Quante volte in strada siamo passati davanti a quelle cabine fotografiche e quante volte ne abbiamo fatto uso. Abbiamo tirato da un lato la tendina di tela, abbiamo regolato lo sgabello dalla seduta circolare facendolo roteare in un senso oppure nell’altro a seconda dell’altezza necessaria alla collimazione dei nostri occhi con la linea dell’obiettivo della fotocamera posta dietro il cristallo; poi ci specchiati un’ultima volta per vedere se i capelli e i vestiti erano a posto e quindi abbiamo introdotto il denaro nella fessura per poi andarci a sedere rimanendo immobili in attesa dello scatto.
UN RITO CHE HA ACCOMPAGNATO L’EVOLUZIONE DEI COSTUMI
Infine, in trepidante attesa, abbiamo trascorso i cinque minuti (che oggi si sono ridotti a soltanto poche decine di secondi) prima che la macchinetta facesse uscire le quattro fototessera in bianco e nero. Senza tuttavia toccarle, poiché ancora umide di stampa, si doveva completare il processo di asciugatura mediante il caratteristico getto di aria calda fuoriuscente dalla cabina. Quattro scatti mille lire, così un tempo recitava l’insegna su questi scatoloni stretti all’interno dei quali ci si muoveva con difficoltà, ma nei quali si andava volentieri al fine di ottenere immagini di noi stessi che avremmo poi consegnato nelle mani di un impiegato dell’anagrafe o dell’ufficio passaporti della questura. In fondo si trattava di un rito cui ci si sottoponeva volentieri, qualcosa che ha segnato anche i tempi, il costume, l’evoluzione della società.
SE LE CABINE FOTOGRAFICHE POTESSERO PARLARE…
Già, perché se potessero parlare quelle cabine fotografiche ci racconterebbero di ordinaria amministrazione e narcisismo, evoluzione della moda e «selfie» ante litteram, dinamiche sociali e culturali, differenze e omologazioni, uno spaccato della società insomma. Ebbene, lo scorso 23 settembre ad Ariccia, cittadina dei Castelli Romani non distante dalla Capitale, sono stati celebrati i sessant’anni di vita della Dedem (oggi Gruppo Dedem), principale impresa produttrice italiana di cabine fototessera che attualmente conta proprie filiali anche in Spagna e in Israele. Alla presenza dei vertici societari (che sono poi dei dipendenti Dedem che grazie ai sacrifici e alla determinazione ne hanno rilevato la quota di maggioranza del capitale), delle autorità locali, ad esperti e storici della fotografia e di un nutrito pubblico, si è ripercorsa questa bella e interessante storia, densa di inventiva, iniziativa e lavoro.
UNA STORIA LUNGA SESSANT’ANNI (PER ORA)
Una storia fino a ora durata sessant’anni che viene narrata mediante fotografie e testimonianze, sviluppandosi lungo un percorso comune alle trasformazioni del Paese: dal bianco e nero al colore, dall’analogico al digitale, dai primordi della tecnologia in questo campo all’avvento dei computer: tutto in una cabina e in un’impresa che è sempre stata in grado di innovarsi allo scopo di essere al passo con le nuove tecnologie e le mutate necessità della gente. L’evento di Ariccia si è articolato in due fasi, apparentemente distinte ma in realtà strettamente legate: nel corso della prima i protagonisti dell’universo dell’imprenditoria, dell’economia e delle Istituzioni si sono confrontati sul Made in Italy e sulle realtà che costituiscono gli asset dell’economia nazionale e la spina dorsale del sistema-paese.
DUECENTO ANNI DI «SELFIE»
Di particolare interesse l’intervento dell’ingegner Fabio Calorio, Head of UX and ID Sales and Global Brand Extension di Pininfarina, che ha fatto cenno alla collaborazione in atto tra l’eccellenza nel settore del design e dell’automotive per la quale lavora e la Dedem. Si tratta dello sviluppo di un progetto innovativo incentrato sulla rivisitazione del concept di cabina fototessera, che investe complessivamente gli aspetti della forma (dunque della percezione del bello e del gusto), dell’ergonometria e dell’antropometria. La seconda fase ha invece visto l’intervento di un panel formato da esponenti del mondo della cultura e da studiosi dei fenomeni di costume e della società. Essi hanno dialogato sul selfie nei duecento anni della fotografia, in particolare concentrando il focus sul «prodotto fototessera» inteso nelle sue molteplici accezioni di strumento di controllo sociale, veicolo di espressione artistica e mezzo di esplorazione identitaria.
UN MONDO IN CONTINUA EVOLUZIONE
Dedem rappresenta dunque un esempio virtuoso e di successo nel Made in Italy; in azienda lavorano oggi cinquecento persone, questo grazie a una crescita che malgrado le gravi crisi congiunturali degli ultimi anni non si è però interrotta. La società si è aperta all’internazionalizzazione senza tuttavia cedere alle sirene della localizzazione della produzione. Al fine di conferire continuità e compimento al progetto imprenditoriale, nel 2017 la dirigenza aziendale ha promosso un’operazione di management buy-out, acquisendo il Gruppo dai suoi fondatori attraverso la rilevazione di buona parte del capitale sociale, mantenendo gli eredi di questi ultimi alla sua partecipazione in qualità di soci di minoranza. Di seguito è possibile ascoltare la registrazione audio dell’intervista con tre protagonisti di rilievo dell’evento dello scorso 23 settembre: il citato Fabio Calorio, Alberto Rizzi (CEO di Dedem S.p.A.) e Irene Alison (giornalista e photo consultant) (A481).