a cura di Giuseppe Morabito, generale in ausiliaria dell’Esercito italiano attualmente membro del Direttorio NATO Defence College Foundation – Il primo ministro russo Mikhail Mishustin ha affermato che una «pressione sensazionale» da parte dell’Occidente sta portando i legami Russia-Cina Popolare a un «massimo senza precedenti». Egli si è così espresso in occasione della firma di una serie di accordi sulla cooperazione commerciale tra Mosca e Pechino, mercoledì scorso, quando ha incontrato il suo omologo cinese Li Qiang nella capitale della Repubblica Popolare.
IL CREMLINO IN DIFFICOLTÀ A CAUSA DELLE SANZIONI
Mishustin, che ha avuto modo di incontrare anche il presidente Xi Jinping, è stato il più alto esponente russo a recarsi in visita a Pechino da quando le truppe di Mosca hanno invaso l’Ucraina. L’evento ha avuto luogo dopo che Russia e Cina hanno reagito contrariate alle dichiarazioni finali rese al G7 della settimana scorsa, che hanno avuto a oggetto entrambi i paesi riguardo a una serie di questioni connesse con l’aggressione militare all’Ucraina. Un conflitto che è ormai entrato nel suo secondo anno e che vede la Russia sempre più gravata dal peso delle sanzioni imposte dall’Occidente, una condizione che ha indotto il Cremlino a cercare il sostegno della Cina Popolare. Nel 2022 gli scambi commerciali tra i due paesi hanno raggiunto la cifra record di 190 miliardi di dollari, avvalorando dunque l’enfatica retorica del primo ministro Mishustin.
ARMONIOSI SENSI TRA MOSCA E PECHINO
«Oggi, le relazioni tra Russia e Cina Popolare sono a un livello senza precedenti e sono caratterizzate dal rispetto reciproco degli interessi reciproci, dal desiderio di rispondere congiuntamente alle sfide, che è associato a una maggiore turbolenza nell’arena internazionale e al modello di pressione sensazionale da parte dell’Occidente», ha egli inteso sottolineare con le sue parole, con i cinesi che, da parte loro, rimarcavano l’importanza di tale «partenariato cooperativo strategico globale nella nuova era». Se il commercio bilaterale nell’anno in corso ha già raggiunto i 70 miliardi di dollari (più 40%), va altresì registrato il continuo miglioramento della portata degli investimenti reciproci, alla luce dei progetti di respiro strategico sviluppati su larga scala, che includono gli accordi in materia di cooperazione commerciale nel campo delle esportazioni di cereali russi.
LE IMPORTAZIONI DI MPE DA PARTE CINESE
Mishustin era accompagnato da altri membri dell’esecutivo moscovita, tra i quali il vice primo ministro Alexander Novak, che ha delega per la politica energetica. Una presenza certamente non casuale, visto che la Cina Popolare l’anno scorso è divenuta il principale importatore di materie prime energetiche dalla Federazione Russa, questo a seguito del crollo delle esportazioni di gas di quest’ultima provocato dalle sanzioni occidentali. Al forum che ha avuto luogo martedì scorso a Shanghai, Novak ha dichiarato che le forniture energetiche russe alla Cina conosceranno un incremento del 40% su base annua nel corso del 2023. Tuttavia, Pechino continua a sostenere ufficialmente una propria asserita neutralità nel conflitto in atto tra Russia e Ucraina, affermando di essere intenzionata a mediare affinché la guerra finisca.
NEUTRALITÀ UFFICIALI E PARTNERSHIP STRATEGICHE
Credere a queste dichiarazioni è veramente arduo, attesi i continui respingimenti sino popolari delle critiche occidentali sulle sue reali relazioni con la Russia. I cinesi insistono che i loro legami non violano le norme internazionali, dimenticando però quanto fanno arbitrariamente nei confronti della Repubblica di Cina – Taiwan e nelle acque territoriali dei paesi dell’Indo-Pacifico. All’inizio di maggio Li Hui, inviato speciale della Rpubblica Popolare per gli affari eurasiatici, ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy a Kiev. La visita aveva fatto seguito a una telefonata occorsa alcune settimane prima tra lo stesso Zelenskyy e Xi Jinping, che il presidente ucraino definì «lunga e significativa», un primo contatto (noto) tra i due dall’inizio dell’invasione russa.
NEGOZIATORI ALL’AZIONE
Li Hui dovrebbe ora recarsi in Russia, venerdì secondo quanto riferito dall’agenzia di stampa Tass. La Cina Popolare aveva proposto un piano di pace per l’Ucraina in febbraio, ma Kiev lo aveva respinto, motivando il suo rifiuto con il fatto che Putin dovrebbe prima di tutto ritirare le sue truppe dal territorio ucraino. Intanto, sul campo di battaglia si profila l’offensiva primaverile, con le autorità russe che hanno iniziato ad avere la mano pesante sui renitenti alla leva, un aspetto che potrebbe preludere a un altro ordine di coscrizione di massa qualora non vengano rinvenuti i “volontari” necessari alla prossima importante fase del conflitto. Di ciò non ne sarebbe convinto (almeno nelle sue affermazioni pubbliche) il primo ministro ungherese Viktor Orbán, che ritiene improbabile una vittoria di Kiev sulla Russia e che, conseguentemente, il conflitto iniziato quindici mesi fa può trovare una soluzione esclusivamente attraverso la diplomazia.
IL PARERE DI ORBÁN SULL’«UNICA VIA DI USCITA»
«Guardando la realtà, le cifre, l’ambiente circostante, il fatto che la NATO non sia pronta a inviare truppe, è ovvio che non c’è vittoria per i poveri ucraini sul campo di battaglia. Questa è la mia posizione», ha dichiarato al riguardo il presidente ungherese, delineando una prospettiva rispetto alla quale pochi, anzi forse nessuno dei leader europei, sarebbe pubblicamente d’accordo data la loro solidarietà con Kiev. Orbán ha quindi aggiunto che «la guerra può essere fermata soltanto se i russi possono fare un accordo con gli Stati Uniti. In Europa non siamo contenti di questo, ma è l’unica via d’uscita». Budapest ha rifiutato di rompere i rapporti con Mosca e si è opposta all’allargamento della NATO. Al pari della Turchia, l’Ungheria non ha ancora ratificato l’adesione della Svezia all’Alleanza atlantica e il suo presidente ha espresso dubbi sull’ingresso dell’Ucraina nella NATO. Sono giornate importanti queste, più sul piano diplomatico che su quello meramente bellico, poiché Pechino sta tentando di destabilizzare lo schieramento occidentale e qualcosa effettivamente inizia a scricchiolare nella NATO, alla luce di quanto Ankara e Budapest non fanno.