SOCIETÀ, sviluppo tecnologico. Anziani digitali: lost in (cyber)space

L’aumento esponenziale della digitalizzazione ha travolto con particolare forza le persone più anziane, portatrici di un pensiero strutturato secondo schemi analogici e naturalmente meno inclini al cambiamento determinato dalle (sempre meno) nuove tecnologie

A cura del Professor Avvocato Roberto De Vita, dell’Avvocato Antonio Laudisa e del Dottor Marco Della Bruna (Osservatorio Cybersecurity Eurispes), pubblicato sul periodico “De Vita Law” https://www.devita.law/anziani-digitali/ L’aumento esponenziale della digitalizzazione ha travolto con particolare forza le persone più anziane, portatrici di un pensiero strutturato secondo schemi analogici e naturalmente meno inclini al cambiamento determinato dalle (sempre meno) nuove tecnologie. Anche laddove sia in parte avvenuta, la transizione digitale degli anziani non si è accompagnata necessariamente a una vita serena di questi ultimi nel cyberspace, che è invece bisognosa e meritevole di tutela quanto (e più di) quella delle fasce d’età più giovani.

Prima di esaminare i numerosi studi sul tema della vita digitale, è doveroso premettere che questi impiegano il termine «anziani» in riferimento a differenti fasce d’età, talvolta partendo dai cinquantacinque anni, in altri casi dai sessantacinque anni in avanti. Pertanto, si specificherà di volta in volta a quali fasce di età fanno riferimento i dati che verranno riportati.

ALFABETIZZAZIONE DIGITALE DEGLI ANZIANI

La preoccupazione per l’alfabetizzazione digitale delle età più avanzate deriva (in primo luogo) dalla crescente percentuale che rappresentano nelle società occidentali e, in particolare, nel nostro paese, caratterizzato quest’ultimo da un inesorabile processo di invecchiamento della popolazione. Attualmente, infatti, gli over cinquantacinque rappresentano circa il 35% degli italiani; nel 2050, si stima che arriveranno quasi al 50 per cento [1].

La rilevanza di questo dato rende facilmente intuibile perché sia necessario intervenire sulla consapevole partecipazione alla vita online di fasce d’età che diventeranno metà della popolazione: informazione, flussi economici, tutela del risparmio e dei patrimoni, servizi essenziali e partecipazione alla vita sociale sono sempre più legate a Internet e, più in generale, all’ecosistema digitale e della iperconnessione.

Nessun Paese democratico potrà quindi permettersi di sottovalutare il pericolo di ritrovarsi con milioni di potenziali analfabeti digitali – la cui aspettativa di vita è di almeno altri venti/trenta anni – che rischiano di essere abbandonati a loro stessi e, soprattutto, resi facili prede di chi saprà approfittare della loro condizione di vulnerabilità, ad esempio per realizzare frodi e conseguire profitti proprio a danno dei più anziani o per condizionarne le scelte e l’opinione.

Negli ultimi due anni, infatti, l’accelerazione della conversione digitale delle attività quotidiane, della vita di relazione e dei servizi pubblici ha evidenziato ancor più come vi sia un importante divario generazionale tra i c.d. nativi digitali e la più numerosa fascia demografica dei loro genitori e nonni.

L’INEGUAGLIANZA DELLE OPPORTUNITÀ

Innanzitutto, è utile riportare un dato che mostra quanto sia ampia la differenza di utilizzo delle tecnologie digitali tra le varie generazioni: nell’Unione europea, solo il 20% degli over settantacinque utilizza Internet anche in modo occasionale, a fronte del 98% dei ragazzi tra i sedici e i ventinove anni [2].

Inoltre, per i più anziani il più delle volte si tratta di un uso limitato delle tecnologie digitali, costretto dallo spostamento online di determinati servizi pubblici o focalizzato in maniera quasi esclusiva sull’utilizzo dei social network. Infatti, a partire dai quarantacinque anni di età, si può osservare un trend per il quale le persone iniziano progressivamente a ricorrere ad internet sempre più per questo genere di funzioni di base; sempre meno, invece, per fare acquisti o per l’online banking.

Al contrario, è in costante aumento l’utilizzo della rete per accedere a determinati servizi culturali, dalla lettura di libri fino agli spettacoli teatrali, con una prevalenza di genere che, nel tempo, si è invertita a favore delle donne [3].

