CINA POPOLARE, Africa. La lunga mano di Pechino sul continente: primo investitore estero, vi esercita una crescente influenza

Come “misurare” l’espansionismo cinese nel mondo e, nello specifico caso, in Africa? Inquadrandolo nelle normali dinamiche economico-finanziarie oppure nel duro confronto in atto che attualmente sta contrapponendo Pechino a Washington, combattuto a colpi di dazi commerciali e arresti di amministratori dei colossi industriali? Probabilmente, il modo migliore di farlo è quello di considerare entrambi gli ambiti.

 

Infatti, la Cina Popolare è ormai divenuta una potenza mondiale il cui peso politico a livello internazionale non corrisponde però alla sua stazza economica, conseguentemente, attraverso la sua crescente influenza sui paesi che ricadono sistematicamente nella sua sfera cerca di riequilibrare la propria posizione all’interno dei consessi internazionali.

 

E in ciò risiede la prima risposta ai quesiti formulati in precedenza: attraverso il possesso di ingenti quote del debito estero degli stati suoi creditori Pechino è nelle condizioni di acquisire e poi consolidare posizioni dominanti, anche e soprattutto in Africa. Al riguardo va rilevato che dal punto di vista numerico gli stati africani costituiscono un terzo di quelli aderenti all’Onu, non meraviglia quindi che i cinesi rinvengano in essi interessi di natura strategica. Nel 2009 la Cina ha rimesso debiti ai Paesi africani per complessivi tre miliardi di dollari, mentre sei anni dopo ha concesso delle agevolazioni sui debiti pubblici cancellando quelli a tasso di interesse zero. È facile comprendere cosa significhi questo, basti pensare a un paese come lo Zambia, che si è indebitato per otto miliardi di dollari.

 

Tuttavia non si tratta solo di un ribilanciamento nelle sedi internazionali, poiché un gigante economico e militare come la Repubblica Popolare ha anche altre impellenti necessità. Come le materie prime, che un’industria in forte espansione richiede in sempre maggiori volumi. Quindi il controllo delle fonti di approvvigionamento. E l’Africa è un fornitore formidabile. L’Uganda è il suo terzo fornitore di petrolio, mentre attraverso l’Etiopia transiterà un gasdotto lungo settecento chilometri, attualmente in fase di costruzione, che collegherà l’interno del continente con il porto di Gibuti.

 

Per Pechino l’Africa è importante anche in relazione al suo progetto della cosiddetta Nuova Via della Seta, in particolare al suo segmento marittimi, cioè dove transitano le navi cariche di materie prime e di prodotti finiti. Geostrategia: le coste africane e le acque prospicenti sono la via per il Golfo di Aden, la ferrovia che attraverso l’Etiopia raggiunge il terminale di Gibuti e la base militare dell’Armata popolare di liberazione cinese si affacciano direttamente su Bab el-Mandeb. Da lì, le navi cargo che trasporteranno i prodotti di esportazione verso l’Europa potranno evitare la circumnavigazione del continente, sfruttando il Canale di Suez verranno collegati l’Oceano Indiano, il Mar Rosso e il Mediterraneo. Non è detto però che riescano a portare a termine con successo i loro progetti, sfruttandone adeguatamente i loro investimenti in Africa, poiché – il passato cinese insegna qualcosa – potrebbero ritrovarsi con una notevole esposizione debitoria.

 

A oggi, in ogni caso, l’influenza di Pechino in Africa è crescente, mentre altri (Usa ed Europa) invece perdono posizioni. La Cina detiene il 15% del mercato africano,, a fronte del 6% degli Stati Uniti d’America e il 3% della Francia. Con un incremento degli investimenti da 10 a 170 miliardi di dollari, nel periodo 2002-2017 è divenuta il primo partner commerciale dell’Africa. Ma attualmente i  loro investimenti in Africa rappresentano soltanto il 3% di quelli complessivamente effettuati a livello globale. Forse è anche per questo che nel settembre scorso, in occasione del VII Summit sino-africano, il presidente Xi Jinping abbia annunciato nuovi investimenti in Africa per 60 miliardi di dollari, annunciando contestualmente il varo di provvedimenti finalizzati all’alleggerimento del debito dei Paesi del continente.

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