Netta sconfitta dei partiti indipendentisti catalani che perdono la maggioranza nel parlamento di Barcellona; si afferma invece il Partito socialista catalano, che adesso dovrà costruire una coalizione esplorando due sostanziali ipotesi: o un’alleanza con le forze della sinistra (ritenuta al momento meno probabile) ovvero con gli indipendentisti catalani di Junts x Cat, sui quali a Madrid il primo ministro Pedro Sánchez ha si appoggia per il sostegno al suo esecutivo; ovviamente, tutto ciò senza escludere l’eventualità di un ennesimo ricorso al voto.
UN SUCCESSO PER PEDRO SÁNCHEZ
Per restare del primo ministro socialista, va rilevato che il risultato scaturito ieri dalle urne va letto anche come un suo successo politico, la cui maggioranza alle Cortes è in essere grazie al sostegno fornito al Psoe dai partiti indipendentisti. Egli, infatti, riguardo allo scottante tema dell’indipendentismo della ricca regione autonoma mediterranea ha optato per una soluzione strategica improntata alla distensione. E a ragion veduta, poiché l’elettorato catalano manifesta ormai con evidenza segnali di stanchezza rispetto alle forzature secessioniste che culminarono con il referendum del 2017, al quale seguirono le tensioni causate dalla repressione muscolare del governo centrale, allora di centrodestra a guida Partido Popular.
PRAGMATISMO E PASSI IN AVANTI
Pragmatismo senza strappi in avanti, ma neppure indietro, questo sembrerebbe essere il principio informatore dell’attuale linea politica di Sánchez, improntata a un dialogo già avviato con passi importanti quali l’indulto e l’amnistia per i secessionisti. Egli ha pensato bene di risolvere la questione integrando questi ultimi, almeno quelli con i quali gli è risultato possibile farlo, seppure con le cifre e le classi dirigenti dei partiti indipendentisti catalani dovrà comunque farci i conti, adesso che a Barcellona si lavorerà per formare il nuovo esecutivo regionale a capo della Generalitat, il locale sistema amministrativo-istituzionale autonomo.
IL VOTO IN CIFRE: CHI VINCE E CHI PERDE
E le cifre parlano chiaro: nei seggi ieri il Partito socialista catalano ha ottenuto il 28% dei consensi dall’elettorato (9 seggi in più a Barcellona, da 33 a 42), sorpassando così Junts per Catalunya (Junts x Cat, Uniti per la Catalogna, passata da 32 a 35 seggi), formazione politica dell’ex presidente della Generalitat Carles Puigdemont, rientrato in Spagna dall’esilio (latitanza) e che sarebbe intenzionato a tornare a ricoprire la carica apicale nella sua regione; Junts ha ottenuto il 21% (3 seggi in più). Crolla invece la sinistra indipendentista dell’Esquerra Republicana de Catalunya (ERC, Sinistra Repubblicana di Catalogna), che passa 33 a 20 seggi. A destra si è rafforzato il Partido Popular a spese degli estremisti di Vox.
IPOTESI SU UN POSSIBILE FUTURO GOVERNO
Il collasso dell’ERC rende dunque impraticabile la formazione di una coalizione di partiti indipendentisti, infatti considerati tutti assieme hanno ottenuto complessivamente 61 seggi (in precedenza ne avevano 72), quindi sono lontani dalla maggioranza richiesta, che è pari a 68 seggi. Altra ipotesi è quella relativa a una risicata coalizione di maggioranza di sinistra, che vedrebbe i socialisti allearsi con ERC e l’estrema sinistra di Comuns (formazione dell’ex sindaco di Barcellona, Ada Colau), tuttavia, in questo caso Esquerra Republicana si troverebbe a rivestire un ruolo ancillare nell’esecutivo regionale nei confronti dei socialisti. Maggiormente esplorabile è invece l’ipotesi relativa a un’alleanza tra i socialisti catalani e Junts x Cat, cioè i due partiti che, in diversa misura, si sono affermati nelle urne, che assieme formerebbero una solida maggioranza di 77 seggi.