È bello vedere che qualcuno si ricorda ancora di un personaggio come Piero Ciampi, a distanza di tanti anni. Livornese ma allo stesso tempo cittadino del mondo, anarchico, sempre con la sigaretta in bocca e, sovente, con il bicchiere in mano.
PIERO L’ITALIANO
Renitente alla leva, alla fine degli anni Sessanta Ciampi si rifugiò nella vicina Francia, dove continuò a cantare. Fu lì che gli dettero il nome d’arte di “Piero l’italiano”, poiché “Piero Ciampì”, pronunziato con la classica inflessione d’oltralpe, evidentemente non funzionava troppo bene sul piano della comunicazione e del marketing. Però, alla fine pagò la sua renitenza al servizio militare leva, poiché, volendo fare ritorno in Italia da Parigi pensò di provare ad attraversare la frontiera il più lontano possibile da Ventimiglia e da Bardonecchia. Lo fece a Tarvisio, in Friuli, ma venne fermato e quindi arrestato al posto di confine di Tarvisio. Chissà cosa avrà pensato in quel momento, in quel luogo gelido e militarizzato alla frontiera con la Jugoslavia di Tito, lui, che aveva già inciso dei dischi con la RCA a Roma, oltreché con case discografiche minori.
LA MUSICA E IL DRAMMA DI UNA ESISTENZA
Apprezzato dall’allora direttore generale della grande casa discografica, Ennio Melis, considerato il «padre dei cantautori», Ciampi visse il momento propizio per il suo genere di musica, infatti, quella era la fase dell’affermazione dei cantautori. Tuttavia, malgrado questo forse non venne compreso appieno e, in seguito, dopo una serie di iniziali successi la sue esistenza si consumò nella solitudine dell’alcole e, forse, anche del suo modo di essere: mite e allo stesso tempo fumantino. Piero Ciampi finì la sua vita praticamente in miseria nella periferia romana. In seguito altri grandi della canzone italiana, come Nada Malanima (toscana come lui), Gino Paoli e Fabrizio De Andrè, cantarono brani come “Il porto di Livorno” e “Il vino”. Più di recente, al Teatro Brancaccio di Roma in suo onore venne rappresentato lo spettacolo “Te lo faccio vedere chi sono io”, titolo mutuato da una sua nota canzone, un evento al quale parteciparono anche Lucio Dalla e Renato Zero. Il giornalista, storico della musica e regista Giuseppe De Grassi, anarchico come lui ma di Marano Lagunare, riuscì a ottenere un primo finanziamento per girare un film sul cantautore livornese scomparso, purtroppo però, quel finanziamento si interruppe e di quel film oggi da qualche parte, chissà, rimane soltanto una vecchia videocassetta VHS con il teaser girato sul Lungotevere a Roma. Grassi ha scritto anche una biografia del cantautore. Si intitola “Maledetti amici: cronache di vita, amore e canzoni intorno a Piero Ciampi” ed è un’opera edita per i tipi di Rai Eri.
L’EVENTO ALL’ALEXANDRPLATZ JAZZ CLUB
Domani però, all’Alexanderplatz Jazz Club sarà possibile reimmergersi nelle atmosfere ciampiane attraverso i suoi brani musicali, riproposti da Peppe Fonte nello spettacolo “Le mie canzoni tra Piero Ciampi e Pino Pavone”, evento che vedrà la partecipazione straordinaria di Pino Pavone e Marcello Micci. Avvocato e catanzarese come Pino Pavone, che con il fratello del cantautore livornese, ha condiviso anche lo studio legale, Fonte rivisiterà alcune delle canzoni più significative scritte da questo sodalizio e, assieme a Pavone, lavorerà anche sui testi inediti di Piero Ciampi, al fine di rinnovarne la una memoria che incrocia vita, arte, musica e poesia. Uno spettacolo improntato alle intimità assolute dell’anima e alle note acustiche del pianoforte. Uno spaccato di testi e racconti, a volte parlati altre volte cantati con il graffio dell’emozione nuda.
NON C’È SPAZIO PER LE LACRIME
«Ho deciso di cantare anche Ciampi-Pavone perché Piero Ciampi è stato anche Pino Pavone ed io ho avuto la fortuna di viverlo da testimone – così Peppe Fonte a proposito dello spettacolo del 4 dicembre -, tra me e lui non c’è stato mai spazio per le lacrime, né tempo per la memoria: abbiamo vissuto insieme l’estasi della prossima canzone e, subito dopo, della parola giusta. Sapeste quante volte siamo morti insieme: di versi al telefono, di accordi senza nome, di “centrocampisti dai passaggi lenti”, di canzoni ascoltate per la prima volta in macchina». Uno spettacolo dal vivo, quello all’Alexanderplatz, che si innesta sul corpo della stessa vocazione artistica, da sempre posta all’ombra di uno straordinario sodalizio umano e intellettuale e sorretta dalla condivisione di passioni e relazioni, urgenze esistenziali e occupazioni quotidiane. Ciampi canta i “maledetti amici” attraversando quella singolare regione dell’anima che lega Livorno alla Calabria.