MISTERI ITALIANI, caso Moro. L’affaire: piste d’indagine tra passato e presente

L’iniziativa è stata promossa dalla Fondazione Bettino Craxi nell’anniversario dell'assassinio del presidente della Democrazia cristiana al fine di rileggere quella ancora oscura pagina di storia della Repubblica, approfondendola alla luce dei nuovi elementi emersi anche grazie al lavoro svolto dalla Commissione parlamentare d’inchiesta presieduta dall’onorevole Giuseppe Fioroni

Il webinar ha avuto luogo nel pomeriggio di ieri e ha visto la partecipazione di  Margherita Boniver (già parlamentare socialista e sottosegretario agli Affari esteri, attualmente presidente della Fondazione Craxi), Fabrizio Cicchitto (parlamentare socialista ai tempi dei cinquantacinque giorni del sequestro Moro), Miguel Gotor (docente, storico e già parlamentare del Partito Democratico, autore di numerosi saggi sul caso Moro) e Umberto Ranieri (già parlamentare del Partito Democratico e sottosegretario agli Affari esteri). Purtroppo non hanno potuto partecipare al dibattito né Enzo Scotti (parlamentare democristiano che ricoprì la carica di ministro dell’Interno) e neppure Giuseppe Fioroni (già parlamentare democristiano, poi del Partito Democratico, presidente dell’ultima Commissione parlamentare Moro).

«AFFAIRE MORO»: PISTE D’INDAGINE TRA PASSATO E PRESENTE

L’evento, trasmesso in diretta streaming sulla pagina Facebook, sul canale YouTube e sul sito della Fondazione Craxi (www.fondazionecraxi.org, la registrazione audio del dibattito è disponibile di seguito anche su questo sito web – A334), ha rivestito estremo interesse, seppure le persone intervenute al dibattito si siano concentrate maggiormente sugli aspetti relativi al contesto politico nel quale si è inquadrata la drammatica vicenda, quindi meno piste e più trattativa, attraverso una lettura attraverso gli equilibri di allora.

C’è stata una sostanziale concordanza nel ricondurre la vicenda (strage di via Fani, sequestro di Aldo Moro e suo successivo assassinio) a una dimensione mediorientale, mentre la discussione ha solamente sfiorato i controversi aspetti relativi alle presunte o acclarate (per la verità più acclarate che presunte, almeno nel loro concreto verificarsi) zone grigie del caso.

«LINEA DELLA FERMEZZA» E TRATTATIVE SEGRETE

16 marzo 1978, Roma, via Mario Fani: il sequestro di Moro e l’assassinio degli agenti  sua scorta danno il via a cinquantacinque giorni nel corso dei quali tutto viene messo in discussione. Mentre il presidente della Dc, costretto dai terroristi delle Brigate rosse nella «prigione del popolo» cerca di salvarsi la vita, all’esterno si assiste a una divisione delle forze politiche. Lo scontro verte anche su valori, coscienza umanitaria e rigore formale, sui rapporti interni alle forze presenti in Parlamento e sugli equilibri internazionali.

Tra silenzi, omissioni, ambiguità e scelte coraggiose si consuma il dramma di uomo. ma, cosa davvero mosse gli autori materiali dell’operazione Moro? Quale fu la vera posta in gioco? Cosa determinò, proprio nel mentre si aprivano degli spiragli, l’assassinio dello statista democristiano? Cosa animò le segreterie politiche e, fuori da esse, quei centri di potere spesso al di fuori del controllo della Repubblica?

È noto che a una «linea della fermezza» se ne contrappose una «dell’iniziativa», due modi diversi di affrontare quell’evento epocale che divaricò, sia in superficie che al di sotto di essa, i maggiori partiti del tempo: la Democrazia cristiana, appunto, il Partito comunista, che assieme a lei formava il governo di unità nazionale, e il Partito socialista del nuovo corso craxiano.

LA TRATTATIVA CON I TERRORISTI: ROMA

Secondo i promotori del dibattito di ieri la cesura fu netta: da una parte la «la ragion di Stato delle due Chiese, dall’altra, in netta contrapposizione con essa, il valore della vita dell’umanesimo socialista. Ma, se nel panorama politico i due fronti furono riconoscibili quanto definiti negli obiettivi e nei protagonisti, le aree grigie, invece, vennero popolate da personaggi ed entità non sempre identificabili e non sempre impegnati a salvare la vita di Moro, anzi.

«Contatti vi furono – ha confermato Gotor -, a Roma i canali di collegamento per addivenire a una trattativa segreta vennero stabiliti da Craxi attraverso l’azione di Claudio Signorile e Antonio Landolfi», che attraverso l’estrema sinistra extraparlamentare (Pace e Piperno) giunsero a Valerio Morucci e Adriana Faranda, esponenti di primo piano delle Brigate rosse.

