VATICANO, Cina Popolare. Accordo: Pechino non sembra voler addivenire a modifiche

Il portavoce del ministero degli esteri cinese, Zhao Lijian, ha risposto alle dichiarazioni del Pontefice dichiarando che: «Dalla firma dell'accordo provvisorio tra Cina e Vaticano sulla nomina dei vescovi, esso è stato attuato con successo con gli sforzi di entrambe le parti, che continueranno a portare avanti i lavori correlati in conformità con l'agenda concordata»

Lo scorso lunedì, l’arcivescovo Claudio Maria Celli, che da quaranta anni si occupa di Cina ed è capo delegazione per i negoziati volti al rinnovo dell’accordo sino-vaticano, è stato in visita dal Pontefice. L’udienza è stata concessa anche al fine di discutere del rinnovo dell’accordo sino-vaticano, la cui proroga scadrà il prossimo 22 ottobre.

TEMPI CINESI

In una intervista ad ACI Stampa, il cardinale Parolin aveva detto di sperare che fosse rivisto l’accordo, i cui contenuti restano tuttora confidenziali. Parlando con la Reuters, il Papa ha affermato che «le cose vanno bene e che, è vero che ci sono state sei nomine episcopali in quattro anni, ma che si tratta di tempi cinesi». Ottimismo che non ha trovato però riscontri nella Repubblica Popolare, dove il portavoce del ministero degli Esteri, Zhao Lijian, ha risposto il 6 luglio a una domanda dell’AFP sulle dichiarazioni rese da Papa Francesco riguardo all’accordo sino-vaticano nel corso della sua intervista alla Reuters. L’alto funzionario cinese ha dichiarato: «Dalla firma dell’accordo provvisorio tra Cina e Vaticano sulla nomina dei vescovi, l’accordo è stato attuato con successo con gli sforzi di entrambe le parti. Le due parti continueranno a portare avanti i lavori correlati in conformità con l’agenda concordata».

SMENTITA O DEPISTAGGIO?

Oltre Tevere ci si interroga su questa replica, poiché la si può leggere in due diversi sensi: si tratta di un modo di smentire un possibile viaggio di Bergoglio oppure è un depistaggio? Al riguardo,  monsignor Javier-Herrera Corona, rappresentante vaticano non ufficiale a Hong Kong, ha in seguito inteso mettere in guardia i cattolici locali esortandoli a prepararsi «un futuro più duro, fintantoché Pechino stringerà il controllo sulla città, chiedendo contestualmente ai suoi colleghi di «proteggere le missioni». Egli, incontrando i missionari, ha detto loro che «è meglio che siano preparati al cambiamento» e inoltre, che «Tokyo non è più la grande cattolica testa di ponte che era un tempo».

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