La tendenza, dunque, sembrerebbe indicare un uso ridotto di alcune funzioni offerte dal cyberspace a causa della mancanza delle necessarie competenze di base. A partire dai cinquantacinque anni di età, infatti, il 50% di chi fa uno scarso utilizzo di strumenti digitali dichiara di non avere le abilità necessarie; seguono, tra le motivazioni prevalenti, l’assenza di collegamento a Internet e la mancanza di interesse nei confronti del digitale [4].

Inoltre, è necessario considerare che le fasce di età più elevate scontano uno svantaggio determinante rispetto ai più giovani: la maggior parte non è inserita all’interno di contesti lavorativi o formativi che offrano l’opportunità di (o costringano a) sviluppare competenze digitali.

AGE PLATFORM EUROPE

A tal proposito, AGE Platform Europe (un network di organizzazioni non-profit di persone over cinquanta) durante l’emergenza pandemica ha lanciato l’allarme sulla formazione dei cittadini pensionati e più anziani: i piani di formazione digitale lanciati in Europa negli ultimi anni sono stati indirizzati quasi esclusivamente ai giovani o ai lavoratori.

In questo modo, non vengono raggiunti gli individui maggiormente esclusi: solo l’8% degli europei tra i sessantacinque e i settantaquattro anni ha competenze digitali superiori a quelle di base [5].

Ad essere particolarmente determinante, in effetti, è il lavoro svolto in passato. Alcuni studi mostrano una correlazione tra l’alfabetizzazione digitale degli anziani con tre parametri principali: l’utilizzo di digital device sul posto di lavoro, il reddito percepito e i livelli di istruzione e formazione [6].

Gli anziani che ricorrono maggiormente ad internet ed agli strumenti digitali hanno imparato per la maggior parte sul posto di lavoro e hanno un reddito ed un livello di istruzione più elevati. In quest’ottica, la mancanza di intervento contro il digital divide porta ad inasprire le ineguaglianze sociali, trasferendole dal mondo analogico a quello digitale: ad esempio, vista la differenza occupazionale tra uomini e donne, a queste ultime vengono offerte minori opportunità di formazione digitale attraverso il lavoro [7].

LA VULNERABILITÀ SULLA RETE

La scarsa formazione digitale si riflette negativamente sulla resistenza ai pericoli della rete, dalle frodi elementari ai cyberattacchi più complessi.

Infatti, gli anziani, sebbene siano resistenti alle frodi offline in media quanto le persone più giovani [8], sembrerebbero più vulnerabili a quelle online, perché privi degli strumenti per distinguere contenuti manipolati da contenuti genuini. A suffragio di tale tesi vi sono degli esempi particolarmente rilevanti, come la maggiore condivisione di fake news: secondo uno studio pubblicato su Science, gli over sessantacinque ne condividono in media sette volte di più su Facebook rispetto agli under quarantaquattro[9].

A questa difficoltà strutturale si aggiunge l’incentivo principale per la criminalità: le fasce di età più elevate, nella maggior parte dei paesi, sono anche le più ricche [10].

Nonostante il minore utilizzo di internet rispetto ai più giovani, ad esempio, gli anziani statunitensi sono le maggiori vittime dei cyber attacchi per numero di denunce e per entità del danno economico, secondo i dati raccolti dall’FBI nel suo rapporto annuale sui crimini commessi in rete (105.310 denuncianti per un valore di quasi un miliardo di dollari, solo negli Stati Uniti) [11].

Inoltre, la vulnerabilità di fronte alle fake news è particolarmente preoccupante se si pensa al fatto che in Italia questa fascia d’età corrisponde a circa il 26% dell’elettorato, secondo i dati Istat [12].

LA VULNERABILITÀ SULLA RETE

Non è chiaro (poiché il Ministero dell’Interno non diffonde dati sull’età degli elettori) quanti di questi confluiscano tra i numerosissimi astenuti di ogni consultazione elettorale; tuttavia, non si può sottovalutare il fatto che una porzione così consistente della popolazione sia tanto suscettibile a manipolazioni del consenso – con le evidenti, seppur potenziali, ricadute sulla tenuta del sistema democratico.

Chi è ancora inserito in un contesto lavorativo, per quanto anziano, negli ultimi anni è stato probabilmente intercettato da programmi di formazione aziendali o pubblici volti a sensibilizzare sulla distinzione di contenuti veritieri e contenuti falsi, anche solo per formare una difesa di base nei confronti del comunissimo phishing [13]. Tutto ciò non ha riguardato soprattutto individui inattivi o pensionati, che hanno aumentato sempre di più l’abitudine ad interagire con contenuti manipolati o del tutto falsi, accrescendone la forza e la diffusione: dalle fake news sulla pandemia fino a idee estremiste e fortemente discriminatorie.

