DIGITALIZZAZIONE, lavoro. Le difficoltà della politica nell’affrontare il tema alla luce delle trasformazioni indotte dal progresso tecnologico

Dipendenti o autonomi? (Anche) a Bruxelles si combatte la battaglia per il riconoscimento dei diritti in capo ai lavoratori delle piattaforme digitali. Le normative europee dovrebbero garantire un equilibrio tra la protezione di chi presta la sua opera e l’innovazione che muta radicalmente le relazioni, modi e tempi della produzione

Nel dicembre del 2021 è stata presentata dalla Commissione europea la Proposta di Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al miglioramento delle condizioni di lavoro nel lavoro mediante piattaforme digitali COM (2021) 762, volta a definire i criteri in presenza dei quali una piattaforma è qualificabile come datore di lavoro. Nel febbraio del 2023 il Parlamento europeo ha approvato la propria posizione negoziale in vista dell’inizio delle negoziazioni interistituzionali, rendendo quasi automatica la classificazione dei lavoratori delle piattaforme digitali come lavoratori dipendenti, a scapito dei lavoratori genuinamente autonomi.

IL CONTESTO DAL QUALE AVVIARE IL RAGIONAMENTO

La votazione in Plenaria, avvenuta il 2 febbraio, rende nitido quanto questa tematica sia piuttosto controversa e polarizzi il dibattito. Il testo ha ricevuto 376 «sì» e 212 «no», mentre 15 parlamentari hanno optato per l’astensione. Anche all’interno dei gruppi politici il voto non è stato lineare, in particolare, quasi la metà dei componenti del Partito popolare europeo (PPE) hanno espresso posizioni diametralmente opposte rispetto agli altri. Questa contrapposizione tra gli Stati membri si evidenzia chiaramente in seno al Consiglio dei ministri dell’Unione europea, dove non è semplice giungere a una sintesi, poiché più Paesi intendono preservare la flessibilità del proprio mercato del lavoro, mantenendo la specificità delle legislazioni nazionali.

DIRITTI VERSUS FLESSIBILITÀ DEL LAVORO

Infatti, da ultimo, a fine maggio 2023 l’esito della riunione del Comitato dei rappresentanti permanenti ha reso chiara per l’ennesima volta la situazione di stallo, ormai persistente tra le diverse posizioni: ben quattordici delegazioni hanno manifestato l’impossibilità di supportare il testo proposto dalla Presidenza svedese. Ora restano meno di due settimane per comprendere se gli Stati membri saranno in grado di pervenire a un compromesso. Il prossimo 12 giugno si riunirà il Consiglio dei ministri dell’Unione europea per discutere di occupazione, politica sociale, salute e consumatori, attività teoricamente propedeutica all’assunzione di una decisione in merito all’orientamento generale riguardo ai successivi triloghi con il Parlamento europeo e la Commissione.

DIGITALIZZAZIONE E LAVORO: LE INCOGNITE FUTURE

In un’epoca in cui il lavoro digitale sta assumendo sempre più rilevanza nell’economia globale, l’Unione Europea ha presentato una proposta di direttiva che andrebbe nella direzione di tutela per i lavoratori delle piattaforme digitali. Si tratta di un tema controverso che solleva la questione fondamentale della classificazione dei lavoratori delle piattaforme: dipendenti o autonomi? La risposta Al quesito ha enormi implicazioni per il modello di business delle piattaforme e le scelte organizzative degli operatori online. Fino a ora l’Italia ha sostenuto entusiasticamente la proposta, soprattutto in virtù dell’azione posta in essere, quando ricopriva la carica, dal ministro del Lavoro Andrea Orlando, ma cosa potrà verificarsi ora con il Governo Meloni? La bozza della direttiva prevede un rafforzamento delle norme per i lavori occasionali, creando una presunzione di subordinazione. Secondo le stime di Bruxelles, tra due e quattro milioni di persone (attualmente considerate e che si considerano autonome) dovrebbero venire assunte ricevendo così tutte le protezioni previste per i lavoratori dipendenti, ma altresì affrontando gli obblighi correlati. Tuttavia, non è detto che questo mutamento conduca a un miglioramento della loro condizione lavorativa.

FIGLI DI NESSUNO: I LAVORATORI OCCASIONALI

Da un lato, sono proprio i lavoratori occasionali che, secondo molti sondaggi, preferiscono i vantaggi della flessibilità, come la possibilità di scegliere quando e se mettersi a disposizione o accettare una corsa, piuttosto che i doveri derivanti dalla subordinazione. Dall’altro lato, i costi per le piattaforme potrebbero diventare eccessivi, portandole a concentrarsi solo nelle aree metropolitane più redditizie e abbandonando altre realtà. A livello europeo, il dibattito è aperto, ma la soluzione non è di certo dietro l’angolo. Alcuni Paesi sostengono che questa proposta porterebbe vantaggi ai lavoratori in termini di sicurezza e tutele, altri invece manifestano scetticismo riguardo all’obbligo di assunzione, poiché ritengono che potrebbe limitare la flessibilità organizzativa delle piattaforme e incrementare i costi del lavoro.

