ENERGIA, nucleare in Italia. È una opzione realmente esplorabile oppure soltanto uno specchio per le allodole?

In attesa di ulteriori cattive notizie provenienti dai paesi fornitori di materie prime energetiche fossili, che incrementerebbero il «gap» generato dall’impossibilità di soddisfare il fabbisogno energetico nazionale con fonti rinnovabili (almeno nella misura e nei tempi fissati nei piani comunitari), si è riacceso veemente lo scontro sul ritorno al nucleare, centrali a «zero emissioni» di CO₂ che non farebbero arrabbiare neppure Greta Thunberg, questo in vista dell’agognata fusione nucleare del prossimo radioso futuro. Peccato che si tratti soltanto di una polemica fatta di argomenti speciosi utili esclusivamente ad arruffare l’opinione pubblica

«Governo spaccato», «torna ad accendersi lo scontro all’interno della maggioranza che sostiene il Presidente del Consiglio dei ministri Mario Draghi», «tensioni tra i partiti tra chi sostiene il ritorno al nucleare e chi invece vi è contrario», «caro-bollette e nucleare sono al centro del dibattito»… la polemica sul possibile ritorno all’elettro generazione da nucleare è nuovamente divampata al calor bianco, apparentemente anche alla intervenuta consapevolezza di certa politica riguardo alle falle che si stanno aprendo sul fronte dell’approvvigionamento energetico. Un fronte che – si passi la metafora bellica – potrebbe anche rischiare di crollare a causa dei rivolgimenti sul campo dell’equazione energetica internazionale e delle variabili endogene ed esogene che su di essa incidono.

IL FUTURO «È GREEN», TUTTAVIA…

«Il futuro è Green» ha dichiarato nel pomeriggio di ieri all’ANSA il coordinatore nazionale di Forza Italia Antonio Tajani, aggiungendo però che «per ottenere questo risultato serve gas e nucleare pulito, come indica chiaramente la Commissione europea, oltre allo sblocco immediato di progetti e investimenti in energie rinnovabili». A stretto giro gli ha replicato mediante un altro lancio di agenzia il co-portavoce di Europa Verde Angelo Bonelli, che ha affermato che «con il nucleare aumenterebbe il costo delle bollette», poiché ha egli argomentato, «sono i numeri a dirlo: 123 euro per megawatt/ora contro i 100 del gas e gli incidenti nucleari sarebbero catastrofici», interrogandosi infine sul ruolo svolto da uno degli attuali paladini della svolta nucleare, il leader della Lega: «Ma Salvini difende gli interessi dell’Italia o dell’industria nucleare francese?».

RIAPRIRE DOSSIER SCOTTANTI

Quest’ultimo, cavalcando la tigre del caro-bollette dopo che negli ultimi tempi quella dei no-vax è divenuta meno presentabile, ha fatto ricorso a fonti inoppugnabili, sottolineando come «nel report di Bank of America sul caro energia nel 2021-22 gli italiani sono fra quelli che subiranno la stangata peggiore, quasi mille euro in più a famiglia, con i rincari più alti in Europa nel 2022». Egli ha poi aggiunto che «le misure studiate dall’esecutivo non sono sufficienti» e quindi ha chiesto non solo di stanziare nuovi fondi per attutire l’impatto dei rincari, ma anche di riprendere in esame il tema relativo alla realizzazione di nuove centrali nucleari: «Il governo deve intervenire subito e con più miliardi e occorre subito investire di più sul gas e sulla ricerca sul nucleare pulito di ultima generazione», concludendo che «non possiamo permetterci i “no” ideologici di Letta e di certa sinistra».

I CONTI DELLA SERVA

Ma risolverebbe davvero il problema la costruzione oggi, 8 gennaio 2022, di nuovi impianti nucleari in questo paese? Per comprendere meglio la realtà dei fatti è però necessario mettere da parte la demagogia e gli eccessi della retorica e tentare di delineare uno scenario concreto, magari partendo dagli errori del passato e tenendo conto ovviamente della recente “tassonomia” europea vigente in materia.

Intanto va rilevato come in Italia il problema vero non sarebbe tanto quello degli anni (molti) che ci vorrebbero per costruire nuove e moderne centrali nucleari, quanto quello degli anni (molti) prima che qualcuno decida di farle costruire. Infatti, in questo paese l’ultimo committente di centrali di elettro generazione da nucleare è stato l’ENEL, che a distanza di anni ovviamente non è intenzionato a scottarsi di nuovo le mani e quindi ha subito preso le distanze dalla vicenda.

