ARTE, fotografia. La scomparsa di Sabine Weiss, leggendaria ultima rappresentante della scuola umanista francese

Al pari di Doisneau, Boubat, Willy Ronis e Izis, aveva immortalato la vita semplice della gente, senta per questo rivendicare forme di “influenza” su ciò che fissava sulla pellicola. Pioniere della fotografia del dopoguerra, divenne ben presto una esponente di spicco della scuola umanista francese

Se ne è andata a novantasette anni ieri l’altro nella sua casa parigina, in quella capitale culturale del mondo dove aveva scelto di vivere dal lontano 1949, dopo le brutalità e le tristezze di una terribile guerra che aveva dilaniato e sconvolto l’Europa. Sabine Weiss (nata Saint-Gingolph) aveva avuto i suoi natali in Svizzera nel 1924, poi si era trasferita in Francia, naturalizzandosi francese nel 1995. In Boulevard Murat aveva allestito il suo studio, ma il suo obiettivo fu sempre sulle persone, sul mondo. «Una buona foto – soleva affermare – deve toccare, essere ben composta e spogliata». La Weiss ha certamente impresso il suo tratto sulla storia della fotografia.

ESPONENTE DI SPICCO DELLA SCUOLA UMANISTA

Al pari di Doisneau, Boubat, Willy Ronis e Izis, aveva immortalato la vita semplice della gente, senta per questo rivendicare forme di “influenza” su ciò che fissava sulla pellicola. Pioniere della fotografia del dopoguerra, divenne ben presto una esponente di spicco della scuola umanista francese. La svolta decisiva della sua carriera venne segnata dal suo ingresso nell’agenzia Rapho, resa possibile nel 1952 da Robert Doisneau. Fu da allora, infatti, che le sue fotografie iniziarono a venire pubblicate dalle maggiori testate giornalistiche francesi e internazionali.

Le sue opere vennero esposte in occasione di centinaia di mostre, sia in Francia che all’estero, al  Museum of Modern Art, al Metropolitan Museum of Art e al Centre Pompidou. Nel 2020 le venne assegnato il premio Women in Motion 2020.

UNO SCATTO PER «CONSERVARE L’EFFIMERO»

Attraverso i suoi scatti fissò, rendendola in qualche modo eterna, la vita quotidiana di Parigi. «Fotografo per conservare l’effimero – affermava -, per fissare il caso, conservare in un’immagine ciò che scomparirà, come i gesti, gli atteggiamenti egli oggetti, che sono testimonianze del nostro passaggio».

Tra le sue fotografie più celebri figurano i ritratti di Benjamin Britten, Igor Stravinsky e Fernand Leger, oltreché, in particolare, le immagini dei bambini: «Quando fotografa i bambini diventa bambina lei stessa: non esistono assolutamente barriere tra lei, loro e la sua macchina fotografica», così raccontava suo marito Hugh Weiss, artista anch’egli. Inoltre la moda e i reportage dal mondo.

Il prossimo 11 marzo, sarà La Casa dei Tre Oci di Venezia a dedicarle il primo tributo internazionale, con una personale per la quale lei stessa aveva messo a disposizione il suo archivio personale parigino.

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