STRATEGIA, dinamiche globali. G20 di Roma: un sacco di gente per niente

Il summit che ha riunito le maggiori potenze mondiali, il G20, si è chiuso oggi a Roma: l’agenda del vertice ha avuto luogo sulla base di una fitta, tuttavia, secondo l’analista francese Emmanuel Dupuy «piena di obiettivi difficili da conseguire»; insidertrend.it riporta uno stralcio dell’intervista rilasciata ieri dallo stesso presidente dell’IPSE di Parigi (Institut Prospective et Securité en Europe) al periodico “Atlantico”, rinviando a una lettura completa attraverso il seguente link: https://www.atlantico.fr/article/decryptage/un-g20-pour-pas-grand-chose-emmanuel-dupuy

Persone, pianeta e prosperità: questi i tre pilastri del G20 che questo fine settimana, sotto la presidenza italiana, dovrebbe affrontare un gran numero di problemi per cercare di risolverli. Ma, qual è la posta in gioco in questo vertice e, sono realmente conseguibili gli obiettivi che i «grandi» si sono posti?

Secondo Emmanuel Dupuy, durante la chiusura dell’ultimo vertice G20, quello a presidenza italiana che precede il prossimo, che avrà luogo in India nel 2022, verranno affrontate molte questioni, tra le quali quella relativa al riscaldamento globale (in vista del COP26 di Glasgow), Libia e contrasto del terrorismo nel Sahel, la stabilizzazione del Libano, gli aiuti all’Afghanistan e, ovviamente, l’autonomia strategica dell’Europa, argomento caro al presidente Emmanuel Macron.

IL «FOCUS» DEL VERTICE SULLE CRISI TRA I MEMBRI DEL G20

Quindi – ha proseguito Dupuy -, il vertice di Roma è «ostacolato» fin dall’inizio da argomenti di secondo piano rispetto all’agenda iniziale. Il focus del vertice mondiale si contrerà sulla crisi che i paesi del G20 stanno vivendo tra loro, come lo iato tra la Francia e gli Stati Uniti, oltreché la violazione del contratto tra la Francia e Australia. Sulla vicenda del partenariato AUKUS sono divenute ancora più tese le relazioni tra Francia e Gran Bretagna, già rese critiche in precedenza dal contenzioso sulla pesca alimentatosi con la Brexit; questo in un contesto caratterizzato dalle tensioni tra Cina e Usa a causa della politica di Pechino riguardo Taiwan e tra Cina e India e Cina a causa dell’attivismo di Pechino Indo-pacifico, con tutti i paesi del G20 che saranno desiderosi di denunciare l’attivismo cinese e la discordia scaturita dalla questione dei sottomarini.

Il presidente dell’IPSE ha sottolineato poi come il G20 si accinga a confermare la sospensione del debito dei paesi poveri, mentre, a suo avviso, «la catastrofe deriverà invece dal sovra indebitamento dei paesi più ricchi», dunque si tratterebbe di un errore.

«CONTRADDITORIETÀ E SCARSI RISULTATI»

Se l’obiettivo è quello di scompartimentalizzare il sistema internazionale, due ordini del giorno, però, secondo Dupuy apparivano contraddittori: la ricerca del dialogo dell’Occidente con i paesi emergenti in una fase in cui questi ultimi, alla luce degli sviluppi successivi al disimpegno dall’Afghanistan sembrano respingere questa mano tesa, e l’assenza di un “faccia a faccia” tra Xi Jinping e Vladimir Putin.  L’analista francese ritiene che ciò evidenzi una relativa mancanza di interesse da parte di questi fondamentali attori dello scenario mondiale per il G20. «Simbolicamente – argomenta allo specifico riguardo Dupuy -, la loro assenza contrasta con lo svolgimento lo scorso settembre a Dushanbe, in Tagikistan, del vertice dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, ora rafforzatasi con l’arrivo dell’Iran».

Di risulta, le conclusioni del presidente dell’IPSE non possono che essere pessimistiche, poiché – egli asserisce – «il vertice di Roma, in quanto tale, non porterà a molti risultati concreti, mentre gli unici davvero tangibili sono già stati ottenuti prima del G20, come, ad esempio, la tassazione del 15% delle multinazionali».

IL G20 È GIUNTO A UN PUNTO MORTO?

Il vertice mondiale di Roma per Dupuy può venire considerato «una serie di relazioni bilaterali», come dimostrato dall’incontro tra Macron e Biden, o quello programmato dallo stesso presidente francese con il primo ministro indiano Narendra Modi, l’indonesiano Joko Widodo ed eventualmente quelli con il turco Recep Tayyip Erdogan e il britannico Boris Johnson.

Questi grandi eventi internazionali intesi quali fora per la soluzione dei problemi mondiali sono dunque giunti a un punto morto?

Dupuy rileva come questi vertici informali siano divenuti sempre più frequenti nel corso del tempo, sia che si tratti del G7, del G20 creato o del gruppo di 77 paesi emergenti: «Si tratta di eventi che sembrano compensare l’incapacità di gestire le relazioni internazionali a livello multilaterale, soprattutto perché l’ONU non funziona più».

Leggi l’articolo completo:

https://www.atlantico.fr/article/decryptage/un-g20-pour-pas-grand-chose-emmanuel-dupuy

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