D’altra parte, l’incapacità di distinguere la verità dalla finzione in rete non è (solo) quella dell’anziano zio che rilancia, tra l’ilarità dei nipoti, post volutamente e ironicamente falsi su un social network; al contrario, la mancanza di queste abilità genera conseguenze meno “divertenti”, causando danni consistenti per gli individui stessi o per gli altri: un esempio è la truffa del «principe nigeriano», che dopo molti anni raccoglie ancora, secondo alcune stime, circa 700.000 dollari all’anno solo negli Stati Uniti [14].

«PRINCIPE NIGERIANO» E «PIZZAGATE»

Senza dimenticare il clamoroso «Pizzagate» [15], negli ultimi anni sono state decine gli assalti ad antenne di telefonia mobile per le teorie cospirazioniste sul 5G, ed ancor più numerosi sono i casi riportati di avvelenamenti o esposizioni alla malattia causati dalle fake news a tema Covid-19 [16].

La tendenza finora descritta, se non affrontata per tempo, potrebbe portare metà della popolazione nel nostro Paese a relazionarsi in modo inconsapevolmente condizionato con i contenuti della rete e – di conseguenza – con l’intera realtà che li circonda; risulterebbero così facili vittime di truffe, manipolazioni e raggiri, a causa di una scarsa abitudine e capacità di soppesare razionalmente i contenuti loro proposti [17].

Se l’esclusione dei più anziani dalla vita digitale, o l’esposizione ad un maggior numero di pericoli, deriva dalla lontananza da contesti di formazione, la soluzione al momento sembra essere rinvenuta in uno strumento educativo personalizzato, che venga incontro alle esigenze dei singoli individui.

Si tratta, in particolare, delle esigenze di quella vasta fascia di popolazione, esclusa dai circuiti di formazione scolastica o professionale (in grado di offrire un effettivo bagaglio di competenze digitali), ma che ha davanti a sé una vita ricca di interessi, attività, relazioni, esigenze: tutte necessità che, ai giorni nostri, non possono essere soddisfatte in maniera sicura ed effettiva senza un’idonea educazione digitale.

UNA NUOVA FORMAZIONE DIGITALE

L’Unione europea, in primis, ha già previsto dei programmi per affrontare il problema dell’esclusione digitale, ad esempio tramite la promozione di sistemi progettati per essere più user friendly per gli anziani e per le persone con disabilità, o tramite progetti come DIGITOL, che prevedono la formazione attiva degli anziani da parte di giovani volontari, con lo scopo di combattere le fake news [18].

L’Italia ha avviato quest’anno, nell’ambito del Servizio Civile Universale, il Servizio Civile Digitale: mille giovani volontari saranno formati con lo scopo di agire da “facilitatori digitali” in favore di persone finora ai margini della digitalizzazione per ragioni anagrafiche o sociali; almeno tre milioni di cittadini acquisiranno così competenze digitali di base. Il progetto è inserito anche all’interno del PNRR (nel Piano Operativo della Strategia nazionale per le competenze digitali [19]) e del programma NextGenerationEU “Reskill and Upskill[20]. Si inserisce, inoltre, tra i programmi di Italia Digitale 2026, che mira a rendere digitalmente abile almeno il 70% della popolazione entro il 2026 (Obiettivo 2 della Strategia Italia Digitale 2026) [21].

L’impatto di questi programmi potrà essere valutato concretamente solo in futuro, tuttavia – e nonostante gli studi sulla vita digitale degli anziani si siano moltiplicati nel corso degli ultimi anni (molti dei quali commissionati da governi nazionali [22]) – gli investimenti risultano ad oggi scarsi e sicuramente non proporzionati all’analfabetismo digitale di intere fasce della popolazione, ormai radicato anche poiché intercettato con colpevole ritardo.

In questi termini, la semplice estensione dell’accesso ad internet a fasce più ampie della popolazione o il mero aumento dei dispositivi connessi non solo non è risolutivo, ma rischia di aggravare l’esposizione al pericolo di questi soggetti e le potenziali conseguenze dannose di un approccio inconsapevole ai servizi e alle relazioni in rete.

INTERNAUTI SPROVVEDUTI NEL CYBERSPAZIO

Infatti, lanciare nel cyberspazio internauti sprovveduti è ben più pericoloso che lasciarli chiusi nel mondo analogico: per i Paesi europei (soprattutto per l’Italia) le ricadute non sarebbero esclusivamente sociali, ma anche economiche, in ragione del grado di concentrazione della ricchezza in tali fasce della popolazione, che le rende vittime appetibili per la criminalità, cyber e non.