Ma quando questa iniziativa divenne eccessivamente rischiosa, allo scopo di cautelarsi il segretario del Psi la rese pubblica, una decisione che dopo la morte di Moro sarebbe stata duramente criticata da Andreotti.

IL CANALE MILANESE DI CRAXI

Se Signorile e Landolfi si mossero a Roma in quell’area grigia a cavallo tra l’estremismo politico e la lotta armata, attività della quale il Viminale era perfettamente al corrente (ma non intervenne neppure per far pedinare i protagonisti, magari quando in quei mesi di primavera si incontrarono in qualche ristorante di Trastevere, risalendo così ai covi dei sequestratori di Moro), a Milano Craxi mosse invece altri negoziatori, ricorrendo ai buoni uffici dell’avvocato Giannino Guiso e di altri, che permisero di stabilire un contatto con l’Autonomia operaia milanese. Due canali geograficamente separati tra loro in due città italiane dove il partito armato era straordinariamente attivo.

Tuttavia, quella di Aldo Moro era una storia il cui finale era stato già scritto: Mike, cioè «morte».

YALTA E MEDIO ORIENTE

Anni difficili quelli, come per altro è stato ricordato nel corso del dibattito di ieri, nei quali gli eventi vennero condizionati da dinamiche interne e da vincoli internazionali, «è Yalta che ha deciso via Mario Fani», scrisse infatti qualche settimana prima di venire ammazzato Mino Pecorelli. Dunque Moro sarebbe stato più pericoloso da vivo e libero piuttosto che morto, come martire avrebbe nuociuto di meno a certi interessi. Ma quali furono davvero quegli interessi?

A più di quarant’anni di distanza dai fatti ancora non se ne ha certezza, a meno che non si voglia dare credito a certe verità ufficiali scritte allo scopo di chiudere sia politicamente che sul piano dell’ordine pubblico una terribile pagina di storia della Repubblica.

Certamente, lo scenario della guerra fredda di allora fu determinante, come lo sarebbe stato anche quello mediorientale, richiamato nel dibattito di ieri, dove Moro svolse un ruolo di artefice a partire dalla fine degli anni Sessanta.

MORO «UOMO DI PACE»

Sulla vicenda avrebbero inciso variabili riconducibili alla Libia, ai palestinesi, all’energia, alla politica e alla sicurezza, con quel «lodo Moro» che avrebbe fatto parlare di sé fino agli anni Ottanta, ai missili di Ortona e alla strage di Bologna. Non è un caso infatti – e questo lo ha ricordato anche Gotor – che lo statista di Maglie già nel 1968, riferendosi alla questione israelo-palestinese si era espresso in favore della soluzione basata su «due Popoli e due Stati».

Una pace che Moro avrebbe trovato soltanto a Torrita Tiberina dopo morto, lasciando ai vivi che gli sono sopravvissuti il mistero sulla sua vicenda umana e politica, i silenzi e i depistaggi e le inevitabili velenose code polemiche.

A334 – registrazione audio integrale del dibattito organizzato sul caso Moro dalla Fondazione Bettino Craxi il giorno 24 maggio 2021

