UCRAINA, conflitto. Kiev tra Sparta e Atene

Dai tempi di Pietro il Grande la strategia russa è sempre stata la stessa: sbocco al mare (Baltico e Mar Nero), colonizzazione e sfruttamento della Siberia, contenimento dell’Islam (all’epoca incarnato dall’Impero Ottomano) e creazione in Europa di una fascia di sicurezza a spese degli altri (baltici, polacchi, ucraini e tedeschi

di Marco Pasquali, già responsabile della Biblioteca Capitolina e attuale vicepresidente dell’Associazione Nazionale del Fante – Tutti mi chiedono che faranno ora i Russi, che nel frattempo hanno ampliato la loro offensiva militare in Ucraina e puntano alle grandi città. Se lo sapessi non starei qui ma al NATO College, oppure consulente ben pagato di qualche istituto di ricerca, anche se va detto che proprio molti analisti di professione hanno sottovalutato la situazione e non certo da ora.

UNA DECISIONE SCONCERTANTE

Per il resto ho le stesse informazioni che hanno gli altri: frammentarie, parziali e partigiane, mentre i giorni precedenti all’attacco sapevamo tutto sullo schieramento di terra e di mare, ripreso dai satelliti e divulgato in rete. Davamo per scontato che i Russi avrebbero occupato e annesso il Donbass e forse qualcos’altro in Crimea, ma lasciando l’Armata ai confini come deterrente e strumento di pressione politica, con reali risultati sul medio e lungo periodo.

Ha sconcertato tutti dunque la decisione di scatenare un’invasione su larga scala di un paese che gravita da sempre fra due culture diverse ma che è fondamentalmente europeo. Il problema è culturale: nella nostra mentalità non ritenevamo più praticabile una guerra su larga scala; al massimo era prevedibile l’annessione delle due zone dove la minoranza russa aveva proclamato l’indipendenza dall’Ucraina, superando gli Accordi di Minsk in realtà mai applicati per la resistenza anche proprio del governo ucraino, restio a concedere un’autonomia alle zone del Donbass.

GUERRA SU LARGA SCALA

Governo che si direbbe difficile da inquadrare in uno schema preciso: per Putin l’Ucraina non esiste, va liberata e denazificata, mentre per noi è un paese sovrano libero di scegliere da che parte stare, anche se non è chiaro quanto abbiano pesato nel 2014 le offerte e le pressioni americane ed europee per quello che ancora oggi viene descritto più come un colpo di stato che un vero processo democratico. Tutto infatti parte da qui: dal momento in cui l’Ucraina non ha firmato l’accordo doganale con la Russia e si è invece orientata verso l’Unione Europea, sganciandosi dunque dalla tradizionale area di influenza russa, ma senza immaginare che gli Americani non erano disposti a impegnarsi in profondità. Biden poi come presidente si è visto di che pasta è fatto: Afghanistan docet.

E parliamo della NATO. Una volta caduto il Muro di Berlino (novembre 1989) i paesi prima aderenti al Patto di Varsavia si sono man mano smarcati con la fine dell’Unione Sovietica (1991) e all’inizio del nuovo secolo sono entrati nella NATO.

NON OLTREPASARE L’ODER-NEISSE

C’era un accordo non scritto per evitare l’espansione a Est di un’alleanza nata proprio per contenere l’URSS, ma questo non è stato rispettato, col risultato di frustrare i Russi e proiettarli nella classica sindrome di accerchiamento. Fino all’ascesa di Putin la Russia e il suo esercito stavano comunque a pezzi e il presidente Eltsin era debole. Da parte americana si è quindi fatto l’errore di confondere l’Unione Sovietica con la Russia e non prevedere la futura rinascita di una nazione fortemente coesa.