CENTRALI «A NOSTRA INSAPUTA»

L’ultima volta che in Italia si riparlò di nucleare fu ai tempi del piano Scajola, quando il politico di Albenga ricopriva la carica di ministro dello Sviluppo economico nel governo Berlusconi. Ma, al netto delle veementi reazioni politiche suscitate allora, una volta che egli si dimise per via della casa in via del Fagutale a Roma ricevuta «a sua insaputa», Palazzo Chigi bloccò tutto. Era già in piedi la committenza dell’ENEL, che aveva in animo di commissionare la realizzazione di quattro centrali francesi del tipo EPR (European Pressurized Reactor) della potenza di 1.500 MW, ognuna delle quali equivalenti alle quatto che erano in esercizio in Italia, che avrebbero quindi coperto la totalità del carico di base.

Cassata dunque l’ipotesi si è continuò ad alimentare le centrali elettriche a gas, ricorrendo allo scopo anche a un fortunato battage pubblicitario che dipinse tutto di un leggiadro azzurro che evocava una eterea pulizia, in questo il magistrale artista Jean Michel Folon fece scuola.

IN ATTESA DEL PROVVIDENZIALE REFOLO DI VENTO…

Che succederà adesso? La risposta a questo interrogativo è tanto semplice quanto inquietante: non avendo la possibilità di sostituire i combustibili fossili in Italia si continueranno a pagare bollette salate ancora per un bel pezzo, stante, per altro, l’evidente impossibilità, per tutta una serie di ragioni, di sostituire il parco veicoli a motori endotermici attualmente circolante con auto elettriche in misura tale da ridurre in tempi brevi il ricorso ai combustibili fossili.

A questo punto però l’interrogativo diventa un altro: entro quali limiti il sistema-paese sarà in grado di reggere le crescenti penalizzazioni sul piano economico? Il campanello di allarme ha suonato ormai da un bel pezzo: crisi libica, tensioni nel Mediterraneo, graduale esaurimento delle riserve di gas olandese, gasdotto North Stream 2 bloccato, venti di guerra al confine polacco e, è di pochi giorni fa, destabilizzazione del Kazakistan.

…SCORDIAMOCI DEL NUCLEARE

Il governo Draghi sta intervenendo per ridurre gli effetti di questa congiuntura negativa aggravata dalle scelte in politica energetica risalenti al passato, ma quanto potrà durare? In ogni caso ci si deve scordare del nucleare, poiché chi ne parla fa soltanto un esercizio di retorica a buon mercato utile esclusivamente ai fini di una operazione di «distrazione di massa».

Già, poiché anche se domattina venisse formato un esecutivo favorevole all’atomo che godesse del sostegno del 99,9% dei parlamentari della Repubblica, un governo quindi in grado di varare un piano normativo necessario ad avviare un programma di realizzazione di moderne centrali nucleari in Italia, la prima di esse non riuscirebbe a entrare in funzione prima di dieci o quindici anni. Questo perché nel settore nucleare non è possibile correre, dato che sono necessari adeguati tempi tecnici che garantiscano la massima cornice di sicurezza degli impianti.

CAVALCARE LA TIGRE

Chi immagina (o asserisce in mala fede) di poter invece giungere a soluzioni miracolose in tempi più brevi, probabilmente sta strumentalizzando la situazione che si è venuta a creare nel Paese. L’opinione pubblica italiana oggi è spaventata dalla possibile crisi degli approvvigionamenti di materie prime energetiche, gas naturale in primo luogo, e qualcuno magari pensa di poter sfruttare a proprio vantaggio questa condizione di debolezza e mancanza di consapevolezza. Ma, purtroppo, la politica energetica italiana ormai pare abbia superato il suo punto di non ritorno, dunque sarà difficile proporre alternative realmente valide.

E non sarà certo qualche nave gasiera salpata dal Qatar a supplire alla carenza di gas di questo Paese, poiché gli ordini di grandezza del problema son ben diversi. Dunque, nostro malgrado, dovremo continuare a osservare con estrema trepidazione la situazione a Oriente, perché a questo punto se per diverse ragioni l’Italia dovesse perdere quote significative di gas russo saranno davvero guai seri.

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