Qual è l’obiettivo che stiamo perseguendo? Quello di evitare una nuova ondata di contagi che nella stagione autunnale ripercuoterebbe i propri deleteri effetti sugli ospedali e, in particolare, sui loro reparti di terapia intensiva.
Un aspetto che, secondo il professor Mario Baldassarri, nel dibattito attualmente in corso non viene posto nell’adeguata evidenza, poiché, egli afferma, «si tratterebbe di qualcosa di disastroso che porrebbe un freno enorme alle attività economiche».
Il green pass, dunque – ad avviso dell’ex ministro dell’Economia che attualmente presiede il Centro studi economia reale (CSER) e che recentemente è intervenuto ai microfoni di Radio Radicale –, «è uno strumento concepito proprio allo scopo di evitare nuove chiusure, blocchi di attività che comprometterebbero la ripresa economica che si è avviata, peggiorando la situazione della povertà».
OBBLIGO DI VACCINAZIONE E GREEN PASS
Egli ha quindi proseguito affermando che «a questo punto occorre fare una distinzione: chiunque lavori nei servizi pubblici e che, quindi, si trova necessariamente a contatto con la gente, a mio parere dovrebbe avere l’obbligo della vaccinazione. Per quanto invece concerne il resto del sistema economico, laddove ci sono dei lavoratori che a causa di affollamenti hanno occasioni di contatto con altre persone, è opportuno che si ricorra al green pass».
Una decisione di vaccinare tutti assunta d’autorità dal Governo ovviamente «taglierebbe la testa al toro», seppure limitando la sfera delle libertà individuali dei cittadini.
PERMANE IL NODO DELLA MESSA IN SICUREZZA DEI TRASPORTI
Esiste poi il problema del trasporto delle persone dalle proprie abitazioni ai luoghi di lavoro e di studio, che con il riavvio della stagione scolastica si farà ancora più difficile. Al riguardo, il presidente del CSER ha rilevato come sia necessario e urgente rendere sicuro il sistema dei trasporti, «perché uno può anche essere al sicuro all’interno della fabbrica o della scuola, ma poi trascorre quaranta minuti al giorno dentro un autobus, un vagone della metropolitana o di un treno affollati, è chiaro che ha una maggiore probabilità di contrarre il virus».
È un problema del quale si discute da un anno ma senza che si sia giunti a una sua concreta soluzione.
LA VACCINAZIONE «SPINTANEA»
La differenza da allora a oggi è che adesso sono però disponibili i vaccini, «unico strumento, nell’immediato, del quale disponiamo. Ma allora – ha aggiunto Baldassarri -, la questione sarà se rendere la vaccinazione della popolazione italiana obbligatoria oppure “molto spintanei”, cioè indotti dall’adozione del green pass».
La discussione che ha avuto luogo tra Baldassarri e il giornalista Alessio Falconio, che di radio radicale è il direttore, ha poi investito il tema, anch’esso in parte correlato alla pandemia, dell’aumento della povertà nel Paese e della limitazione di quest’ultima grazie alla misura introdotta dal Governo “giallo-verde” del Reddito di cittadinanza.
MARIO DRAGHI E IL REDDITO DI CITTADINANZA
È innegabile che su questo piano il Reddito di cittadinanza, misura di contrasto della povertà, abbia limitato gli effetti negativi generati dalla pandemia di coronavirus. Una misura contrastata, spesso demagogicamente e al fine di spostare una manciata di miliardi verso altre voci di spesa, che proprio di recente è stata difesa nientepopodimeno che dal Presidente del Consiglio Mario Draghi. L’ex Presidente della Bce è infatti intervenuto venerdì scorso nell’aspro dibattito in corso affermando che «non è in discussione se mantenerlo, ma come mantenerlo».
È innegabile inoltre che l’Italia aveva bisogno ormai da molto tempo di uno strumento di “welfare universale” che fosse in grado di garantire anche in non garantiti, così come accade negli altri paesi europei.
UN EQUIVOCO DI FONDO
Secondo Baldassarri il Reddito di cittadinanza «è nato con un profondo equivoco al suo interno, poiché la povertà si abbatte facendo crescere l’economia e combattendo la disoccupazione, cioè creando le condizioni affinché la gente trovi un posto di lavoro, anche attraverso una fortissima azione nel campo della formazione che consenta l’ingresso nel mercato del lavoro. È evidente che in un sistema economico ci sarà sempre qualcuno che rimarrà indietro oppure che non sarà occupabile per via dell’età, delle sue condizioni fisiche o anche culturali, una fascia di popolazione che rimarrà povera anche a fronte di una fase di prosperità dell’economia e del funzionamento ottimale della formazione professionale. Ebbene, su queste persone si renderà necessario un intervento di natura sociale che le ponga a un livello di tenore di vita dignitoso».
VERSO UN «WELFARE TO WORK»?
«È questo – ad avviso di Baldassarri – l’equivoco di fondo: il Reddito di cittadinanza, che avrebbe dovuto fornire immediatamente un sussidio per la sopravvivenza, accompagnandolo però con un complesso di strumenti di formazione e di accompagnamento per trovare lavoro, il cosiddetto welfare to work, in questa seconda parte si è dimostrato fallimentare».
Giusto quindi uno “zoccolo di base” per coloro i quali sono davvero bisognosi del sostegno della collettività, ma tutto il resto «deve essere un accompagnamento al lavoro attraverso la formazione, sempre che l’economia continui a riprendersi a un ritmo sostenuto, altrimenti non risolveremo né il problema della povertà, né quello della disoccupazione».
I PERCHÉ DI UN RITARDO
Perché si è arrivati così tardi al varo di una misura così importante di welfare universale?
A ricordalo è lo stesso Baldassarri: «Nel paese della cassa integrazione, anche su pressione dei sindacati, che, non va dimenticato, sono le organizzazioni di categoria degli occupati e non dei disoccupati, è stata data protezione a quei lavoratori che erano già dentro il mondo del lavoro, mentre ci si è disinteressati per decenni di coloro che ne erano invece fuori. È poi mancato un apporto da parte degli uffici di collocamento, nessun giovane che ha davvero in mente di trovare un lavoro lo va a cercare all’ufficio di collocamento. L’Italia ha un sistema di avviamento al lavoro basato sulle conoscenze, le amicizie e le raccomandazioni, sia nel pubblico come nel privato».
LA «RIFORMA MADRE» DEL MERCATO DEL LAVORO
«Oggi la “riforma madre” del mercato del lavoro – ha concluso Baldassarri – è quella degli ammortizzatori sociali, che dovrebbero fornire nell’immediato un sostegno del reddito, finalizzato però alla formazione e al ritorno al lavoro. Questo con un occhio alle paghe basse e alla bassa produttività a fronte di un costo del lavoro elevato per le imprese, il che vuol dire che bisognerà incidere sul cuneo fiscale e contributivo, che frena la crescita e gli investimenti delle imprese, quindi anche l’occupazione».