AFRICA, aree di crisi. Nilo: da fiume della vita a oggetto di contesa

La situazione critica nella regione, aggravata dal contenzioso tra Egitto ed Etiopia sulla diga in costruzione sul Nilo Azzurro, il GERD voluto da Adis Abeba. Al Cairo qualcuno sta anche pensando di risolvere il problema dello stress idrico con uno strike dei bombardieri di al-Sisi

di Giuseppe Morabito, generale dell’Esercito italiano , attualmente membro del Direttorio della NATO Defence College Foundation – Chi oggi si trovasse a fare una passeggiata per Il Cairo potrebbe pensare che l’Egitto sia un paese ricco d’acqua, poiché il Nilo, cioè il fiume più lungo del mondo, è ampio e profondo nel suo tratto in cui attraversa la capitale di quel Paese arabo prima di sfociare nel Mare Mediterraneo dopo aver irrigato le terre del suo ampio delta.

La storia ci tramanda che gli egiziani sono coscienti di esistere solo perché il loro fiume esiste, ma la realtà è che l’intero Egitto è purtroppo classificato dalle Nazioni Unite come un paese in una situazione di stress idrico e sull’orlo dell’emergenza a causa della scarsità di acqua.

POCA ACQUA ED ESPLOSIONE DEMOGRAFICA

Questa emergenza sembrerebbe inevitabile, dato che il Nilo, fonte del 95% dell’’acqua dolce per il Paese arabo, appare sotto assedio. In prima analisi perché il mutamento climatico rende le estati più calde e secche e aumenta l’evaporazione, inoltre, contemporaneamente sta provocando un innalzamento del livello del Mar Mediterraneo. Questo crea il problema dell’aumento della salinità delle acque nell’area settentrionale, fertile e sfruttata dall’agricoltura.

La popolazione è in rapida crescita e aumenta di conseguenza la domanda di prodotti alimentari. Una situazione, quella demografica, che preoccupa, al punto che il presidente al-Sisi ha chiesto agli egiziani di considerare un eventuale controllo delle nascite. Come se non bastasse, la minaccia maggiore per le acque del Nilo non è nemmeno in Egitto, ma è il GERD (Grande diga rinascimento etiope) ed è percepita al Cairo come minaccia sia ambientale sia alla sicurezza del paese.

LA GRANDE DIGA ETIOPICA FONTE DI  INSTABILITÀ REGIONALE

Il GERD è la più grande infrastruttura africana, una diga dal costo di cinque miliardi di dollari situata a seicento chilometri a nord ovest di Adis Abeba. È in fase di completamento sul Nilo Azzurro, l’affluente in territorio etiopico del Nilo che fornisce la maggior quantità d’acqua fiume, il cui letto poi prosegue in direzione del Mediterraneo attraverso il Sudan. Il GERD è indicato come il fattore della rinascita dell’Etiopia e ha la capacità di fornire energia attraverso due centrali elettriche costruite a ridosso della diga, a settanta milioni di etiopi, sollevando molti di loro dallo stato di povertà, mettendo però il Paese nella posizione di rivale economico del confinante Egitto. Gli egiziani ritengono che l’enorme diga fornisca all’Etiopia il controllo effettivo del fiume, tanto che le trattative per raggiungere un’equa utilizzazione dell’acqua e trovare un accordo tra Etiopia, Sudan ed Egitto sono in stallo da anni. E non si riavvieranno presto, ora che l’Etiopia è divenuta teatro di una guerra civile, con la capitale, Addis Abeba che rischia l’assedio per settimane o mesi.

LE PAURE DEL CAIRO E I BOMBARDIERI PRONTI ALLO STRIKE

La grande paura del Cairo è che, in assenza di un accordo, se dovesse verificarsi una siccità anche temporanea, si creerebbero le condizioni, per l’Etiopia, di essere costretta ad accumulare per sé l’acqua del Nilo Azzurro, provocando una crisi alimentare nei paesi a valle e la rapida crisi delle loro economie. Ecco perché il governo egiziano considera il GERD una questione di vita o di morte e il presidente al-Sisi ha dichiarato nel settembre 2020 all’ONU che «il Nilo non deve essere monopolizzato da uno stato», aggiungendo che «per l’Egitto l’acqua del Nilo è una questione esistenziale».

