VATICANO, relazioni diplomatiche. Golfo Persico: avviate le relazioni diplomatiche con il Sultanato di Oman

Mascate esce dunque dal novero degli Stati che non hanno canali ufficiali diretti con la Santa Sede

a cura di Andrea Gagliarducci, vaticanista dell’agenzia giornalistica ACI Stampa – L’annuncio dell’apertura delle relazioni diplomatiche tra Santa Sede e Oman allarga la rete diplomatica vaticana e la sua credibilità. La firma dell’accordo, avvenuta a margine di una sessione delle Nazioni Unite, riduce a sei il numero degli Stati che non hanno alcun tipo di relazione con oltre Tevere. L’annuncio è stato diffuso mediante una nota datata 23 febbraio, esso non costituisce un elemento di sorpresa, poiché già in novembre, nel corso del viaggio del Pontefice in Bahrein, aveva avuto luogo un contatto tra Vaticano e Mascate a livello di ministeri degli Esteri. Tuttavia, la notizia è egualmente importante in ragione del fatto che l’Oman fino a quel momento era uno degli otto Stati al mondo che non intrattenevano alcun legame con la Santa Sede, neppure per l’ufficio svolto da un rappresentante non residente.

L’ACCORDO RAGGIUNTO ALL’ONU

Si legge nel comunicato congiunto che «la Santa Sede e il Sultanato dell’Oman, desiderose di promuovere la comprensione reciproca e rafforzare ulteriormente l’amicizia e la cooperazione bilaterale, convinte che l’instaurazione di relazioni diplomatiche serva gli interessi comuni, guidate dai principi di uguaglianza sovrana, indipendenza, integrità territoriale e non interferenza, hanno deciso di istituire, sulla base della Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche del 18 aprile 1961, pieni rapporti diplomatici a livello di Nunziatura apostolica presso il Sultanato di Oman e di un’Ambasciata presso la Santa Sede». La firma in calce all’accordo è stata apposta dall’arcivescovo Gabriele Giordano Caccia (Osservatore per conto della Santa Sede alle Nazioni Unite) e da Mohammed al-Hassan (Ambasciatore del Sultanato di Oman all’Onu).

DIOCESI E PARROCCHIE OMANITE

La Legge fondamentale dell’Oman statuisce che l’Islam è religione di Stato e la sharia la principale fonte della legislazione, tuttavia in essa viene altresì affermata la libertà di culto, unitamente al divieto di discriminazioni su base confessionale. Circa la Chiesa locale, il territorio omanita rientra nelle competenze del Vicariato apostolico dell’Arabia del Sud, che ha la sua sede ad Abu Dhabi (EAU), amministrato dal vescovo Paolo Martinelli, mentre sono quattro le parrocchie, nelle quali svolgono il loro ministero dodici sacerdoti. La Sala stampa vaticana al riguardo comunica «l’auspicio che con l’allacciamento delle piene relazioni diplomatiche con la Santa Sede, la Chiesa cattolica in Oman, attraverso sacerdoti e religiose, possa continuare a contribuire al benessere sociale del Sultanato».

LA LIBERAZIONE DI PADRE TOM UZHUNNALIL NELLO YEMEN

A oggi la Santa Sede intrattiene relazioni diplomatiche con 184 Stati al mondo. L’ultimo ad aprire un canale ufficiale con oltre Tevere è stato il Myanmar (Birmania) nel 2017, uno sviluppo che ha reso possibile il viaggio di Papa Francesco quello stesso anno. I primi contatti diplomatici con il Sultanato omanita risalgono proprio al 2017, quando dopo diciotto mesi di prigionia venne liberato padre Tom Uzhunnalil, sacerdote salesiano sequestrato nello Yemen un anno prima. Il ruolo di Mascate risultò fondamentale ai fini del suo rilascio, poiché il Sultanato aveva mantenuto relazioni equilibrate con tutte le parti in conflitto, ottenendo così la liberazione di diverse persone rapite o scomparse da quel paese in guerra. In quella particolare occasione, la Santa Sede diffuse un breve comunicato nel quale si ringraziava «vivamente» quanti si erano adoperati per il ritrovamento del religioso cattolico, «in particolare, Sua Maestà il Sultano dell’Oman e le Autorità competenti del Sultanato».

RELAZIONI DIPLOMATICHE TRA SULTANATO E SANTA SEDE

Quel fatto contribuì ad aprire un canale di dialogo sfociato poi nella telefonata del 4 novembre 2022 tra il ministro degli Esteri omanita Sayyid Badr Hamad al-Usaidi e l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, titolare del dicastero vaticano per i Rapporti con gli Stati. A seguito di quella telefonata, Mascate reso noto che l’arcivescovo Gallagher e il ministro degli Esteri omanita avevano «concordato di stabilire relazioni diplomatiche tra il Sultanato e la Santa Sede», «Gallagher e al-Usaidi – proseguiva poi la nota ufficiale – hanno anche preso la decisione di sviluppare una cooperazione costruttiva e un mutuo interesse per il benessere e l’armonia tra le nazioni». Dunque, a questo punto gli Stati che non hanno ancora allacciato relazioni diplomatiche con la Santa Sede sono soltanto sei: Arabia Saudita, Bhutan, Repubblica popolare cinese, Corea del Nord, Maldive e Tuvalu, mentre sono invece attivi dei Delegati apostolici in quattro altri Paesi: Isole Comore e Somalia in Africa, Brunei e Laos in Asia.

PASSI AVANTI CON HANOI E RAPPORTI INFORMALI CON RIYADH

Con il Vietnam sono state avviate formalmente le trattative per arrivare a complete relazioni sul piano diplomatico, dinamica che ha condotto alla fine del 2011 alla nomina di un rappresentante vaticano non residenziale ad Hanoi. L’ultimo incontro del comitato, che ha avuto luogo lo scorso mese di aprile, si è concluso con la decisione di continuare a progredire su questa strada al fine di giungere all’invio nel Paese del Sudest asiatico di un rappresentante residente della Santa Sede. Tra gli Stati che non hanno relazioni diplomatiche con la Santa Sede c’è la monarchia saudita, con la quale, però, la Santa Sede ha stabilito dei rapporti informali, prima partecipando come osservatrice alla costituzione del Kaiciid, il centro per il dialogo interreligioso sponsorizzato da Riyadh che aveva la sua sede a Vienna, trasferita in seguito a Lisbona. Nell’aprile del 2018 il cardinale Jean-Louis Tauran, in qualità di presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso compì un viaggio storico in Arabia Saudita, riuscendo persino a celebrare una Messa in una terra considerata sacro all’Islam.

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