«Ne abbiamo parlato già in precedenza: i prezzi delle materie prime energetiche e i loro aumenti non andrebbero rapportati ai contratti spot, bensì a quelli di fornitura di medio-lungo termine stipulati in precedenza, seguiti successivamente dal recapito del prodotto, gas o petrolio, alla frontiera italiana». Così si è espresso il professor Mario Baldassarri, già viceministro della Repubblica e attuale presidente del Centro studi economia reale, che è intervenuto nel corso della consueta trasmissione “Capire per conoscere”, andata in onda a Radio Radicale lunedì 21 marzo.
LO CONTO NON TORNA
Come ha per altro ricordato anche il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani, nell’ultimo anno il prezzo del gas fissato nei contratti spot è aumentato del 400%, quello del gas importato in Italia ha subito soltanto un incremento pari al 50%, in quanto acquistato sulla base di contratti di medio-lungo termine. Conseguentemente, lo scarto in aumento sui prezzi in bolletta è un riverbero del tutto opaco, e lo stesso vale per il petrolio. Va dunque ripercorsa la filiera di costi e dei margini aggiuntisi via via al costo iniziale della materia prima energetica.
Al riguardo si rifletta sul prezzo del greggio, che dieci anni fa era balzato a 147 dollari al barile (contratti spot), tuttavia, in quel medesimo periodo i prezzi dei carburanti non superavano un euro e quaranta centesimi. Oggi il prezzo di un barile di greggio si è attestato a 110 dollari, ma i carburanti alla pompa vengono erogati al prezzo di due euro e quaranta.
TASSARE GLI EXTRAPROFITTI E RIDURRE ACCISE E IVA
Idem per quanto concerne l’energia elettrica, che per altro in Italia viene generata soltanto per il suo 42% in centrali a gas, ma è egualmente interessata da aumenti dei prezzi nonostante questi ultimi non corrispondano ai costi della sua produzione. Evidentemente i conti non tornano, quindi si renderebbe necessario osservare con maggiore attenzione e puntiglio il lato dei margini di profitto di tutte queste operazioni e la relativa tassazione (accise e Iva), al fine di rilevare eventuali abusi di posizioni di mercato.
In questo senso è andato il provvedimento varato venerdì dal Governo Draghi è stato pressoché immediato, esso ha ridotto le accise tassando gli extraprofitti delle imprese. Tuttavia – sottolinea Baldassarri – seppure concepito allo scopo di tamponare la critica situazione venutasi a creare per famiglie e imprese,
PURTROPPO TAMPONARE LA FALLA NON BASTA
Come ha concorda to anche il ministro Daniele Franco, questi aumenti dell’energia si sono determinati già prima del divampare della guerra in Ucraina, accrescendo l’onere delle categorie di utenti di due miliardi di euro a trimestre. Nel primo trimestre del 2022, a fronte di ventidue miliardi di costi in più a carico di queste ultime, il governo aveva stanziato una somma pari a cinque miliardi in loro sostegno. «L’ulteriore incremento dei prezzi di gas e petrolio, anche a seguito del conflitto in Ucraina, ha però fatto schizzare a trentadue miliardi a trimestre l’aggravio», puntualizza l’economista presidente del Cser.
Se il livello dei prezzi delle materie prime energetiche e dell’elettricità permarrà attestato a questi livelli anche nei prossimi mesi a fine anno si rasenteranno addirittura i cento miliardi in più, con evidenti riflessi negativi su consumi delle famiglie e investimenti delle imprese. Una prospettiva inquietante, poiché l’impatto sulla crescita sarebbe sensibile, deprimendola dall’auspicato 4,7% anche fino a sotto l’1%, una brusca frenata della ripresa.
CHE FARE?
Nel corso della trasmissione sono stati trattati anche gli argomenti relativi alle reazioni in ambito europeo e della Banca centrale europea, incluso l’intervento del Commissario europeo all’Economia Paolo Gentiloni Silveri. «Altro che “economia di guerra” – ha concluso Baldassarri -, ma la guerra pone in evidenza la dipendenza strutturale dai fornitori di materie prime energetiche che sta scontando oggi l’Europa. Un’Europa che dovrebbe dare un segnale forte, così come ha fatto fronteggiando la pandemia attraverso il Next Generation EU, passando dai provvedimenti sul breve termine a un bilancio federale europeo che finanzi tre diverse operazioni: un fondo a sostegno delle imprese europee penalizzate dall’effetto boomerang delle giuste sanzioni imposte alla Russia di Putin; costituire finalmente una vera Difesa europea in ambito NATO, nel quadro di una federazione degli Stati del Vecchio continente; la terza operazione, che è la più urgente di tutte, è il varo di un piano energetico europeo che conduca a una diversificazione strategica delle fonti e, contestualmente, alla riduzione della dipendenza da singoli fornitori».
Di seguito è possibile ascoltare l’audio integrale della registrazione della trasmissione (A421)