Proprio per questo motivo la scarsa attenzione all’alfabetizzazione digitale delle fasce più anziane della popolazione tradisce una miopia sistemica, in base a cui non solo non si attribuisce rilievo all’attuale (e futuro) peso quantitativo degli anziani nella nostra società, ma nemmeno si riconosce il generale condizionamento (in termini economici, sociali, politici) determinato dal digital divide generazionale.

I giovani, senza dubbio, rappresentano il futuro ed è giusto che vengano formati per primi, ma in quel futuro saranno ancora presenti gli adulti e molti degli anziani di oggi, che meritano attenzione e tutela: la consapevolizzazione digitale di questi soggetti è l’unica via percorribile per evitare che un gran numero di persone sia vittima dei pericoli (per i propri risparmi, per la propria identità e sicurezza, ecc.) insiti nella vita in rete.

La costruzione di un futuro comune potrebbe passare da un nuovo metodo, che contempli una formazione digitale universale, in grado di costituire il presupposto per accedervi in sicurezza: la strada finora intrapresa rischia di sacrificare la sicurezza degli individui più fragili ed esposti, travolti dal cambiamento e abbandonati al darwinismo digitale.

RIFERIMENTI

[1] H. Gil, The elderly and the digital inclusion: A brief reference to the initiatives of the European union and Portugal, 1 novembre 2019.

[2] FRA, Selected findings on age and digitalisation from FRA’s Fundamental Rights Survey, 2020.

[3] Istat – Anziani 2.0, 30 giugno 2019.

[4] Ibidem.

[5] AGE responds to EU consultation on digital education: It is more urgent than ever to reach out to older persons,  12 ottobre 2020.

[6] Ibidem.

[7] ISTAT, La vita delle donne e degli uomini in Europa – un ritratto statistico, luglio 2020. 

[8] N. M. Brashier, S. Umanath, R. Cabeza, E.J. Marsh, (2017) Older adults rely on knowledge in the face of fluency, Psychology and Aging, 32(4), 331–337.

[9] Science, Less than you think. Prevalence and predictors of fake news dissemination on Facebook. Un altro esempio: l’Institute of Policy Studies di Singapore ha sottoposto un articolo di cronaca manipolato ad un campione di 2011 cittadini, dei quali il 73,1% non è stato in grado di riconoscerne la falsità. Tra i soggetti con la maggiore difficoltà sono stati individuati proprio gli anziani, insieme agli abitanti delle più modeste abitazioni pubbliche.

[10] Per l’Italia, vedi M. Rodà, Francesca G.M. Sica, Confindustria, L’economia della terza età: consumi, ricchezza e nuove opportunità per le imprese, 5 febbraio 2020.

[11] FBI – Internet Crime Report 2020.

[12]ISTAT, Popolazione e famiglie.

[13] CISCO, Cos’è il phishing?.

[14] Per approfondire: M. Leonhardt, ‘Nigerian prince’ email scams still rake in over $700,000 a year—here’s how to protect yourself, 18 aprile 2019.

[15] A. D. Signorelli, Il ritorno del Pizzagate, il complotto più assurdo di tutti, Wired, 7 luglio 2020.

[16] M. Spring, Coronavirus: The human cost of virus misinformation, BBC, 27 maggio 2020.

[17] Con il conseguente rischio di esporli a processi persuasivi simili a quelli messi in atto dal Grande Fratello di George Orwell. Cfr. ad esempio, D. Pecoriello, George Orwell, persuasione del grande fratello, manipolazione mentale e strumenti di difesa in “1984”.

[18] AGE Platform, DIGITOL.

[19] Pubblicato il Piano Operativo della Strategia Nazionale per le competenze digitali, 23 dicembre 2020.

[20] NextGenerationEU: Commission presents next steps for €672.5 billion Recovery and Resilience Facility in 2021 Annual Sustainable Growth Strategy, 17 settembre 2020,

European Cluster Collaboration Platform, Flagship area “Reskill and upskill”.

[21] Italia Digitale 2026.

[22] Vedi, in particolare, Federal Ministry for Family Affairs, Senior Citizens, Women and Youth (DE), Older People and Digitisation. Findings and recommendations from the Eighth Government Report on Older People, Maggio 2020; Office of the eSafety Commissioner (AUS), Understanding digital behaviours of older Australians. Full report. A report for the eSafety Commissioner, 24 maggio 2018.

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