Dopo il rallentamento registrato all’inizio dell’anno, nel secondo trimestre il prodotto interno lordo italiano (Pil) è invece cresciuto dell’1%, cioè del 4,6% rispetto al dato registrato nel corrispondente periodo del 2021. «Un dato al di là delle aspettative – secondo il professor Mario Baldassarri, intervenuto come di consueto alla trasmissione di approfondimento dei temi economici “Capire per conoscere” -, che potrebbe replicarsi anche nel terzo trimestre del 2022 per effetto del “boom” del settore turistico».
SODDISFAZIONE PER LA CRESCITA, TUTTAVIA…
Tuttavia, sempre ad avviso di Baldassarri (che è stato viceministro della Repubblica e attualmente presiede il Centro studi economia reale), seppure la previsione per l’anno in corso indichi tutto sommato un buon tasso di crescita, pari al 2,5-2,7%, «a seguire, cioè nel 2023, si prevede un andamento al di sotto dell’1%, sarà dunque rispetto a quello scenario che andranno tarate le politiche economiche, varando una manovra di sostegno all’economia di respiro triennale. Cinquanta miliardi reperiti però senza scostamenti di bilancio e ulteriori deficit e debito».
MANOVRE DI SOSTEGNO E «DECRETI SOSTEGNO»
«Il paradosso, anche del Governo Draghi – ha proseguito allo specifico riguardo Baldassarri -, negli ultimi mesi sono stati varati almeno tre decreti “sostegno” la cui somma complessiva degli stanziamenti potrebbe raggiungere i 45 miliardi di euro. Perché 45 miliardi spezzettati mese per mese non producono gli stessi effetti che noi invece auspicavamo già in febbraio? Per la semplice ragione che quando interventi del genere vengono dispersi a pioggia su tutti i settori, l’effetto finale non si ottiene. Al contrario, una manovra forte fatta subito avrebbe invece avuto effetti sulle aspettative, dimostrando la presenza dello Stato attraverso la sua vigorosa politica economica nelle quantità sufficienti».
IL PAESE È PIOMBATO NELLA CAMPAGNA ELETTORALE
Ma il problema è oltremodo noto: a seguito della crisi dell’esecutivo presieduto da Mario Draghi il Paese è piombato nella campagna elettorale e, tra sei settimane, gli italiani verranno chiamati al voto, con il dibattito politico incentrato quasi esclusivamente su coalizioni, candidature e collegi, alleanze elettorali e sondaggi. Quindi nessuno parla concretamente di cosa si dovrà fare il giorno 26 settembre, cioè ventiquattro ore dopo la chiusura delle urne. «Annunciare adesso una politica strutturale seria per i prossimi tre anni significherebbe accontentare una parte del potenziale elettorato e scontentarne un’altra».
NECESSARIA UNA POLITICA ECONOMICA VERA
«I margini per una politica economica concreta ci sarebbero pure: la spesa pubblica ammonta all’incirca a 900 miliardi di euro all’anno, le entrate dello Stato ammontano a qualcosa di più di 850 miliardi all’anno, ebbene, senza aumentare tasse e debito è all’interno di quelle poste che si dovrebbe operare, spostando le risorse da sprechi e malversazioni per allocarle in sostegno di investimenti e occupazione. Insomma, si tratta di ristrutturare il bilancio pubblico dal lato della spesa e dal lato delle entrate». Un aspetto grave è che l’assenza di prospettive in politica economica coincide con la vigilia di una serie di scadenze istituzionali.
IMPORTANTI SCADENZE A BREVE TERMINE
In settembre la Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza (Nadef) dovrà essere fatta sulla base delle previsioni tendenziali; quindi la Legge di bilancio 2023, che dovrà venire varata dal nuovo governo che si insedierà a Palazzo Chigi dopo le elezioni, Legge di bilancio che (almeno teoricamente) entro il 15 ottobre prossimo dovrà essere fatta pervenire alla Commissione europea e al Parlamento italiano, per essere poi approvata entro il 31 dicembre. Ma entro quella stessa data dovranno venire varate anche le riforme strutturali collegate con il PNRR, si badi bene: non soltanto le leggi delega, ma anche tutti i decreti delegati.