POLITICA, lutti. La scomparsa di Virginio Rognoni

È spento nel sonno la scorsa notte all’età di novantotto anni Virginio Rognoni, politico di formazione cattolica che rivestì diverse cariche nel corso della cosiddetta prima Repubblica. «Gingio», come lo chiamavano i suoi amici di partito, la Democrazia cristiana, docente presso la facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Pavia, la sua città, fu infatti un personaggio di primo piano, intellettuale e politico, amante delle lettere e del teatro, uomo politico della sinistra cattolica, fu vicepresidente della Camera dei Deputati ministro e poi dell’Interno negli anni della fase terminale dei cosiddetti anni di piombo in Italia (dal 1978 al 1983), sostituendo di fatto al Viminale il suo predecessore Francesco Cossiga, dimessosi a seguito dell’assassinio di Aldo Moro da parte dei terroristi delle Brigate rosse, seppure formalmente subentrò al Presidente del Consiglio in carica, Giulio Andreotti, che aveva assunto la carica ad interim. Attraversò quella fase che incluse la strage alla stazione di Bologna del Bologna 2 agosto 1980. Erano anni molto difficili per il Paese, in seguito Rognoni venne accusato di aver lasciato solo a Palermo il generale Carlo Alberto dalla Chiesa dopo avergli affidato la prefettura del capoluogo siciliano conferendogli poteri straordinari per combattere la mafia. Non venne riconfermato al Viminale da Bettino Craxi. In seguito ricoprì le cariche di ministro di Grazia e Giustizia e della Difesa. Dopo il dissolvimento della Dc, aderì dapprima al Partito Popolare e quindi, dopo la sua fondazione, al Partito Democratico.

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