IRAN, potenza militare regionale. Teheran sta davvero costituendo una marina d’altura?

Ha suscitato allarme la recente crociera nell’Oceano Indiano di un’unità d’altura del Corpo delle Guardie della Rivoluzione, la Shahid Mahdavi, unità di 36.000 tonnellate di stazza ricavata da una nave portacontainer Panamax di costruzione coreana, che rinviene nella Shahid Bagheri la sua unità gemella. Ora, in una fase nella quale la marina militare iraniana (Nedaja) attraversa una condizione critica a causa di una serie di incidenti, radiazioni e programmi di rinnovamento abortiti, la riflessione che si ingenera nelle menti degli analisti è se i Pasdaran siano davvero impegnati nella costituzione di una forza d’altura concepita ai fini di una futura proiezione oceanica della componente navale del loro strumento militare (Nedsa), oppure stiano in qualche modo potenziando il proprio dispositivo in bacini da sempre oggetto delle loro strategie, come quello del Golfo Persico. Un’altra ipotesi è che, in virtù delle loro precipue caratteristiche, unità come la Shahid Mahdavi e la Shahid Bagheri rivengano una loro funzione in operazioni dietro le linee del fronte nel Pacifico nell’eventualità di un nuovo conflitto, operando in quel teatro bellico «discretamente» da posizioni defilate

Ne ha riferito recentemente in modo particolareggiato l’analista Jonathan Campbell-James in un articolo pubblicato su concessione di “The Lowy Interpreter” dal “The Maritime Executive” il 21 luglio scorso, https://maritime-executive.com/editorials/iran-s-irgc-flexes-long-range-capability-with-converted-boxship. Egli rende noto che lo scorso mese di maggio la marina militare del Corpo delle Guardie della Rivoluzione islamica (Pasdaran) ha completato una lunga crociera. I suoi vertici sostengono che le unità impegnate nei trentanove giorni di navigazione hanno incrociato nelle acque prossime alla base statunitense di Diego Garcia, proseguendo addirittura oltre.

SHAHID MAHDAVI

In precedenza, missioni a lungo raggio del genere erano state sempre prerogativa della marina militare facente parte delle forze armate (NEDAJA), che è distinta dalla NEDSA, che costituisce un elemento del dispositivo bellico dei Pasdaran, e in quanto tale strumento di attuazione del programma di espansionismo regionale della Repubblica Islamica, che vede protagonisti i Pasdaran. Durante la crociera la formazione navale ha avuto come ammiraglia la Shahid Mahdavi, unità di 36.000 tonnellate di stazza ricavata da una nave portacontainer Panamax di costruzione coreana. La conversione in funzione militare era stata portata a termine all’inizio del 2023 nei cantieri della città portuale di Bandar Abbas. Essa è in grado di raggiungere 18 miglia nautiche all’ora (circa 33 chilometri orari) e ha un’autonomia di navigazione pari a 33.000 chilometri senza rifornimento di carburante.

LE ARMI DELL’AMMIRAGLIA

Nel corso del suo impiego in mare, dal ponte piatto della Shahid Mahdavi, esteso per 150 metri, sono stati visti operare elicotteri Mi-17. Altri particolari relativi alla sua militarizzazione sono stati rinvenuti nel sistema di difesa aerea, costituito da quattro missili multi-bersaglio a corto raggio Nawab lanciabili da celle verticali e da alcune mitragliere. La nave è dotata di radar phased array tridimensionale di progettazione iraniana in grado di identificare bersagli navali, aerei e missilistici in un raggio di 200 chilometri. Infine, ulteriori sistemi di difesa aerea possono venire installati sul medesimo ponte piatto, come rilevato quando la  Shahid Mahdavi venne schierata per la prima volta nel Golfo di Aden nel maggio del 2023.

MARINA D’ALTURA O IMPIEGO NEL CLASSICO «DOMINIO» DEI PASDARAN?

L’autore evidenzia come nel corso di conflitti convenzionali la Shahid Mahdavi  si rivelerebbe estremamente vulnerabile, tuttavia, in condizioni diverse dal conflitto su larga scala (quindi nel dominio nel quale da anni opera la componente navale del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica, come il Golfo Persico e gli Stretti di Hormuz, n.d.r.) la Shahid Mahdavi potrebbe solcare il mare generando una ridotta segnatura acustica, affidandosi a sistemi di navigazione inerziale e ricezione passiva di segnali satellitari allo scopo di ricevere informazioni di intelligence e necessarie alla direzione del tiro delle armi di bordo. Se rimanere inosservati potrebbe costituire una seria difficoltà per la nave della NEDSA, va altresì considerato che la lunga gittata di alcuni dei suoi sistemi offensivi impiegabili la porrebbe in grado di agire in un vasto specchio di mare che le offrirebbe possibili nascondigli, ad esempio nei casi di azioni di attacco delle quali Teheran non desiderasse una attribuzione diretta di responsabilità.

LA COMPONENTE NAVALE DELLE GUARDIE DELLA RIVOLUZIONE

Il ponte piatto della Shahid Mahdavi è una piattaforma adatta al lancio dei missili da crociera Qadr-474 (gittata pari a duemila chilometri), ma anche per il decollo dei droni Shahid 136 (gittata pari a duemilacinquecento chilometri), come anche missili antinave Zolfaghar Basir avanzati (gittata pari a mille chilometri). Ma, la medesima superficie sarebbe in grado di accogliere le imbarcazioni d’attacco rapido (i famigerati barchini dei Pasdaran), le cui varianti risultano armate di missili antiaerei e missili da crociera antinave Nasir CM-90. In linea con la componente navale del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica vengono inoltre schierati i sommergibili Zulfikar in grado di lanciare siluri in immersione mediante il ricorso a snorkel e navigare per brevi tratti sott’acqua.

PROIEZIONE DI POTENZA E AGGUATO

Attraverso l’effettuazione della sua recente crociera nell’Oceano Indiano  la Shahid Mahdavi avrebbe dimostrato le capacità di proiezione iraniana nei settori di competenza della 5ª e della 7ª Flotta della US Navy, evidenziando le potenzialità di una eventuale estensione delle rotte oltre i territori australiani e Singapore. Ma questo cosa può significare? La capacità di condurre attacchi da dietro le linee senza preavviso in funzione di una strategia di provocazione, mantenendo il livello dello scontro appena al di sotto della soglia critica, evitando che il nemico venga costretto a una risposta immediata, ma intensificando nel tempo l’escalation. Magari, bilanciando l’azione militare con quella politico-diplomatica allo scopo di ottenere risultati sul piano delle sanzioni.

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