Ci saranno anche i ministri degli esteri di Russia e Turchia domani alla Conferenza internazionale sulla Libia di Parigi, ma non i presidenti, infatti sia Vladimir Putin che Recep Tayyip Erdoğan se ne resteranno rispettivamente a Mosca e ad Ankara ad attendere gli esiti del vertice. Un vertice, che inizierà nel priimo pomeriggio e che si concluderà con una conferenza stampa congiunta di Francia, Italia, Germania, Onu e Libia.
Al vertice dovrebbe prendere parte una vice importante, la statunitense Kamala Harris, mentre tanti altri protagonisti della scena mondiale e regionale hanno confermato la loro presenza. I lavori alla Maison della Chimie, il centro congressi della capitale francese, verranno co-presieduti dal padrone di casa, Macron, dalla cancelliera tedesca Angela Merkel e dal capo del governo italiano Mario Draghi.
INNEGABILI DIFFICOLTÀ
Un po’ di cifre: se le elezioni in Libia sono state indette per giorno 24 dicembre, simbolica data del settantesimo anniversario dell’indipendenza del Paese nordafricano, quello di domani è invece il settimo vertice internazionale organizzato allo scopo di risolvere la crisi. A seguito degli incontri di Parigi del maggio 2018, ci sono stati quelli di Palermo (novembre 2018), Abu Dhabi (marzo 2019), Berlino 1 (gennaio 2020), Berlino 2 (giugno 2021) e, infine, Tripoli nell’ottobre di quest’anno.
Dal momento nel quale questa conferenza venne annunciata all’Onu, con il processo elettorale avviato, la situazione permane tuttavia incerta e molti sono i nodi che si sarebbero dovuti sciogliere in precedenza ma che non si è fatto, a partire dalla presenza delle milizie e dei mercenari nel Paese, alla difficoltà di compilare delle attendibili liste dell’elettorato passivo.
ELEZIONI IN DUE TURNI?
Nei corridoi delle cancellerie ha iniziato a circolare una bozza finale «ufficiosa» della conferenza, che sarebbe stata redatta da Francia ed Egitto e che – si asserisce – sosterrà l’organizzazione di elezioni parlamentari e presidenziali proceduralmente in simultanea, cioè articolate su un primo turno delle presidenziali il 24 dicembre 2021 e un secondo il 20 febbraio 2022, in simultanea con le consultazioni parlamentari.
Si vedrà domani, anche alla luce delle posizioni dei protagonisti libici della vicenda, cioè il presidente del Consiglio presidenziale libico Mohamed Al Menfi e il primo ministro Abdul Hamid Mohammed Dbeibeh, con quest’ultimo che, proprio in vista della Conferenza di Parigi, nei giorni scorsi si è consultato telefonicamente con il presidente del Consiglio italiano Mario Draghi per analizzare la questione delle elezioni.
Intanto proseguono i «pellegrinaggi» in giro per il mondo di Saddam Haftar, figlio del generale Khalifa Haftar (uomo forte della Cirenaica), che stavolta, a bordo dell’ormai noto jet personale di suo padre, è stato bloccato sulla pista dell’aeroporto parigino di Le Bourget dove era atterrato nel tentativo di prendere parte ai lavori della Conferenza, cosa che gli è stata però negata. Egli ha dovuto dunque fare ritorno a Bengasi.
FRANCIA, ITALIA E GERMANIA
In dubbio l’eventuale partecipazione della ministra degli Affari esteri del Governo di unità nazionale libico, Najla el Magoush, recentemente sospesa dal Consiglio presidenziale e impossibilitata a espatriare da un divieto, salvo poi essere reintegrata in seguito nell’esecutivo.
Il processo elettorale libico deve essere «incontestabile e irreversibile», questo il messaggio diffuso dall’Eliseo mediante una propria nota ufficiale. «Le elezioni sono a portata di mano – essa proseguiva -, un movimento forte è in atto in Libia affinché le elezioni si tengano». I rischi di una nuova esplosione del conflitto sono evidenti se una parte degli attori sulla scena libica non riconosceranno la legittimità dello scrutinio.
Ad avviso del presidente Macron, l’impegno di Roma e Berlino risulta dunque fondamentale al fine dell’ottimale coinvolgimento dell’Unione europea nell’esercizio di pressioni su Ankara e Mosca affinché collaborino concretamente all’attuazione dei termini stabiliti ai fini della stabilizzazione della Libia, ma, come accennato, gli ostacoli al processo elettorale attualmente si rinvengono principalmente all’interno della Libia, dove lo scenario politico si fa sempre più teso. Di tutto questo, nel pomeriggio insidertrend.it ne ha parlato con Emmanuel Dupuy, analista dell’Institut Prospective et Sécurité en Europe (IPSE).
Di seguito è possibile ascoltare l’audio integrale dell’intervista (A391)