MEDIO ORIENTE, Sinai. L’attacco del poliziotto egiziano ai militari israeliani: si fa più chiara la dinamica

Nella notte tra venerdì e sabato, dopo avere attraversato un varco aperto che al momento era incustodito, l’attentatore è penetrato nel territorio dello Stato ebraico e ha raggiunto il primo posto di guardia presidiato dai militari di Gerusalemme aprendo il fuoco contro di loro uccidendo due giovani soldati, quindi si è allontanato dal luogo. In seguito è stato rintracciato mediante un drone e, ingaggiato da una pattuglia di un battaglione di fanteria. Nel conflitto a fuoco che ne è seguito hanno perso la vita sia lui che un militare israeliano. L’egiziano recava con sé una copia del Corano

A seguito della tragica vicenda verrà costituita una commissione militare d’inchiesta per fare piena luce sulle eventuali manchevolezze che hanno reso possibile l’attacco armato di un ufficiale della polizia egiziana contro la postazione delle Forze di Difesa israeliane (IDF) situata a ridosso della barriera di frontiera che separa il territorio dello Stato ebraico da quello egiziano nel Sinai. Si tratta di una linea di confine relativamente tranquilla in ragione del perdurante accordo di pace tra il Cairo e Gerusalemme, che ha per altro portato a una progressiva intensificazione della collaborazione nel campo della sicurezza. Il Sinai è infatti un territorio nel quale, oltre alla criminalità locale (che si interfaccia spesso con quella beduina dal lato israeliano) sono presenti militanti armati islamisti nemici dello Stato egiziano.

I PERICOLI DEL SINAI

Nel passato, nuclei di terroristi jihadisti attivi nella Penisola hanno effettuato numerosi attacchi contro Israele, in particolare si ricordano quelli del 2011 e ndel 2012, a causa dei quali persero la vita sei civili, un militare e un agente dell’antiterrorismo israeliani, oltre a cinque militari egiziani. Il sistema di sicurezza su questa linea di frontiera (oggetto non infrequentemente dell’azione di contrabbandieri e trafficanti di droga, nonché di tentativi di attraversamento di migranti africani) ha tuttavia evidenziato alcune gravi criticità. Infatti, nel caso di specie, il cancelletto utilizzato nei casi di emergenza per l’attraversamento, ricavato dalla barriera metallica di separazione tra i due Stati era chiuso soltanto da alcune fascette, che il poliziotto terrorista è stato agevolmente in grado di recidere ricorrendo all’uso di un coltello. A seguito di una prima indagine, si ritiene che questi tra le pre sei e le sette del mattino abbia raggiunto di soppiatto il posto di guardia e abbia poi sparato contro i due militari cogliendoli di sorpresa e uccidendoli.

I TRE MILITARI ISRAELIANI VITTIME DELL’ATTACCO

I loro corpi senza vita sono stati rinvenuti successivamente, nel corso di una ispezione effettuata da un loro superiore un paio d’ore dopo, poiché essi non rispondevano alle chiamate radio. Non avrebbero fatto dunque in tempo a rispondere al fuoco e questo è uno degli aspetti sui quali si concentrerà l’inchiesta per ricostruire i fatti e il perché non sia scattato l’allarme a seguito dell’infiltrazione clandestina del poliziotto egiziano. I tre militari uccisi, tutti molto giovani, prestavano servizio in un battaglione misto di fanteria di Tsahal che ha la competenza sulla sorveglianza di quel tratto della linea di confine nel Sinai. Due di essi, il sergente Lia Ben Nun e il sergente maggiore Ori Yitzhak Iluz, hanno perso la vita mentre si trovavano presso la garitta di una postazione di sorveglianza, mentre il terzo, il sergente maggiore Ohad Dahan, è caduto invece sotto i colpi sparati dall’arma automatica del poliziotto egiziano nel momento in cui quest’ultimo, rintracciato dalle IDF, ha ingaggiato un conflitto a fuoco con i soldati israeliani.

LA POSIZIONE DEL CAIRO

Le autorità del Cairo hanno cercato di prendere le distanze dall’imbarazzante vicenda, affermando mediante la diramazione di un proprio comunicato ufficiale che il poliziotto avrebbe attraversato il confine allo scopo di inseguire dei sospetti trafficanti di droga. Una dinamica che al momento permane oscurata da alcuni elementi affatto chiari. Infatti, muovendo dalla sua postazione di guardia in Egitto il poliziotto ha percorso a piedi cinque chilometri, quindi si è arrampicato su una scogliera e ha raggiunto il varco di emergenza nella barriera di confine, punto di attraversamento a lui evidentemente noto. A questo punto ha reciso le fascette di chiusura con un coltello da combattimento e varcato il confine entrando in territotio israeliano, dove ha proseguito per 150 metri fino al posto di guardia che poi ha attaccato. In seguito si è dileguato, ma le sue ricerche da parte israeliana hanno avuto inizio soltanto in mattinata, dopo il ritrovamente dei cadaveri dei soldati.

IL POLIZIOTTO PROBABILMENTE SI ERA RADICALIZZATO

Poco dopo le ore undici un drone dell’esercito lo ha rintracciato mentre si nascondeva dietro una formazione rocciosa a un chilometro e mezzo dal confine. L’egiziano ha aperto il fuoco contro una pattuglia di fanteria israeliana in avvicinamento colpendo mortalmente un militare. L’accorrere diversi minuti dopo di alcuni altri soldati ha reso possibile la sua eliminazione, operazione nel corso della quale è rimasto ferito un sottufficiale. In seguito si è appurato che il poliziotto attentatore recava con sé due pugnali, del cibo, una copia del Corano e sei caricatori per il suo fucile d’assalto, indice della pianificazione di un attacco terroristico di maggiore portata. Il Cairo assicura che i comandanti del poliziotto non erano assolutamente al corrente delle sue intenzioni e, nel pomeriggio di sabato, un alto ufficiale egiziano si è recato sul luogo dell’attacco e ha conferito con i suoi omologhi israeliani riguardo alla sanguinosa vicenda.

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