Nessuno ha reale consapevolezza di quanto siano davvero essenziali queste acque dolci più delle popolazioni che vivono nel suo delta, genti che da millenni fa affidamento sul Nilo per irrigare i terreni. Le foto della diga e l’enorme potenziale specchio d’acqua dietro a essa hanno ormai convinto gli egiziani e il loro governo che sia un pericolo evidente e attuale, al punto che un attacco aereo egiziano per distruggerla o renderla inutilizzabile non verrebbe più ritenuto impossibile. Rimane da capire quale paese sia disposto a fornire al Cairo le bombe idonee a un attacco del genere, ameno che esse non siano già state rese disponibili.

TUTTE LE OPZIONI SONO APERTE

Al-Sisi ha lasciato intendere che tutte le opzioni sono aperte al fine di bloccare il GERD, anche se nel corso di una conferenza stampa tenuta a Budapest in ottobre egli aveva dichiarato, in parziale contrasto con le affermazioni precedenti, che l’Egitto vuole che «l’acqua non sia la causa del conflitto o scontro, ma piuttosto la fonte dello sviluppo e la cooperazione tra i paesi».

Alcuni influenti generali egiziani adesso in pensione, hanno tuttavia evidenziato come l’Etiopia, avendo costruito la diga su un corso d’acqua che attraversa più paesi, abbia ignorato le leggi internazionali. essi hanno fatto inoltre intendere che non permetteranno a nessuno «di far venire sete all’Egitto».

Anche l’ex presidente americano Donald Trump, quando presentò l’accordo diplomatico tra Israele e Sudan, si schierò chiaramente in favore del Cairo nella controversia sul GERD. Al momento il Nilo si trova ancora in normale piena stagionale e gli agricoltori del Delta sono dunque in grado di ricevere acqua dolce a sufficienza per le loro coltivazioni di cotone, riso e agrumi, ma non c’è dubbio che il problema permarrà prioritario nell’agenda del governo egiziano.

LA SFIDA PER IL CAIRO

Il GERD si pone quindi come la maggiore sfida diplomatica (si spera non militare) che deve affrontare al-Sisi, atteso che l’intero sistema del Nilo attraversa undici paesi, di cui l’Egitto è l’ultima tappa di un percorso di 6.650 chilometri che inizia nel lago Vittoria in Uganda.

Per capire meglio bisogna avere le idee chiare dal punto di vista geografico. In particolare, il Nilo è alimentato da tre affluenti principali: il Nilo Bianco, che nasce dal lago Vittoria, l’Atbara, il più piccolo, che si unisce al fiume in territorio sudanese, e il Nilo Azzurro, che ha origine dal lago Tana e che convoglia le piogge cadute nell’altopiano etiopico.

L’Etiopia, paese piovoso dell’area, fornisce quindi circa l’85% dell’acqua del Nilo Azzurro, che a sua volta convoglia la maggior parte dell’acqua del Nilo. Il Nilo Azzurro e quello Bianco s’incontrano a Khartoum, la capitale del Sudan, che è a circa 1.600 chilometri a sud del Cairo. Il GERD si trova sul Nilo Azzurro a quarantacinque chilometri a est del confine col Sudan ed è stato costruito dalla primaria società di costruzioni italiana, Webuild (già Salini Impregilo).

CONTROVERSIA APPARENTEMENTE INSANABILE

I lavori di realizzazione della diga sono iniziati nel 2011, quando l’Egitto era alle prese con la rivoluzione popolare che porto alla deposizione di Hozni Mubarak, dunque si suppone che l’Etiopia abbia sfruttato la crisi interna al potente vicino per espandere le dimensioni della propria diga, dopo di che, gli sforzi profusi dal Cairo in ambito internazionale al fine di ridimensionare il progetto GERD sono falliti.

