ISRAELE, sicurezza. Hezbollah: per lo Stato ebraico è una minaccia sempre presente; tuttavia, non pochi criticano l’operato di Netanyahu nell’azione di contrasto

Critiche espresse pubblicamente ormai da tempo, ma che ovviamente si fanno sempre più incandescenti con l’avvicinarsi della data delle elezioni politiche anticipate nello Stato ebraico. Nel 2006 Gerusalemme ha combattuto contro Hezbollah una guerra di 34 giorni, ma la milizia dell’organizzazione sciita filo-iraniana libanese dispone comunque di un arsenale di oltre 100.000 tra razzi e missili

Per molti in Israele l’approccio alla questione è oltremodo caustico: «Mister sicurezza?», si interrogano sarcasticamente, «ma quale è il legame tra le promesse del politico Benjamin Netanyahu e i concreti risultati della sua azione di contrasto al terrorismo?»

L’ARSENALE DI HEZBOLLAH

In retrospettiva, le critiche dei detrattori di «Bibi» affondano alla prima metà del secondo decennio di questo millennio, quando il leader del Likud era primo ministro dello Stato di Israele. Alla condotta di Netanyahu in questo campo, ritenuta da essi «fallimentare», si attribuisce la trasformazione di Hezbollah (grazie anche all’aiuto ricevuto da quest’ultimo dall’Iran) in un mostro militare in grado di minacciare Israele. Dopo aver visto distrutta nella seconda guerra libanese del 2006 l’intera propria scorta di missili a lunga gittata, la milizia sciita guidata da Hassan Nasrallah ha ricostituito un arsenale composto di missili a lungo raggio di precisione e altri sistemi d’arma pesanti.

«PROXI» DI TEHERAN

Oggi Hezbollah non minaccia più una guerra contro Israele, poiché si è strutturata nelle forme di braccio missilistico di Teheran pronto ad attivarsi nel caso di una escalation che conduca a una grave crisi tra la Repubblica Islamica dell’Iran e lo Stato ebraico, principalmente se venisse messo a repentaglio il programma nucleare degli ayatollah. Dal 2012 la principale finzione della milizia sciita libanese è stata quella di sostenere il vacillante regime siriano di Bashar al-Assad, è lì, infatti, che hanno trovato valido impiego gli uomini di Hezbollah, resisi decisivi al contenimento dell’allora “califfato” di al-Baghdadi e dei suoi successori dopo la sua eliminazione.

UNA MINACCIA UN TEMPO ELIMINABILE

Quando Netanyahu nel 2009 ha assunto la carica di primo ministro Hezbollah schierava 40.000 vettori missilistici di vario tipo, dieci anni dopo questi avevano raggiunto la cifra di 150.000. Non solo, secondo l’Alma Center for Israel’s Security Challenges, la milizia sciita libanese dispone attualmente di diverse centinaia di avanzati sistemi d’arma convenzionali: 70.000 razzi e relativi lanciatori, 145.000 mortai, sistemi antiaerei, missili cruise (probabilmente di produzione iraniana) e missili (antinave) C-802 di produzione cinese, oltre a numerosi droni. I citati detrattori affermano che Netanyahu avrebbe avuto l’opportunità di eliminare la minaccia di Hezbollah dal Libano meridionale già nel 1998. Perché questo non è dunque avvenuto?

1996: MANI LIBERE DI ANKARA CONTRO IL PKK IN SIRIA

A seguito della stipulazione di un accordo strategico tra Israele e Turchia nel 1996, Ankara ritenne che fosse giunto il momento opportuno per chiudere i conti con i curdi del Pkk presenti nel nord della Siria, a quel punto Hezbollah si è ritrovata a effettuare operazioni di guerriglia per conto del regime di Damasco nelle zone a cavallo della frontiera siro-turca. La Turchia ha quindi schierato il suo esercito alla frontiera costringendo Hafez al-Assad ad accettare i termini dell’Accordo di Adana nell’ottobre 1998. Senza l’alleanza con Israele tutto questo non si sarebbe potuto verificare.

LE ASSERITE RESPONSABILITÀ DI NETANYAHU

E qui si fanno dure le recriminazioni dei detrattori di Netanyahu, che accusano l’ex primo ministro di avere allora dichiarato pubblicamente in televisione che, invece, non sussistevano collegamenti tra i due fatti, questo mentre il suo ministro della difesa, Yitzhak Mordechai, annunciava la cancellazione di una esercitazione a livello divisionale dell’esercito israeliano che era prevista sulle alture del Golan al fine di evitare malitesi con la Siria. Una «deplorevole politica lassista», concludono i detrattori, che Netanyahu avrebbe perseguito fino alla fine del suo mandato di capo del governo nel 2021.

NECESSARIA MAGGIORE MODESTIA

Yossi Yehoshua, corrispondente sulle questioni militari del quotidiano “Yediot Aharonot”, giornalista che negli ultimi dodici anni ha seguito le vicende politiche di Netanyahu, ritiene che in alcuni casi quest’ultimo abbia agito in maniera irresponsabile. Egli argomenta questa sua grave accusa con il fatto che Israele non abbia risposto agli incidenti armati durante il suo mandato di primo ministro, ponendo in scena gli eventi con vittimismo, atteggiamento che avrebbe però posto Hezbollah nelle condizioni di dichiarare pubblicamente la propria vittoria. «Ecco perché – commenta al riguardo il professor Ely Karmon, esperto di contrasto al terrorismo presso l’Ict di Herzliya – Netanyahu dovrebbe avere un maggiore senso di modestia quando parla di deterrenza contro Hezbollah».

VERITÀ E PROPAGANDA

Nella sua accesa “requisitoria” contro Netanyahu, Yehoshua fa inoltre riferimento anche a un incidente verificatosi nell’estate del 2020, quando l’organizzazione armata sciita libanese asserì che le responsabilità in ordine allo scambio di colpi di arma da fuoco avvenuta al confine settentrionale il 27 luglio di quell’anno erano da ascriversi «unicamente a Israele» e che la risposta di Hezbollah all’eliminazione di uno dei suoi agenti attivi in Siria nel corso di un attacco attribuito alle forze di Gerusalemme sarebbe «giunta in futuro». In precedenza, le Forze di difesa israeliane avevano annunciato che una squadra di miliziani di Hezbollah aveva tentato di attraversare il confine presso Mount Dov, ma erano stati respinti dai militari dello Stato ebraico che avevano aperto il fuoco contro di loro.

TUTTO TRANQUILLO (…) AL CONFINE CON IL LIBANO E SUL GOLAN

«Ebbene – commenta al riguardo Yehoshua -, a detta di Hezbollah non c’erano stati incidenti o scontri a fuoco che avevano visto coinvolti militari israeliani, dato che l’organizzazione sciita libanese aveva definito lo scambio di fucileria come “un’azione nervosa di un nemico spaventato e apprensivo”, sottolineando inoltre come “le rappresentazioni del contrasto opposto dai militari israeliani ai tentativi di infiltrazione dal Libano sono “tentativi di creare una falsa rappresentazione di una falsa vittoria”». «Insomma, tutto tranquillo», conclude Yehoshua.

Condividi: