Inácio Lula da Silva è stato eletto per la terza volta alla presidenza del Brasile, sconfiggendo il presidente in carica, l’ex militare di destra Jair Messias Bolsonaro, in virtù del 50,83% dei consensi ottenuti nelle urne, una vittoria, dunque, che evidenzia la spaccatura del Paese latinoamericano in termini politici. Il presidente uscente non ha concesso la vittoria e si è isolato nel palazzo della capitale Brasilia.
UN PAESE POLARIZZATO
Egli all’inizio dello spoglio delle schede si era trovato in vantaggio sull’avversario, tuttavia, il sindacalista socialista gli ha ben presto eroso il margine percentuale di dieci punti affermandosi per il terzo mandato. Per quanto concerne lo sconfitto Bolsonaro, va rilevato che nella storia del Brasile è il primo presidente a non ottenere la riconferma. Il nuovo corso della sinistra latinoamericana rinviene dunque nel successo di Lula un momento di ulteriore espansione, infatti, il controverso e amato presidente brasiliano torna ad aggiungersi ai capi di Stato e di governo a lui politicamente affini nel continente.
LA SINISTRA TORNA AL GOVERNO IN AMERICA LATINA
Da Andrés Manuel López Obrador (dal 2018 primo presidente di sinistra della storia recente del Messico) al peronista argentino Alberto Fernández (eletto nel 2019), quindi al peruano Pedro Castillo nel 2021 e, quest’anno, Gabriel Borić in Cile, Gustavo Petro in Colombia (primo presidente di sinistra in assoluto nella storia del Paese) e la signora Xiomara Castro in Honduras.