La struttura della diga è stata praticamente completata e il vasto serbatoio di acque che si creerà coprirà un’area grande circa quanto la città di Londra. La controversa seconda fase del processo di riempimento è terminata a luglio, mentre l’ulteriore afflusso di acqua dovrebbe proseguire per diversi anni, non si può ancora definire quanti, durante la stagione delle piogge in Etiopia.

Il governo egiziano sostiene che Adis Abeba stia ignorando lo storico accordo di condivisione dell’acqua con Egitto e Sudan, intesa che nella sua sostanza, prevedeva una stabile e robusta immissione di acqua nel tratto di Nilo egiziano. Per parte sua l’Etiopia crede di non aver bisogno del permesso di costruire, riempire e far funzionare la diga. Comunque, le notevoli piogge degli ultimi due anni hanno permesso all’Etiopia di iniziare a riempire il serbatoio della diga senza ridurre in maniera evidente la portata delle acque in direzione nord e quindi anche secondo le agenzie Onu finora non ci sono stati gravi danni a valle.

RISCHI SOLTANTO RINVIATI

Ma questo non significa che le preoccupazioni egiziane siano eccessive, poiché il rischio è sia quello di un’accelerazione del riempimento del GERD, che quello di siccità prolungate. Quindi, l’Egitto sostiene che accordi sulla velocità di riempimento della diga e il suo funzionamento a lungo termine ridurrebbero le preoccupazioni per gli effetti sull’agricoltura egiziana e le conseguenti tensioni diplomatiche.

Passando all’Etiopia, la situazione nel paese sfugge ormai a ogni possibilità di essere decifrata. Il governo etiope afferma di aver riconquistato diverse località che erano cadute in mano ai ribelli del Tigray e il primo ministro etiope avrebbe anche invitato i ribelli a deporre le armi promettendo una tregua «per il bene di tutti». Buoni propositi, ma le milizie del Tigray sono ben equipaggiate e agguerrite e, soprattutto, sembrerebbero in grado di arrivare ad Addis Abeba.

La Cina Popolare appoggia apertamente il governo etiope e farà di tutto, per meri propri interessi economici legati allo sfruttamento delle risorse naturali, affinché la situazione nella capitale non precipiti sulla falsariga di quanto avvenuto a Kabul.

LA CRISI IN ETIOPIA

Già da alcune settimane i paesi membri dell’Unione europea hanno ripiegato parte del personale dall’Etiopia perché si pensa che la situazione possa diventare ingovernabile, anche in maniera improvvisa, e quindi la cautela del ritiro, almeno temporaneo anche delle famiglie dei dipendenti delle ambasciate, si è resa necessaria. In questo la crisi afghana ha fatto storia e l’Occidente ha acquisito esperienza su come agire quando lo scenario non appare completamente sicuro.

Fino a quando la situazione ad Adis Abeba non sarà chiarita e pacificata, sarà difficile riattivare un dialogo costruttivo tra le parti, perché attualmente non si ha certezza di chi e come possa rappresentare l’Etiopia in modo duraturo e credibile.

Non manca neppure il sospetto che l’Egitto si possa prendere la rivincita sull’Etiopia agendo come fece Adis Abeba ai tempi della rivoluzione popolare contro Mubarak. Oggi Il Cairo potrebbe approfittare della crisi interna del suo vicino per bloccare il funzionamento e lo sviluppo della diga, magari anche usando direttamente le armi.

Si rischia un “pan per focaccia tra assetati” o “la prima guerra dell’acqua africana” per salvaguardare, da parte del Cairo, il fiume che fornisce la linfa di vita agli egiziani o, da parte di Adis Abeba, reagire e resistere per salvaguardare il probabile miglior futuro economico della sua popolazione.

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