

Una minaccia inaccettabile in un contesto mondiale, quello delle Nazioni Unite, la cui missione è «mantenere la pace e la sicurezza internazionale; sviluppare relazioni amichevoli tra gli stati; promuovere migliori condizioni di vita, il progresso sociale e la tutela dei diritti umani». Come mai nessuno ha sentito il bisogno di controbattere alle parole del ministro Lavrov? Come mai è stata data la possibilità alla Russia di poter fare queste affermazioni dal palcoscenico dell’Assemblea Generale dell’Onu? La domanda sorge spontanea: abbiamo veramente bisogno dell’Onu, come ha affermato, sempre il 28 settembre, Badr Ahmed Mohamed Abdelatty, ministro degli Affari esteri egiziano? La risposta è che abbiamo bisogno di un’organizzazione mondiale in grado di garantire la pace nel mondo, non di un organismo mangiasoldi, pietrificato da uno statuto redatto ottanta anni fa, che oltre a essere poco democratico non ha più alcuna rispondenza con gli attuali equilibri geopolitici ed economici mondiali.

L’INSPIEGABILE INAZIONE DEL PALAZZO DI VETRO

Come si fa a spiegare l’inazione delle Nazioni Unite in presenza dell’invasione di territori di stati sovrani, in violazione dei trattati internazionali, senza che ci sia una tangibile reazione per contrastare, o almeno biasimare e condannare, queste azioni militari? Nell’autunno del 2018, Carla Del Ponte, già procuratore capo della Corte Penale Internazionale dell’Aia dal 1999 al 2007, espresse le sue perplessità nei confronti dell’Onu, definendolo un «negozio di chiacchiere, con troppi funzionari, dove solo pochi di questi sono veramente impegnati in attività significative». Questa è l’opinione prevalente tra coloro che non sono direttamente coinvolti nelle Nazioni Unite, ma soltanto una insider come Carla Del Ponte è stata in grado di muovere una tale accusa in pubblico sollevando la questione dell’inadempienza delle Nazioni Unite al loro mandato, essendo divenute principalmente un «negozio di chiacchiere e una agenzia di viaggi per burocrati inconcludenti».

PROBLEMI IRRISOLTI

Il vero problema irrisolto è la mancata riforma del Consiglio di Sicurezza, poiché in base allo statuto delle Nazioni Unite (articoli 108 e 109) qualsiasi sua modifica deve necessariamente ottenere non meno dei due terzi dei voti favorevoli degli Stati membri all’Assemblea Generale, e la loro ratifica in conformità alle rispettive norme costituzionali (e tra questi devono figurare tutti e cinque i membri permanenti, cioè Cina Popolare, federazione Russa, Francia, Regno Unito e Stati Uniti d’America). Ecco perché da diciannove anni a questa parte tutte le iniziative intraprese in tal senso sono fallite miseramente: perché gli stati che ne fanno parte non possono rinunciare a questo privilegio.

UNA NUOVA STRATEGIA RADICALE

È dunque tempo di porre in essere una nuova strategia radicale “esautorando” le Nazioni Unite. Come? Mediante la creazione di una nuova struttura parallela a esse ed escludendo da essa tutti quegli stati che non rispettano la Carta dell’Onu del 1946 e/o quella dei Diritti dell’uomo del 10 dicembre 1948. Ma questo significherebbe rifondare ex-novo le Nazioni Unite. Per tentare di riformare il Consiglio di Sicurezza è stato costituito il gruppo Uniting for Consensus UfC, in seno al Negoziato intergovernativo per le riforme. L’UfC è costituito da un gruppo significativo di stati, geograficamente trasversali e accomunati da alcuni convincimenti, soprattutto dalla contrarietà a istituire nuovi seggi permanenti da attribuire a singoli stati. In seno all’UfC l’Italia esercita il ruolo di Focal Point.

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