Nel corso dell’incontro, rappresentanti istituzionali ed esperti del settore si sono confrontati sui temi relativi alle pratiche anti-competitive nel quadro dell’interoperabilità delle licenze software in un contesto normativo in evoluzione. Fine dell’iniziativa è stato l’accrescimento della consapevolezza riguardo al fenomeno del lock-in, che crea una dipendenza economica impropria tra il cliente e il fornitore di servizi, rendendo difficile per il primo acquistare servizi simili da un altro fornitore a costi contenuti. Difficoltà che ha conseguenze negative per l’intera filiera e, soprattutto, per le PMI che faticano a contrastare tali pratiche.
POSIZIONI DOMINANTI E PRATICHE ANTI-CONCORRENZIALI
I fornitori di servizi cloud giocano un ruolo importante nella digitalizzazione delle imprese e delle amministrazioni pubbliche. Dunque, per promuovere lo sviluppo dell’industria del cloud, è necessario prestare attenzione al software che accompagna il cloud, identificato come sua forza trainante. Tuttavia, alcune aziende di software legacy limitano la scelta dei servizi con termini di licenza ambigui, rischiando di ostacolare la trasformazione digitale delle imprese. L’evento, durante il quale è stato presentato un documento che raccoglie contributi e riflessioni sul tema elaborati da autorevoli conoscitori dello stesso, è stato l’occasione per ragionare sui contorni normativi del mercato delle licenze e del cloud e le sue possibili evoluzioni, stabilendo le priorità per un mercato equo e trasparente.
COME DIFENDERSI DALLE «BIG TECH»?
Nel complesso, l’incontro Cloud senza barriere: l’interoperabilità delle licenze nel mercato, articolatosi in due fasi, la prima relativa alla presentazione del documento e la seguente sul tema dell’applicazione del “Ddl concorrenza”, gli impatti sulle imprese e la Pubblica Amministrazione e l’intervento del Parlamento, moderate rispettivamente da Andrea Morbelli (partner e Head of Public Affairs di Open Gate Italia) e Massimo Micucci (Public Affairs e Comunicazione di Open Gate Italia; ha introdotto il dibattito Laura Rovizzi (amministratrice delegata di Open Gate Italia e vicedirettrice del Master in Relazioni istituzionali e regolazione dei mercati presso l’università LUMSA). L’evento ha costituito un importante momento di crescita grazie ai preziosi contributi apportati dai relatori, cioè Francisco Mingorance (segretario generale di CISPE), Paola Generali (presidente di Assintel), Francesco Andriani (presidente di AssoRTD), Lorenzo Principali (direttore di Area Digitale, I-COM), Giovanni Cazora (docente presso la LUMSA), Guido Scorza Autorità garante della privacy), Laura Cavandoli (parlamentare della Lega, membro della VI Commissione Finanze) e Giulia Pastorella (parlamentare di Azione/Italia Viva, membro della IX Commissione Trasporti).
PLAYER SLEALI
La presidente di Assintel, Paola Generali, ha rinvenuto nella concorrenza sleale la causa di un blocco al processo di digitalizzazione, quindi anche al mercato. «Quando un’azienda inizia un percorso con un player sleale – ha ella al riguardo dichiarato nel corso del convegno -, in caso di problemi, si rende conto delle difficoltà di cambiare operatore, poiché il primo nega l’interoperabilità del dato. La questione, con il tempo, si amplificherà, perché in Europa si lavora proprio per l’interoperabilità dei dati. Noi operatori, in qualità di rappresentanti delle piccole e medie imprese, ci siamo trovati in situazioni in cui le aziende erano impossibilitate a cambiare gestore, a meno di non spendere cifre elevatissime. Questo ovviamente comporta una perdita economica enorme, dal momento che le aziende, impossibilitate a cambiare, rimangono in uno stato di minor efficienza, provocando un generale impoverimento del mercato. La mancanza della concorrenza, dunque, si ripercuote su domanda e offerta. Per assicurare il rispetto della concorrenza, dato che le norme ci sono, è necessario rafforzare i controlli. In altre parole, occorre mettere in pratica la normativa, definendo le regole ed assicurandosi che vengano effettivamente rispettate».
CLOUD E «GATEKEEPER»
Secondo Francesco Andriani (presidente di AssoRTD) «le pratiche anti competitive e anticoncorrenziali che hanno a oggetto le licenze software, in ambito di Pubblica Amministrazione, creano importanti problemi di carattere economico-finanziario e minano la fiducia da parte dei decisori politico-istituzionali verso il cloud ed il mondo dell’ICT più in generale. Sicuramente l’approvazione del Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo a mercati equi e contendibili nel settore digitale, legge sui mercati digitali, ovvero Reg.(UE) 2022/1925 del 14 settembre 2022, cogente da inizio maggio 2023 è una svolta importante: regola di fatto il mercato sia degli utenti privati che commerciali rispetto alla tendenza allo strapotere incondizionato di molti dei cosiddetti gatekeeper, ma non bisogna abbassare la guardia e continuare a vigilare sul fenomeno».
REGOLAMENTAZIONE DEL SETTORE: EFFETTI DEL «DATA ACT»
Giulia Pastorella (parlamentare di Azione/Italia Viva, membro della IX Commissione Trasporti) ha affermato che il tema la tocca personalmente, «poiché provengo dal mondo cloud, chiaramente, ora che sono dal lato del legislatore mi rendo maggiormente conto della complessità della materia. Anche il pubblico, inteso come Pubblica Amministrazione, piccole e medie imprese e utenti finali, sta iniziando a percepire la profondità della questione che coinvolge diversi player. Il ruolo della politica, in questo contesto, è di assicurare, da una parte, una regolamentazione chiara, intervenendo sul Data Act che, al momento, cercando di raccogliere e regolare tutti gli aspetti rimasti fuori dalle normative europee e dal DMA, è alquanto confuso. Dall’altra, ritengo che il Governo debba occuparsi di un aspetto più politico e meno legislativo: di assicurare un accesso al mercato equo per tutti. Ovvero: non bisogna confondere il concetto di una concorrenza leale con quello di un favoreggiamento del made in Italy. Penso che il mercato, e anche il cloud, debbano diventare davvero equi e trasparenti, assicurando a tutte le imprese, italiane e non, le stesse possibilità, senza lasciare che ci si possa nascondere dietro la definizione di standard minimi per favorire un made in Italy non sempre positivo per i consumatori. Nella mia ottica, aiutare le PMI italiane significa garantire la trasparenza e l’apertura dei mercati, non favorirle, perché tutte le aziende devono stare sullo stesso livello. Solo così aiuteremo davvero le piccole e medie imprese italiane a crescere e a diventare competitive anche sui mercati internazionali».