STRATEGIA, Balcani. Non dimenticare Pristina: dopo la pandemia si dovrà guardare a Sud-Est

Nella regione, come per altro a Bruxelles, si inizia a ritenere che l'attuale blocco dei negoziati tra Albania e Macedonia del Nord stia minando la credibilità dell'Unione europea e che questo vada contro l'interesse strategico rinvenuto nella stabilità

di Giuseppe Morabito, generale in ausiliaria dell’Esercito italiano e membro del Direttorio della NATO Defence College Foundation – Nei Balcani e in alcuni altri paesi europei si inizia a ritenere che l’attuale blocco dei negoziati tra Albania e Macedonia del Nord stia minando la credibilità dell’Unione europea e che questo vada contro l’interesse strategico che Bruxelles rinviene nell’assicurarsi la stabilità dei Balcani occidentali.

L’Ue e la NATO continuano a essere la migliore garanzia di pace, democrazia e prosperità che per oltre settanta anni, ha aiutato a superare le nostre differenze e ad aumentare la coesione del Vecchio continente.

È fuor di dubbio che un allargamento dell’Ue è uno degli elementi che su cui potrebbe basarsi un futuro fondato su un impegno e una visione condivisa. Fino a oggi, sostenuto dai valori comunitari e soggetto a condizioni chiare, l’allargamento si è rivelato uno degli strumenti di maggior successo nella promozione della pace e della stabilità, nonché delle riforme di natura politica, economica e sociale. Nonostante lo scossone della Brexit la politica di allargamento è stata essenziale anche per rafforzare la presenza europea sulla scena mondiale, garantendo così la sicurezza collettiva.

INTEGRARE I BALCANI OCCIDENTALI

L’Ue potrebbe ora seriamente pensare di integrare i Balcani occidentali, regione situata nel cuore del nostro continente alla quale è stata offerta per la prima volta la prospettiva dell’adesione in occasione del Consiglio europeo di Feira del giugno 2000, dove i capi di Stato e di Governo riconobbero che i Paesi balcanici partecipanti al processo di stabilizzazione e associazione erano dei potenziali candidati. Da allora questo principio, sancito dall’Agenda di Salonicco per i Balcani occidentali e riconfermato a Sofia nel 2018 e a Zagabria nel 2020, è rimasto la pietra angolare della politica dell’Ue nei confronti della martoriata regione.

Attualmente sono in corso i negoziati di adesione con il Montenegro e con la Serbia, mentre nel marzo 2020 il Consiglio europeo ha deciso di avviare i negoziati di adesione con la Macedonia del Nord e l’Albania, che tuttavia non sono ancora avvenuti. Entrambi i paesi hanno varato una serie di riforme e la Macedonia del Nord ha investito molto in questa direzione, cambiando anche il proprio nome, nella certezza che il processo di allargamento e la prospettiva di adesione all’Ue sia il miglior modo possibile per superare le divergenze di vedute tra tutti i partner dei Balcani occidentali.

RIFORME, DEMOCRAZIA E SVILUPPO

Entrami i paesi si sono impegnati a proseguire le riforme e sostenere i loro sforzi per rafforzare la democrazia, combattere la corruzione e rafforzare lo Stato di diritto, le relazioni di buon vicinato e la cooperazione regionale, migliorando nel contempo la libertà dei media e la società civile.

l’Ue è il primo partner commerciale dei Balcani e le relazioni che Bruxelles ha con questa regione vanno ben oltre, poiché ha fornito sostegno finanziario e tecnico allo scopo di rafforzare il funzionamento delle istituzioni democratiche e migliorare la connettività nella regione e, quasi certamente, continuerà a farlo nell’ambito dello strumento di assistenza preadesione che vede comunque il Kosovo come unico territorio senza la liberalizzazione dei visti nella regione.

I paesi membri dell’ Unione hanno anche dato spazio di solidarietà: dall’inizio della pandemia, l’Ue ha risposto all’invito all’azione dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e ha contribuito a raccogliere fondi per finanziare la produzione di vaccini attraverso accordi di acquisto con le aziende farmaceutiche, che andranno a beneficio dei cittadini di tutto il mondo, inclusi i Balcani occidentali. Una prima fornitura di dosi è stata già consegnata, altre lo saranno in seguito. Inoltre, Bruxelles ha sostenuto la regione sin dall’inizio della crisi, mobilitando un cospicuo pacchetto (3,3 miliardi di euro) per affrontare l’emergenza sanitaria immediata e mitigarne gli effetti socioeconomici. Inoltre, è stato previsto un pacchetto di investimenti di nove miliardi per la ripresa e lo sviluppo a medio termine della regione.

LE PREOCCUPAZIONI DI WASHINGTON

Dall’ altra parte dell’Atlantico, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ritiene che ci siano azioni che stanno destabilizzando i Balcani occidentali. C’è profonda preoccupazione a Washington per la direzione presa dalla regione, con la crescente influenza esercitata da Cina e Russia e la citata attuale  incertezza politica dell’Ue.

Washington si preoccupa della corruzione nei Balcani, nonché l’ostruzione agli accordi di pace, al progredire dei processi democratici e al rispetto diritti umani della regione. Un ruolo di destabilizzazione importante in tal senso viene condotto dal regime turco sfruttando anche l’aspetto religioso della contesa nell’area balcanica.

Al momento, alcuni analisti concordano con la visione per cui sia gli Usa sia l’Ue privilegino Belgrado nel processo di allargamento, attuando una modalità più rigorosa per gli altri paesi aspiranti confinanti con la Serbia, soprattutto nella richiesta di lotta alla corruzione.

Lo scorso febbraio Biden ha comunque scritto al leader serbo Vučić invitandolo a riconoscere l’indipendenza del Cossovo.

VERSO LA COLLABORAZIONE IN COSSOVO?

L’ex Provincia autonoma serba divenuta Stato indipendente dopo la guerra del 1999, guidata dal primo ministro Albin Kurti, continua inoltre a essere invitata dalla comunità internazionale a continuare il dialogo guidato dall’Ue con la Serbia. Kurti viene sollecitato ad autorizzare una forma di autonomia per i serbi del Kosovo, un riconoscimento che potrebbe aprire la strada a una collaborazione fattiva tra i comuni a maggioranza serba e quelli a maggioranza albanese, secondo le modalità di convivenza raggiunte nella vicina Macedonia del Nord.

Per quanto riguarda invece il nostro Paese, prosegue l’impegno nel perseguimento della pace e della stabilità dei Balcani attraverso quanto di meglio abbiamo per mostrare la nostra efficienza e solidarietà. L’Italia, infatti, è impegnata in Cossovo  con un contingente nazionale di 600 soldati e circa 200 mezzi inquadrato nella missione di pace pari NATO KFOR.

Dal 6 settembre 2013 ha assunto e proseguito senza soluzione di continuità il comando dell’intera missione, l’attuale comandante di KFOR è infatti il generale di divisione dell’Esercito Franco Federici.

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