Ora, si dirà: ma un paese che occupa undici meridiani può sentirsi accerchiato solo perché la terra è tonda?  Ebbene, chi ritiene Putin un uomo misterioso e la politica estera russa ambigua, meglio farebbe a studiare storia moderna. Dai tempi di Pietro il Grande (regnò dal 1682 al 1725) la strategia russa è sempre stata la stessa: sbocco al mare (Baltico e Mar Nero), colonizzazione e sfruttamento della Siberia, contenimento dell’Islam (all’epoca incarnato dall’Impero Ottomano) e creazione in Europa di una fascia di sicurezza a spese degli altri (baltici, polacchi, ucraini, tedeschi, etc.).

I «CUSCINETTI»DI MOSCA

La popolazione russa è concentrata verso l’Europa e la Russia è un paese europeo, invaso ora dagli Svedesi, ora da Napoleone, ora da Hitler. Niente di strano che da sempre venga tenuta frapposta una zona di stati cuscinetto neutrali o vassalli. Esattamente quello che l’espansione della NATO ha Est ha distrutto, creando solo frustrazione.

Resta casomai da capire perché una faccenda così importante non sia stata mai messa per iscritto e affidata solo a promesse verbali o a note di ambasciata. Lo stesso Putin, se voleva negoziare o rinegoziare con la NATO, ha avuto vent’anni di tempo, né gli mancavano certo gli strumenti di pressione diplomatica per frenare l’aggressività americana da Bush in poi. In fondo, l’autodeterminazione dei popoli non vale soltanto per il Kosovo e la NATO aveva mantenuto il carattere di un’alleanza esclusiva, concettualmente ferma alla divisione tra Est e Ovest. Integrare la Russia nel sistema economico e politico europeo si è visto che non è facile, vista la sua struttura di potere, ma c’è stato comunque un periodo in cui si poteva fare certamente di più.

UN PASSO INDIETRO

Torniamo dunque un passo indietro. Dopo la Caduta del Muro (1989) l’Unione Sovietica si dissolve e al suo posto rinasce la Russia, mentre i paesi legati al Patto di Varsavia si rendono indipendenti dall’alleanza nata nel dopoguerra per contrastare la NATO. Tutto questo avviene negli anni Novanta del secolo scorso, in un momento di particolare debolezza per la Russia e la CSI (Confederazione di Stati Indipendenti) intorno al nucleo centrale. In questo contesto molti paesi dell’Europa orientale chiedono di aderire sia all’Unione Europea (che a tutt’oggi conta ventisette membri) che alla NATO (attualmente trenta membri, di cui ventidue nell’Unione Europea). Ma se la UE è un’unione politica ed economica, la NATO ha funzioni essenzialmente militari e l’articolo 5 prevede l’aiuto reciproco fra paesi membri in caso di attacco anche a uno solo di essi. È chiaro a questo punto perché le tre Repubbliche Baltiche o la Polonia hanno aderito alla NATO: non per invadere la Russia, ma per difendersi dai Russi. Neanche strano che Putin non voglia l’ingresso dell’Ucraina nella NATO: finché ne resta fuori essa deve difendersi da sola, né c’è proporzione tra i due eserciti, come si è visto in queste ultime settimane.

POTENZIAMENTO DELL’ARMATA RUSSA

Mosca negli ultimi quindici anni ha investito molto sul rinnovamento e lo sviluppo delle sue forze armate, e soprattutto ha reagito nei tempi lunghi alla situazione di inferiorità in cui gli Americani l’avevano costretta. Non si può dunque comprendere la situazione attuale senza capire che la graduale estensione della NATO è stata sentita dalla Russia come una minaccia alle proprie frontiere, non più separate dall’Europa occidentale da una zona di stati-cuscinetto, di fatto vassalli.

Ma se l’Unione Sovietica era finita, la Russia aveva invece le forze per rinascere, era solo questione di tempo. Sicuramente meglio sarebbe stato garantire una fascia neutrale, inserita nell’UE ma non nella NATO, oppure trasformare la NATO in un’alleanza per la sicurezza, inclusiva invece che esclusiva. Questo avrebbe meglio indirizzato gli sforzi, per esempio contro il pericolo islamista, con il quale i Russi devono confrontarsi sul terreno delle repubbliche asiatiche ex-sovietiche.

