Che cosa è davvero una minaccia alla sicurezza nazionale di un Paese? Le opinioni pubbliche spesso non hanno una precisa cognizione di questo concetto, soprattutto in fasi storiche come quella attuale, che si caratterizzano per la loro proteiformità, laddove tutto muta molto in fretta, anche i parametri relativi ai conflitti che mantenevano la loro validità ancora fino a poco tempo fa.
FINE DEI TRADIZONALI PARADIGMI
Già, poiché i tradizionali paradigmi ai quali si è fatto finora riferimento con una relativa dose di affidamento hanno in parte visto sfumare la loro intrinseca validità. Oggi, infatti, il confronto e lo scontro non hanno più luogo esclusivamente in quelle che erano le dimensioni avvolgenti del recente passato (terra, mare e aria), bensì molto oltre, in un ambiente globale e spaziale sempre più fluido, connesso e complesso.
Ma, come spiegare all’opinione pubblica la diuturna trasformazione in atto senza ingenerare in essa un eccessivo livello di allarme sociale? Come farle metabolizzare il fatto che, seppure non se ne stia rendendo compiutamente conto, sono in atto dei conflitti di natura ibrida?
L’ERA DELLA «GUERRA IBRIDA»
Oggi il concetto è alla ribalta delle cronache, principalmente a causa degli avvenimenti che si stanno verificando alla frontiera tra Polonia e Bielorussia, dove il regime di Lukashenko ha impiegato masse di profughi e migranti per destabilizzare l’Unione europea, ma in realtà di hibryd warfare si discute da anni, almeno da quando la rivoluzione informatica ha imposto un ripensamento delle tradizionali strategie difensive di Stati e alleanze internazionali, non soltanto in campo prettamente militare, ma anche in quelli economico, politico, sociale, culturale, scientifico e industriale.
Come asserirono ormai più di venti anni fa Liang e Xiangsui, i due colonnelli dell’ufficio pianificazione strategica dello stato maggiore generale dall’Armata di Liberazione nazionale sino-popolari, non esiste più «un tempo di guerra», bensì «un‘era della guerra», nella quale i conflitti si sono andati gradualmente de-territorializzando, alimentando così l’ingovernabilità e la conflittualità complessiva.
UNO SCONTRO MULTIDIMENSIONALE
Nuove modalità di confronto dunque, su scala globale e sia con avversari «sistemici» (come la Repubblica Popolare cinese), che con attori statuali (come la Russia di Putin), ma anche non statuali, quali le organizzazioni e i gruppi terroristici ovvero i sodalizi criminali transnazionali. Ognuna di queste entità è in grado di colpire e invalidare i sistemi edificati sulla base dei principi della democrazia, della libertà e della partecipazione. Lo possono fare sia spingendo masse di migranti alle frontiere dei Paesi occidentali, che infiltrandovi nuclei di terroristi, sia attraverso il condizionamento delle normali dinamiche politiche ed economiche che mediante la disinformazione e persuasione occulta nel web.
Lo scontro ha luogo in diverse dimensioni, è appunto multidimensionale, e ovviamente comporta un affinamento della strumentazione necessaria al combattimento, quali l’intelligenza artificiale (AI), la guerra cibernetica, le nanotecnologie e molto altro.
MUTAMENTO DI STRATEGIA
Tuttavia, oltre agli strumenti difensivi occorre adeguare anche le strategie che prescindono al loro impiego, cioè si deve elaborare la pianificazione facendo riferimento a un contesto multidominio su scala regionale e globale, dato che l’attuale dimensione conflittuale è allo stesso tempo fisica, virtuale e cognitiva. In termini concreti, questo non significa altro che anticipare il carattere mutevole della guerra post-industriale, che per la NATO vuole dire focalizzare, sincronizzare e coordinare gli sforzi profusi dai suo diversi membri, onde evitare decrementi capacitivi dello strumento difensivo dell’Alleanza.
Si tratta dell’oggetto della pianificazione di lungo termine concepita nel quadro del NATO 2030 e del NATO’s Warfighting Capstone Concept (NWCC), attualmente dibattuta in attesa di una sua approvazione al prossimo vertice di Madrid del 2022.
NATO INDUSTRY FORUM 2021 ROME
In questo senso il NATO Industry Forum 2021 (NIF21) rappresenta una delle principali sedi vocate al dialogo strategico tra decisori politici, militari e imprese, in particolare riguardo ai momenti della pianificazione, sviluppo e attuazione delle capacità dell’Alleanza atlantica.
Quest’anno la settima edizione dell’evento ha luogo nella capitale italiana, presso il Cavalieri Waldorf Astoria Hotel. Articolato su due giornate di lavoro, il 17 e il 18 novembre e due diverse sessioni: nel corso della prima sono state affrontate le tematiche relative alle soluzioni pratiche al fine del miglioramento del livello di agilità nell’acquisizione di nuovi sistemi, all’impatto delle Emerging Disruptive Technologies (EDT), al cloud networking, all’intelligenza artificiale e ai sistemi aventi funzioni autonome; nella seconda è stato valutato sul piano strategico il panorama della Difesa e della Sicurezza, oltre alle capacità necessarie nel prossimo decennio alle Forze armate in e del miglioramento della resilienza della NATO nell’attuale contesto geopolitico.
RICERCA, INDUSTRIA E DIFESA
Al riguardo, sottolineando il «fondamentale ruolo svolto dalla ricerca e dall’industria alla luce delle sfide poste», il generale Paolo Ruggiero, NATO’s Deputy Supreme Allied Commander Transformation, ha rilevato inoltre come il NIF21 costituisca «un fondamentale momento di confronto, approfondimento e analisi che vede protagonisti tre attori “chiave”: il livello politico dell’Alleanza, quello militare e quello dell’industria, non esclusivamente del comparto Difesa, perché anche altre componenti contribuiscono allo sviluppo capacitivo di assetti nell’ambito delle aree di interesse della NATO».
Ad avviso del generale Luciano Portolano, Segretario generale della Difesa e a capo della Direzione nazionale armamenti, intervenuto al NIF21 nel primo pomeriggio di ieri, si rende necessario «un set-up nella cooperazione tra ricerca e industria che coinvolga anche le piccole e medie imprese nella contribuzione allo sviluppo del nuovo concetto strategico dell’Alleanza».