CONFLITTI, diplomazia e prese di distanze. Critiche agli approcci di Macron: «Guerra senza tregua: il viaggio nella Cina Popolare senza risultati tangibili»

Quali risultati concreti sono scaturiti dalla recente visita ufficiale a Pechino del presidente francese Emmanuel Macron e della presidente della Commissione europea Ursula von der Layen? Si è ottenuta una forma di autonomia strategica del Vecchio continente rispetto agli Stati Uniti d’America evitando strappi con la Cina Popolare? È stato allontanato lo spettro del decoupling tanto caro (almeno a parole) a Washington? Probabilmente no, poiché se sulla base di alcuni enunciati strategici le catene del valore e i conseguenti approvvigionamenti (con relative forti dipendenze in alcuni settori basilari) dovrebbero accorciarsi ancora di più, le intese in campo aerospaziale raggiunte da Parigi e Pechino farebbero ritenere il contrario. E pensare che fino a qualche tempo fa l’inquilino dell’Eliseo veniva considerato il maggiore elemento di contrasto della Cina comunista in Europa. Di seguito il commento di Giuseppe Morabito, analista della NATO Defence College Foundation

a cura di Giuseppe Morabito,  generale in ausiliaria dell’Esercito italiano attualmente membro del Direttorio NATO Defence College Foundation – Il presidente francese Emmanuel Macron ha incontrato il collega cinese Xi  Jinping allo scopo di confermargli che contava su di lui per discutere apertamente con la Russia e aiutare, in uno sforzo comune, a porre fine all’aggressione russa dell’Ucraina.

L’ELISEO CERCA DI EVITARE IL DECOUPLING

Nelle sue osservazioni di apertura ai colloqui di giovedì a Pechino, l’inquilino dell’Eliseo ha affermato che la Russia ha «posto fine a decenni di pace in Europa» e che trovare una «pace duratura» che rispetti i confini riconosciuti a livello internazionale è «una questione importante per la Repubblica popolare cinese, tanto quanto lo è per la Francia e per l’Europa». Pechino ha ribadito la sua posizione di neutralità nel conflitto in atto in Ucraina, cercando di accreditarsi come un agente portatore di pace, ma da qui a ritenerlo ce ne passa, tanto è vero che si è rifiutata di condannare l’invasione militare russa continuando a mantenere con il Cremlino legami economici e diplomatici, culminati il mese scorso con una visita ufficiale del segretario generale del Partito comunista e capo dello Stato a Mosca.

PER IL MOMENTO SOLO APPELLI ABORTITI

Parlando alla stampa in occasione della visita di Macron, Xi ha dichiarato che la Cina Popolare è pronta a «lanciare un appello congiunto con la Francia affinché la comunità internazionale eserciti moderazione ed eviti di intraprendere azioni che potrebbero causare un ulteriore deterioramento della crisi». Questa dichiarazione non è però in linea con le continue minacce di invasione rivolte da Pechino alla Repubblica di Cina – Taiwan. Xi ha quindi ribadito l’attuale posizione cinese riguardo alla guerra, che contempla la possibilità di una richiesta di colloqui di pace e l’opposizione all’uso delle armi nucleari. Pechino ribadisce che le «legittime preoccupazioni per la sicurezza di tutte le parti in causa dovrebbero venire prese in considerazione», una frase che si interpreta nel senso di un sostegno degli interessi russi. Macron ha replicato che sussiste la necessità di discutere con tutti, inclusi i russi, poiché non si ricerca semplicemente la fine del conflitto, «ma il rispetto della sovranità ucraina e della sua integrità territoriale, unica condizione per una pace duratura».

