SOCIETÀ, disagio economico. Pubblicato il Rapporto Caritas sulla povertà in Italia

Dalla ricerca emerge che la mancanza di formazione rende poveri, mentre una condizione peggiore è vissuta da coloro i quali provengono da famiglie con basso livello educativo e chi non possiede competenze aggiornate alle richieste del mercato del lavoro

Sei persone su dieci che si rivolgono alla Caritas per chiedere aiuto sono poveri «di famiglia», che significa come la povertà sia in qualche modo «ereditaria» e che, inoltre, a livello sociale si generano degli «anelli deboli» che nel tempo possono portare a situazioni spesso irreversibili di povertà o precarietà cronica.

CORRELAZIONE TRA DISAGIO ECONOMICO E SCARSA SCOLARIZZAZIONE

Questi alcuni dei risultati emersi dalla ricerca condotta dalla Caritas e pubblicata nel rapporto annuale che ha fotografato il 2021. Un anno durante il quale – riferisce l’analisi – si è registrato un «rafforzamento della consueta correlazione tra stato di deprivazione e bassi livelli di istruzione». Cresce infatti il numero di chi ha conseguito come titolo di studio al massimo la licenza media, che sale dal 57,1% al 69,7%, gruppo nel quale si rinvengono ancora persone analfabete, senza alcun titolo di studio o con la sola licenza elementare. Nelle regioni insulari e meridionali, dove maggiore è l’incidenza di cittadini italiani, il dato raggiunge rispettivamente l’84,7% e il 75 per cento.

SEI MILIONI DI POVERI

E se le persone povere in Italia (stranieri inclusi) sono circa sei milioni, pari a circa due milioni di famiglie, con i più poveri al sud, anche qui persone soprattutto senza istruzione o con una formazione inadeguata che rischiano la precarietà sociale. Si legge nel Rapporto Caritas: «Le persone che vivono oggi in uno stato di povertà, nate tra il 1966 e il 1986, provengono per lo più da nuclei familiari con bassi titoli di studio, in alcuni casi senza qualifiche o addirittura analfabeti (oltre il 60% dei genitori possiede al massimo una licenza elementare). E sono proprio i figli delle persone meno istruite a interrompere gli studi prematuramente, fermandosi alla terza media o, in taluni casi, alla sola licenza elementare; al contrario tra i figli di persone con un titolo di laurea, oltre la metà arriva ad un diploma di scuola media superiore o alla stessa laurea».

L’ASCENSORE SOCIALE È GUASTO

Il cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana, ha illustrato la questione educativa nella presentazione del Rapporto della Caritas. «Serve un villaggio educativo – ha egli affermato -,  per dare fiducia e la possibilità di continuare a studiare, i mezzi per continuare a studiare e per rafforzare quell’anello sempre debole mentre l’ascensore sociale è guasto, è rotto da tempo. E c’è poi l’educazione che non viene garantita e che perpetua, quella che è quasi come una povertà ereditaria. Per questo c’è una dimensione che viene sottolineata, la dimensione sociale, la territorialità, la rete che si deve ricreare. Io penso che questo sia un grande compito delle nostre comunità e quindi delle Caritas che non sono l’agenzia a cui noi esternalizziamo il compito della carità, perché la carità non si esternalizza».

L’OPINIONE DELLA CARITAS

Ad avviso della Caritas italiana è importante che i giovani maturino esperienze lavorative durante il periodo scolastico come avviene in altre parti d’Europa, tuttavia è anche vero che se il problema è il basso livello di scolarizzazione anche il livello dei lavori sarà basso. C’è poi il problema, ormai storico, dei laureati sotto impiegati e delle competenze che non sono adeguate alle richieste di mercato. Non sono questioni nuove ma rendono più grave una situazione appesantita dalla pandemia. Del resto il problema della povertà in Europa nel 2020 riguardava 96,5 milioni di persone, il 21,9% della popolazione complessiva del continente.

Condividi: