USA E RUSSIA, vertice di Ginevra. Ecco come Biden si presenta al summit con Putin

Secondo l’analista di strategia Tiberio Graziani il G7 «non è stato esattamente un trionfo per Biden e la sua amministrazione. Avrebbe dovuto essere l’investitura planetaria del nuovo presidente statunitense, l'accettazione incondizionata, “senza se e senza ma”, del nuovo mantra occidentale “è tornata l’America”, tuttavia, a una osservazione più approfondita così non è stato»

 il commento è di Tiberio Graziani, Chairman Vision & Global Trends, International Institute for Global Analyses –  «Il G7 non è stato esattamente un trionfo per Biden e la sua amministrazione. Doveva essere l’investitura planetaria del nuovo presidente statunitense, l’accettazione incondizionata, senza se e senza ma, del nuovo mantra occidentale “è tornata l’America”. Tuttavia, a un’analisi più approfondita così non è stato. Il cosiddetto Occidente non è apparso essere, se non formalmente, unito e coeso come in passato, ciò è dovuto alla disastrosa gestione della pandemia, ma anche agli strascichi dell’effetto parzialmente devastante della precedente amministrazione Trump ed inoltre anche al fatto che Merkel e Macron, due leader importanti, sono alla fine del loro mandato. Anche questo G7, nella risoluzione finale, in realtà, non ha avanzato linee strategiche tali da poter condizionare profondamente le dinamiche internazionali, vale a dire l’inarrestabile avanzata sulla scena mondiale della Cina e la sorprendente resilienza della Federazione russa. Certo, va detto, che il G7, come tutti i forum internazionali di questo tipo, non ha lo scopo di prendere decisioni, ma dare alcune indicazioni di massima, e quelle prese, tutto sommato, non introducono nulla di nuovo nel discorso della politica mondiale».

Questo il commento espresso riguardo al summit di oggi da Tiberio Graziani, Chairman Vision & Global Trends, International Institute for Global Analyses, che ha poi aggiunto: «Certamente Biden resta il capo riconosciuto dell’Occidente e, in quanto tale, si presenterà al summit con il suo omologo russo, il presidente Putin. Ma nel confronto con l’inquilino del Cremlino dovrà far valere le ragioni della forza anziché quelle della politica e della diplomazia. Infatti, dovrà fare affidamento soprattutto sulla sua condizione di primus inter pares della coalizione transatlantica. Ma anche in questo caso, occorre registrare che la Nato del 2021, certamente in piena riaffermazione, a parte i problemi di budget, peraltro già resi noti da Trump, non gode di ottima salute e di tutto ciò ne risente la sua strategia. La sua “marcia verso oriente” trova lo scoglio duro dell’Ucraina, ” l’avamposto occidentale”, come Zelenski ha definito il paese di cui è presidente. Rischia la Nato, infatti, con l’eventuale inclusione di Kiev nel Patto atlantico, di impelagarsi in una situazione troppo rischiosa per i suoi partner europei, non certo inclini, anzi disabituati, ad assumersi responsabilità militari e strategiche fin dal lontano 1949, anno di fondazione dell’alleanza transatlantica».

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