LE SPERANZE DI MACRON E L’ATTESA TELEFONATA A KIEV

Macron era giunto nella capitale della Repubblica popolare cinese mercoledì scorso nutrendo grandi aspettative relative a una possibile svolta nella collaborazione con Pechino, un viaggio effettuato con il dichiarato intento di trovare soluzioni che possano porre fine alla guerra. Se i destini di Kiev erano in cima all’agenda del presidente francese, il viaggio presentava tuttavia anche una forte connotazione di natura economica, evidenziata dalla presenza al seguito di Macron di una delegazione formata da decine di imprenditori pronti a stipulare nuovi accordi con controparti cinesi, inclusi giganti della caratura di Airbus. E Xi Jinping durante i colloqui ha sottolineato come la visita di Macron «darà nuovo slancio» alle relazioni tra la Cina Popolare e l’Unione europea. Vedremo. Egli ha altresì affermato di essere pronto a telefonare al presidente ucraino Volodymir Zelensky, aggiungendo però sibillinamente che lo farà «quando se ne presenteranno le condizioni».

UN VERTICE MULTILATERALE PER RIALLACCIARE I RAPPORTI

Nel suo viaggio in Cina Macron era accompagnato dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, si è trattato dunque di un incontro trilaterale di diplomazia. Bruxelles e Pechino sono infatti alla ricerca di modalità che consentano una riconnessione dopo tre anni di distacco, inizialmente provocato dalle severe limitazioni sui viaggi a  causa della pandemia, quindi quale effetto del deterioramento delle relazioni per via di una serie di questioni aperte, tra le quali quella relativa al mancato rispetto dei diritti umani e alla posizione assunta dal Comitato centrale del Partito comunista cinese sulla guerra in Ucraina. Prima della partenza, la von der Leyen aveva promesso alle opinioni pubbliche occidentali e ai suoi referenti politici che l’Ucraina avrebbe costituito un «argomento importante» nel corso dei colloqui con la leadership sino-popolare, al riguardo sia lei che Macron si erano consultati con Zelensky nei giorni che hanno preceduto il viaggio.

SCETTICISMO IN EUROPA E NUOVE DINAMICHE NEL GOLFO

La presidente della Commissione europea aveva persino riaffermato come per ripristinare la pace sia necessario «che la Russia metta fine alla sua invasione e ritiri le sue truppe dall’Ucraina».  La proposta formulata all’inizio del 2023 da Pechino per una «soluzione politica» al conflitto era stata accolta con scetticismo in Europa. Tra le critiche che erano state espresse vi era quella che vedeva il cessate il fuoco senza un appello per il ritiro delle truppe russe come una modo per favorire la Russia. Malgrado tutto ciò, prima degli incontri Macron è si è detto ottimista riguardo alla collaborazione con i cinesi nella direzione della pace. Un recente esempio della dichiarata propensione di Pechino nelle vesti di mediatore è emerso al momento in cui i ministri degli esteri dell’Arabia Saudita e dell’Iran hanno firmato la dichiarazione congiunta che ha sancito la ripresa delle loro relazioni bilaterali dopo sette anni di aspri contrasti, una soluzione ottenuta il mese scorso grazia alla decisiva interposizione dei buoni uffici da parte della repubblica popolare cinese.

WASHINGTON RESTA ALLA FINESTRA

In tutto ciò gli Stati Uniti d’America rimangono osservatori speciali, connaturando di scetticismo il loro atteggiamento riguardo alle dinamiche in atto. È di queste ore la conferma da parte di Washington che i palloni metereologici lanciati da Pechino, che in seguito hanno sorvolato il terrorio statunitense, erano in realtà palloni spia. Atteso che gli americani sono i principali sostenitori della causa ucraina, a questo punto conta molto sia il loro via libera all’ascolto dei cinesi, sia la reale volontà del presidente ucraino Zelensky di voler parlare con Xi Jinping al fine di considerare concretamente le proposte negoziali di quest’ultimo, stante il perdurare del rifiuto cinese di condannare ufficialmente l’invasione militare di Mosca. Infine, va tenuto in debito conto il fatto che Mosca non resta a guardare e la sua azione diplomatica in queste ore si è concentrata sulle esportazioni di grano russo e ucraino, una questione cruciale che investe direttamente la Turchia, dove il ministro degli esteri russo Sergej Lavrov è stato ricevuto allo scopo di trovare un accordo.

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