VATICANO, relazioni internazionali. L’arcivescovo Gallagher alla festa dell’indipendenza di Israele

«Le strategie belliche non dimentichino il principio di umanità», ha egli affermato con riferimento al conflitto in atto nella striscia di Gaza

Il 6 giugno scorso l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, ministro vaticano per i Rapporti con gli Stati, ha preso parte alle celebrazioni per il settantaseiesimo anniversario dell’indipendenza di Israele. Ne ha riferito su ACI Stampa il vaticanista Marco Mancini, che ha reso inoltre noto come nel suo discorso pronunciato nell’occasione Gallagher abbia sottolineato gli appelli del Pontefice per il rilascio degli ostaggi tenuti prigionieri da Hamas, chiedendo altresì di cooperare contro l’antisemitismo, senza però tacere riguardo agli «esecrabili atti anti-cristiani commessi degli estremisti ebrei», riferendosi egli alle ripetute intimidazioni verificatesi in Israele, in ogni caso condannate dal ministero degli Esteri dello Stato ebraico. Per quanto concerne invece la «pesante risposta» militare israeliana a Gaza, Gallagher ha ribadito che «la Santa Sede non può restare moralmente indifferente».

PAROLE MISURATE, MA CHIARE

Egli ha quindi ripercorso brevemente trent’anni di relazioni diplomatiche bilaterali, auspicando che si possa raggiungere la pace «al più presto, prima che poi, perché della pace c’è da tanto bisogno». Gallagher è stato bene attento a misurare le proprie parole nel ricordare «l’orribile attacco terroristico del 7 ottobre da parte di Hamas e di altre milizie contro il popolo israeliano», che ha portato all’uccisione, allo stupro e alla presa in ostaggio di centinaia di persone. Riprendendo quanto dichiarato da Papa Francesco nel discorso di inizio anno al Corpo diplomatico, l’arcivescovo ha ribadito che il terrorismo non sia la soluzione di alcun confitto, poiché «è un atto di totale disprezzo per la vita umana e nessuna motivazione, tanto meno religiosa, è in grado di giustificarlo».

LA POSIZIONE ASSUNTA DALLA SANTA SEDE

Oltre agli sforzi e gli appelli del Papa per la liberazione degli ostaggi, il presule ha sottolineato l’importanza della lettera inviata da Papa Francesco alle comunità ebraiche in Israele, definendola «unica e senza precedenti». Il responsabile vaticano per i Rapporti con gli Stati ha poi inteso mettere in luce «la pesante risposta militare israeliana a Gaza», dalla quale sono successivamente scaturiti anche attacchi contro Israele da parte di diversi attori non statali di Libano, Yemen e altri paesi. Egli ha sottolineato che la Santa Sede «deve attenersi ai principi di neutralità, tuttavia, non può allo stesso tempo restare moralmente indifferente di fronte alle guerre, cercando di comprendere le motivazioni e le prospettive di ognuno, ma il principio fondamentale dell’umanità non deve mai essere abbandonato o eclissato dalle strategie militari, altrimenti principi di necessità e proporzionalità vengono inevitabilmente compromessi».

COMUNITÀ CATTOLICHE IN TERRA SANTA

«La Chiesa cattolica, ha egli aggiunto è preoccupata dalla situazione in Israele, in particolare dall’atteggiamento sempre più aggressivo di alcune autorità amministrative, soprattutto municipali», rinvenendo la necessità di una maggiore cooperazione al fine di «denunciare e prevenire gli esecrabili atti anticristiani degli estremisti ebrei». La Santa Sede auspica che le comunità cattoliche in Israele possano continuare ad apportare il loro contributo, quale parte della società israeliana, nei campi dell’educazione e del welfare, così come nella promozione del dialogo interreligioso ed ecumenico. Ma l’auspicio più grande espresso da Gallagher è che «quanto prima i luoghi santi tornino ad accogliere i pellegrini di tutto il mondo».

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