POSTA A RISCHIO L’INTEGRAZIONE DEL REDDITO

Molti lavoratori delle piattaforme svolgono queste attività quale lavoro complementare per integrare il reddito e gestiscono il loro tempo in base ad altri impegni. L’imposizione dell’assunzione potrebbe portare alla riduzione delle attività nelle città o nelle zone meno popolate, dove i conseguenti flussi di cassa non giustificherebbero l’assunzione di dipendenti fissi. Paesi come Francia e Polonia sarebbero orientati a un approccio meno punitivo verso le nuove forme di lavoro, mentre altri, come Spagna e Portogallo, chiedono invece norme più restrittive. Va tuttavia tenuto in considerazione un ulteriore aspetto affatto secondario: l’attuale contrapposizione fin qui descritta potrebbe protrarsi sensibilmente a causa delle dimissioni del primo ministro in Spagna e il concomitante avvio (a partire dal 1 luglio) della presidenza spagnola al Consiglio europeo. Non è da escludere un passaggio di consegne tra la sinistra di Pedro Sanchez e un governo di centro-destra, esecutivo che presumibilmente di attesterebbe su posizioni più liberiste. A questo punto, per sapere cosa succederà bisognerà attendere il prossimo mese di settembre, quando a Madrid verrà formato il nuovo esecutivo.

LO SCENARIO ITALIANO

Il governo italiano presieduto da Mario Draghi aveva accolto con entusiasmo la proposta inizialmente formulata dalla Commissione europea. L’ex ministro del Lavoro, Andrea Orlando, aveva altresì definito tale proposta come «un risultato soddisfacente che rispondeva alle priorità del Governo italiano». In seguito, con l’insediamento a Palazzo Chigi dell’esecutivo di destra-centro di Giorgia Meloni, l’Italia parrebbe assumere posizioni di continuità rispetto alla politica precedente. Il nuovo ministro del Lavoro, Maria Elvira Calderone, non ha ancora espresso una posizione ufficiale in merito, tuttavia, durante l’approvazione del “Decreto Lavoro”, il governo ha introdotto una norma che richiede ai datori di lavoro di informare i dipendenti sull’uso di sistemi decisionali o di monitoraggio soltanto se siffatti sistemi sono completamente automatizzati.

RICLASSIFICAZIONE DEI RAPPORTI AUTONOMI

Alcuni esperti ritengono che questa impostazione possa minare l’indipendenza dei lavoratori nella gestione delle proprie attività svolte all’interno delle piattaforme. Infatti, ciò potrebbe limitare la loro flessibilità, costringendoli a interrompere la collaborazione, oppure a dedicarsi completamente all’attività lavorativa in oggetto. Pertanto, l’Italia dovrebbe sollevare alcune questioni nelle sedi competenti. Innanzitutto, si teme che la proposta di direttiva possa portare a una riclassificazione dei rapporti di lavoro autonomi contro la volontà dei diretti interessati, ponendo a rischio l’autonomia stessa dei lavoratori; inoltre, si renderebbe necessario precisare meglio gli elementi attuativi della norma al fine di tutelare gli interessi delle piccole e medie imprese.

UNA ULTERIORE CRITICITÀ

Un’altra criticità evidenziata dalla proposta di direttiva è quella di non affrontare la disciplina dei lavoratori attraverso il ricorso a contratti di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co.), che rappresentano uno status intermedio tra il lavoro subordinato e quello autonomo. La Polonia, che rinviene nel suo Ordinamento una figura giuridica simile, si è opposta a questa carenza, pertanto l’Italia dovrebbe allinearsi alle posizioni assunte dagli Stati baltici, dalla Francia e dalla Polonia allo scopo di ottenere una revisione sostanziale della proposta in senso più “liberale” e rispettosa dell’autonomia decisionale degli Stati membri in materia di lavoro. È importante comprendere che pretendere di ridurre ogni rapporto professionale al modello del lavoro dipendente non riesce a cogliere le innovazioni e la diversità delle attuali attività lavorative.

LA POLITCA E IL FUTURO DEL LAVORO DIGITALE

L’Unione europea si pone come pioniere nella regolamentazione del lavoro delle piattaforme digitali, aprendo la strada ad altre giurisdizioni che potrebbero seguire il suo esempio. Resta da vedere come gli attori interessati risponderanno a questa proposta, ma ciò che è certo è che la discussione sul futuro del lavoro digitale è appena iniziata e continuerà a essere al centro dell’agenda politica per i prossimi mesi.

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