SEMPRE LA STESSA STORIA

E passiamo ora all’Ucraina. Negoziati o meno, i Russi stanno distruggendo un paese con cui dovranno comunque convivere, non fosse altro perché metà delle famiglie ucraine ha parenti russi. Sicuramente pensavano di fare una guerra lampo, ma, come scriveva nel 1928 Remarque in “Niente di nuovo sul fronte occidentale”, «Non si aspettavano di trovare tanta resistenza».

Sempre la stessa storia: a Budapest (1956) o a Praga (1968) i carri armati russi entrarono da liberatori, salvo accorgersi che buona parte della gente la pensava diversamente. E se vogliono entrare in Kharkiv (già Kharkov: nella Seconda guerra mondiale ci hanno combattuto quattro battaglie!) o in Kiev (o Kjiv?) i soldati sanno che combattere strada per strada in città popolate da uno o due milioni di abitanti è una rogna che può durare mesi che si traduce in una snervante guerriglia urbana.

L’esercito ucraino è molto inferiore per qualità e quantità a quello russo, tuttavia, l’Ucraina è enorme e capace di resistenza diffusa.

RESISTENZA UCRAINA E GUERRA IN AREE DENSAMENTE URBANIZZATE

Si è anche parlato molto di guerra partigiana, ma su quello esprimo qualche dubbio: organizzarla richiede capacità superiori a quelle di un esercito regolare e infatti ha funzionato dove un forte partito nazionalista o comunista stava già sul terreno, o dove (e penso alla Jugoslavia di Tito) una parte della Difesa territoriale era stata organizzata per tempo decentrando i depositi di armi e carburante in luoghi meno accessibili e addestrando sistematicamente i riservisti su base locale.

Distribuire armi o tenerle nei depositi di caserma da sola non basta se la gente non sa usarle o se i Russi sanno già dove cercarle. E sicuramente agiscono da mesi agenti infiltrati o collaboratori fidati.

Detto questo, un’ultima considerazione. Si può vincere sul piano militare, ma perdere sul piano strategico.

LA PROBABILE SCONFITTA DI PUTIN SUL PIANO STRATEGICO

Putin non può permettersi una guerra prolungata: la Federazione Russa ha un prodotto interno lordo inferiore a quello italiano e la colonna di mezzi corazzati e logistici lunga sessanta chilometri che sta puntando su Kiev in tre giorni di autonomia consuma da sola qualcosa come due milioni di litri di carburante, più olii lubrificanti, viveri e munizioni.

I russi che manifestano per la pace in quaranta città del loro paese sanno bene che presto dovranno rifare le file per il pane come ai tempi sovietici e anche questa è una delle ragioni che li spingono a scendere in piazza. Dico «anche», perché nessun russo percepisce gli ucraini come stranieri: mica sono ceceni o abkhazi. Quindi tutti hanno interesse al negoziato, anche se ci si poteva arrivare con meno spesa, lacrime e sangue.

TUTTI HANNO BISOGNO DI UNA SOLUZIONE ONOREVOLE

Tutti hanno bisogno di una soluzione onorevole. E se Putin cadrà (magari per la rivolta degli oligarchi), è perché l’Unione Europea ha dimostrato maggiore compattezza e sa diversificare le armi e gli strumenti di pressione. Nessuno se lo aspettava, ma sottovalutare le democrazie è un classico dei regimi autocratici.

Infine, una parola sui profughi: l’Italia è il paese europeo dove vive la più estesa comunità ucraina, in maggioranza lavoratori e lavoratrici che svolgono mansioni meno qualificate (le donne sono l’80%). Si spera che saremo capaci di accogliere degnamente le migliaia di profughi che fuggono realmente da una guerra. Finora si è registrata una grande empatia con il popolo ucraino, ora è il momento di passare ai fatti.

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