a cura di Giuseppe Morabito, generale dell’Esercito italiano e membro del Direttorio della NATO Defence College Foundation – Per settantatré anni, la NATO ha preservato la pace e rafforzato i fondamenti della democrazia, della libertà e dello stato di diritto in buona parte dell’Occidente. Basata su un legame indissolubile tra Europa e Nord America, essa è passata da dodici a trenta membri, ampliando la zona di serenità e, quasi ovunque, di democrazia, nell’ambito della quale la sola ipotesi di una guerra è divenuta impensabile.
La sicurezza degli Stati membri è stata rafforzata dai contributi di partner in Europa e nel mondo, dal Medio Oriente, al Nord Africa, al Golfo Arabico all’Oceania, che condividono l’impegno duraturo per la pace e la sicurezza collettiva. Oggi, l’Alleanza deve affrontare forse la serie di sfide più complesse della sua storia e continuare a scoraggiare, difendere e affrontare tutte le minacce all’area euro-atlantica. L’urgenza è la caratteristica distintiva di questa nuova fase strategica, data sia la natura che la portata delle minacce poste ai valori dell’Alleanza, minacce crescenti per i cittadini dei Paesi membri rispetto al passato e soprattutto prima della pandemia.
UN PUNTO DI SVOLTA E ALCUNI FONDAMENTALI INTERROGATIVI
L’anno iniziato da poco più di un mese costituisce un punto di svolta per la NATO. Sarebbe un esercizio semplicistico pensare che il suo futuro riguardi solamente ciò che sta accadendo oggi in Ucraina. La crisi attuale è di estremamente importanza e gravità, tuttavia, il futuro dell’Alleanza non coincide esclusivamente con le relazioni con la Russia. Infatti ci sono altre questioni vitali che vanno affrontate: Quale sarà il ruolo della NATO in Europa e nel resto del mondo? Di quale tipo di NATO ci sarà bisogno entro il 2030 se si vuole davvero continuare a preservare in modo credibile la pace e proteggere la democrazia di cui hanno beneficiato quasi tutte le popolazioni dei Paesi membri?
Per quanto riguarda le crisi in Afghanistan e ai confini delle Russia si tratta di due situazioni differenti. Purtroppo, non c’è molto che la NATO possa fare di più per il coraggioso popolo afghano, oltre a imparare le lezioni di una campagna durata venti anni (il tempo di quattro guerre mondiali e nonostante questo poi fallita) e la necessità di una coesione politica più solida, un uso più intelligente della forza militare, una maggiore integrazione civile-militare e strategie più attuabili. La sconfortante sintesi è che bisogna imparare dai propri errori, e quelli finali e fatali sono riconducibili all’amministrazione Biden, e farne tesoro.
STRATEGIA NATO 2022
L’Ucraina è un’altra questione. La strategia NATO 2022 è chiara: l’Alleanza sta ponendo in essere un’iniziativa di deterrenza in cui gli alleati fanno (o, almeno, dovrebbero fare) tutto il possibile per aiutare Kiev a difendersi, dissuadere la Russia dall’aggressione e quindi aumentare la possibilità di perseguire una soluzione di natura politica al conflitto nel Donbas. La NATO ora dovrebbe fornire impulso alle forniture di equipaggiamenti e all’addestramento militare degli ucraini, oltre a rafforzare la resilienza di quel paese nei confronti di attacchi informatici, disinformazione, guerra economica e sovversione politica.
Al momento, quanto fatto, assieme alle minacce di sanzioni da parte dell’Unione europea, è chiaramente insufficiente a cambiare le sorti di un conflitto armato nell’ area. I russi hanno una prevalenza locale, sia in termini di mezzi che operativa, qualcosa che in caso di conflitto spazzerebbe via l’avversario in poche ore. Si può discutere del «poi», ma non dell’epilogo degli eventuali combattimenti.
Ci vorrà tempo prima che venga completata l’azione volta ad aiutare e ad addestrare le forze armate ucraine, onde facilitarne l’acquisizione di moderni sistemi difensivi pagati con finanziamenti comuni. Gli aerei, gli armamenti terrestri e le unità rischierate a rinforzo dei paesi amici, al momento, hanno solo valenza propagandistica e non mutano i rapporti di forza sul campo.
MORIRE PER KIEV E TBILISI?
L’Ucraina rappresenta una prova di determinazione collettiva. Per diversi alleati che non si trovano ai confini orientali né della NATO né dell’Unione europea, e che devono fare fronte a economie post-pandemia con crescenti e importanti debiti pubblici, la crisi in atto costituisce un grosso fastidio, anche nel dover solo spiegare all’opinione pubblica che è necessario prepararsi ad avere perdite, di vite ed economiche, per salvaguardare i confini e la stabilità dell’Ucraina.
Non da meno, ci sarebbe poi da argomentare che un siffatto sostegno in chiave antirussa dovrebbe venire offerto anche alla Georgia. Non credo che in Europa ci siano molti paesi pronti a perdere vite in supporto di un paese che rimane certamente «amico», ma certamente non «alleato».
Preservare la pace e proteggere le persone richiederà all’Alleanza Atlantica (affiancata dell’Unione europea) la capacità credibile di scoraggiare le aggressioni e di affrontare la continua minaccia costituita anche dal terrorismo, con l’instabilità che esso genera. La neutralizzazione del capo dell’ISIS in Siria da parte delle forze speciali americane è un successo, ma anche indice del fatto che il problema permane reale e non appare al momento risolto. La difesa collettiva, la gestione delle crisi, la sicurezza cooperativa rimarranno le tre missioni principali dell’Alleanza, ma in un contesto strategico radicalmente mutato e mutevole rispetto al passato.
MOSCA E LA PERICOLOSA «LINEA ROSSA»
Esempio evidente di tale cambiamento risiede nell’inarrestabile ascesa della Cina Popolare quale superpotenza economica e militare, che incide sugli sforzi di Washington in materia di sicurezza e Difesa. Attualmente l’unico modo attraverso il quale gli americani potranno mantenere la loro capacità di garantire la sicurezza all’Europa sarà quello di un impegno maggiore degli europei nella propria difesa. Questa è una delle tante lezioni geopolitiche apprese dalla crisi ucraina. Gli americani non stanno soltanto affrontando la prospettiva di un’aggressione russa, ma anche una Cina sistematicamente alla ricerca di modi e mezzi per indebolirli, anche sfruttando la crescente richiesta di dimostrazione di potere a cui le forze statunitensi sono sempre più soggette in tutto il Pianeta .
A parere di chi scrive Mosca non oltrepasserà la «linea rossa» scatenando la guerra in Ucraina, e c’è ancora tempo per trovare una soluzione diplomatica nella partita a scacchi organizzata da Mosca.