Secondo alcuni analisti di strategia, la Repubblica Islamica dell’Iran ambirebbe a un ruolo di potenza non soltanto regionale, ma addirittura globale, una condizione che rinverrebbe i suoi presupposti nella sua progressiva ricerca di capacità «blue water» in campo navale, associata a una proiezione della marina militare di Teheran nell’Oceano Atlantico, tesa – essi affermano – in funzione dello stabilimento di una futura stabile presenza in quelle acque.
Una prospettiva analizzata nel dettaglio nell’ultimo lavoro di Ilan Berman e Joseph Humire, pubblicato il 14 giugno scorso sul “The National Interest”, il primo vicepresidente dell’American Foreign Policy Council, il secondo direttore esecutivo del Center for Secure Free Society, entrambi istituti con sede a Washington, autori che figurano quali co-editori del volume “Penetrazione strategica dell’Iran in America Latina”, edito da Lexington Books nel 2014.
GRADUALE INCREMENTO DELLE CAPACITÀ «BLUE WATER»
Nel 2015 Teheran inviò per la prima volta due proprie navi da guerra in Atlantico allo scopo di inviare un chiaro messaggio ai suoi avversari, in particolare agli americani, evidenziando le proprie capacità di avvicinarsi ai confini marittimi degli Stati Uniti.
Da allora la marina degli ayatollah ha implementato le sue capacità operative in aree lontane dalle coste iraniane. Nel quadro delle complessive competenze militari assegnate nella Repubblica islamica il Corpo delle Guardiani della Rivoluzione islamica (IRGC, o Pasdaran) hanno assunto principalmente il compito della difesa costiera e delle operazioni nel Golfo Persico, la marina militare (IRIN) è divenuta gradualmente il principale mezzo proiezione del potere marittimo per Teheran.
Secondo il Pentagono, una delle missioni chiave dell’IRIN sarebbe infatti la conduzione di operazioni fuori area e di «diplomazia navale» su scala mondiale.
ROTTA PER IL VENEZUELA
Due navi militari iraniane hanno recentemente navigato intorno alla punta meridionale dell’Africa in Atlantico, molto probabilmente in rotta verso il Venezuela. Una aspetto, questa crociera, in parte (apparentemente) sottovalutato, che tuttavia è indice di un importante sviluppo sul piano strategico dello strumento navale degli ayatollah. Inoltre, quella presenza rifletteva chiaramente le attenzioni di Teheran per i punti di appoggio nell’emisfero occidentale, dove l’Iran rinviene il suo partner nel Venezuela bolivariano.
L’incremento dei legami di questa natura tra Teheran e Caracas risale al 2005, quando l’allora presidente Mahmoud Ahmadinejad e quello venezuelano Hugo Chávez Frias pervennero a una partnership incentrata sulla cooperazione in campo militare. Una partnership che risultò utile agli iraniani in funzione dell’aggiramento delle sanzioni imposte dall’Occidente anche allo scopo di proseguire nel potenziamento del proprio arsenale, incluso il programma missilistico.
UNA PRESENZA NAVALE NELL’EMISFERO OCCIDENTALE
In quel periodo Teheran ampliò le sue relazioni con altri Stati anti-americani della regione, quali Cuba e la Bolivia, legami che a distanza di quasi venti anni si sono dimostrati duraturi. Dal maggio del 2020 Teheran ha fornito a Nicolas Maduro numerosi carichi di carburante e cibo, dei quali il Venezuela necessitava.
Secondo Berman e Humire in quello stesso periodo l’IRGC iniziò a utilizzare i trasferimenti commerciali di benzina nel Paese latinoamericano come copertura per stabilire un corridoio logistico marittimo verso l’emisfero occidentale. Più che trasferire carburante, le petroliere iraniane testarono le acque caraibiche per trovare rotte, porti e limiti precisi a una futura presenza navale della flotta militare.
Oggi la cooperazione militare tra i due paesi è in aumento. Dopo la scadenza di ottobre 2020 dell’embargo sulle armi imposto dalle Nazioni Unite all’Iran, quest’ultimo è divenuto un importante sostenitore degli sforzi di Maduro per istituire una commissione tecnico-scientifica militare che porti alla modernizzazione delle forze armate venezuelane, uno sviluppo che potrebbe portare a nuovi trasferimenti di armi tra i due paesi nel prossimo futuro.
ALLARME A WASHINGTON
Un campanello d’allarme che è suonato per l’amministrazione Biden. Le capacità militari dell’Iran – concludono Berman e Humire nel loro articolo – crescono rapidamente nonostante le terribili difficoltà economiche del Paese, significativamente aggravate dalla pressione esercitata dagli Usa, che hanno destabilizzato l’economia iraniana contribuendo conseguentemente ad alimentare le proteste contro il regime teocratico.
Tuttavia, gli investimenti della Repubblica Islamica nel settore militare non sono diminuiti, anzi, parrebbe che nel prossimo futuro verranno incrementati alla luce della riduzione delle sanzioni derivanti dai rinnovati negoziati sul programma nucleare con gli Stati Uniti.
Gli iraniani starebbero dunque costituendo una loro presenza militare stabile e attiva nell’emisfero occidentale, aspetto che fino al recente passato era stato sminuito, considerato come una fase superata risalente all’era Ahmadinejad-Chávez. In realtà, l’interesse strategico di Teheran per l’area a sud del confine degli Stati Uniti permane prioritario. Un problema non di poco conto per Washington, che potrebbe assistere già nel prossimo luglio l’approdo delle navi da guerra iraniane nei porti venezuelani.
Sarebbe il preludio di nuova fase caratterizzata dalla presenza militare della repubblica Islamica in America Latina, con tutte le conseguenze del caso.