A334 – MISTERI ITALIANI, CASO MORO: PISTE D’INDAGINE TRA PASSATO E PRESENTE. L’iniziativa è stata promossa dalla Fondazione Bettino Craxi nell’anniversario dell’assassinio del presidente della Democrazia cristiana al fine di rileggere quella ancora oscura pagina di storia della Repubblica, approfondendola alla luce dei nuovi elementi emersi anche grazie al lavoro svolto dalla Commissione parlamentare d’inchiesta presieduta dall’onorevole Giuseppe Fioroni.
Il webinar ha avuto luogo nel pomeriggio di lunedì 24 maggio 2021 e ha visto la partecipazione di  MARGHERITA BONIVER (già parlamentare socialista e sottosegretario agli Affari esteri, attualmente presidente della Fondazione Craxi), FABRIZIO CICCHITTO (parlamentare socialista ai tempi dei cinquantacinque giorni del sequestro Moro), MIGUEL GOTOR (docente, storico e già parlamentare del Partito Democratico, autore di numerosi saggi sul caso Moro) e UMBERTO RANIERI (già parlamentare del Partito Democratico e sottosegretario agli Affari esteri). Purtroppo non hanno potuto partecipare al dibattito né Enzo Scotti (parlamentare democristiano che ricoprì la carica di ministro dell’Interno) e neppure Giuseppe Fioroni (già parlamentare democristiano, poi del Partito Democratico, presidente dell’ultima Commissione parlamentare Moro).
16 marzo 1978, Roma, via Mario Fani: il sequestro di Moro e l’assassinio degli agenti  sua scorta danno il via a cinquantacinque giorni nel corso dei quali tutto viene messo in discussione. Mentre il presidente della Dc, costretto dai terroristi delle Brigate rosse nella «prigione del popolo» cerca di salvarsi la vita, all’esterno si assiste a una divisione delle forze politiche. Lo scontro verte anche su valori, coscienza umanitaria e rigore formale, sui rapporti interni alle forze presenti in Parlamento e sugli equilibri internazionali.
Tra silenzi, omissioni, ambiguità e scelte coraggiose si consuma il dramma di uomo. ma, cosa davvero mosse gli autori materiali dell’operazione Moro? Quale fu la vera posta in gioco? Cosa determinò, proprio nel mentre si aprivano degli spiragli, l’assassinio dello statista democristiano? Cosa animò le segreterie politiche e, fuori da esse, quei centri di potere spesso al di fuori del controllo della Repubblica?
C’è stata una sostanziale concordanza nel ricondurre la vicenda (strage di via Fani, sequestro di Aldo Moro e suo successivo assassinio) a una dimensione mediorientale, mentre la discussione ha solamente sfiorato i controversi aspetti relativi alle presunte o acclarate (per la verità più acclarate che presunte, almeno nel loro concreto verificarsi) zone grigie del caso.
A063 – CASO MORO, “IL GOLPE DI VIA FANI”: PARLA IL PROFESSOR GIUSEPPE DE LUTIIS, le protezioni occulte e le connivenze internazionali dietro al delitto del presidente della Democrazia cristiana. Radio Omega, ORA ZERO, trasmissione del 7 novembre 2007, intervista di Gianluca Scagnetti.
Attraverso l’enorme mole di documenti e testimonianze raccolte dalla Commissione parlamentare stragi, nella quale il professor Giuseppe De Lutiis lavorò come coordinatore dei consulenti, cerca di fare luce su alcuni aspetti oscuri del caso Moro.
Dall’ipotesi che il covo di via Montalcini non sia stato l’unica “prigione del popolo” dove venne segregato lo statista di Maglie, al ruolo di copertura svolto dalla scuola di lingue parigina Hýperion, ai contatti delle vecchie e nuove Brigate Rosse con gli ambienti dei servizi segreti, sia occidentali che orientali. Chi sparò davvero in via Mario Fani la mattina dell’agguato?
Furono soltanto i terroristi oppure a loro si “aggregarono” altri elementi militarmente più capaci? Premettero il grilletto anche esponenti della criminalità organizzata calabrese?
Il Sismi diretto dal generale piduista Giuseppe Santovito era al corrente dei piani dei brigatisti rossi? E il servizio segreto civile? Quel Sisde al quale apparteneva la Mini Clubman parcheggiata proprio al posto dove del fioraio del posto lasciava il suo furgone, automezzo al quale quel mattino qualcuno forò i pneumatici per non farlo arrivare in via Mario Fani?
Tanti quesiti ai quali De Lutiis prova a fornire delle risposte, a esplorare delle ipotesi plausibili, collocando il sequestro e l’assassinio di Aldo Moro nel complesso contesto internazionale del tempo nel quale agivano le due superpotenze, laddove queste ultime consideravano pericolosa la possibile formazione di una maggioranza politica in Italia che includesse anche il Partito comunista di Enrico Berlinguer.

A112 – CASO MORO E ALTRI MISTERI ITALIANI: IN RICORDO DEL PROFESSOR GIUSEPPE DE LUTIIS A DUE ANNI DALLA SCOMPARSA. Intervista con il professor FRANCESCO BISCIONE, storico dell’Archivio Flamigni, Radio Omega, ORA ZERO, trasmissione del 30 marzo 2019, a cura di Gianluca Scagnetti.

Il secondo anniversario della scomparsa del professor Giuseppe De Lutiis, esperto di servizi segreti e di terrorismo – ricordato in un convegno che ha avuto luogo presso la Procure Generale della Repubblica che ha visto la partecipazione di magistrati, storici, giornalisti e politici – ha fornito lo spunto per una riflessione sui fatti per anni investigati e analizzati sia in chiave storica che politica da colui che, tra l’altro, fu il coordinatore dei consulenti della Commissione parlamentare d’inchiesta sul terrorismo e le stragi presieduta dal senatore Giovanni Pellegrino.
Allo stato attuale sulle drammatiche vicende che hanno segnato negativamente la vita del Paese esistono delle sentenze giudiziarie, tuttavia permangono numerosi dubbi e misteri su come si svolsero veramente i fatti. Su di essi, però, esiste anche  una “verità storica”, che a distanza di anni va ricercata e affinata sulla base dell’analisi e dello studio degli eventuali nuovi elementi venuti alla luce.
Terrorismo, stragi, violenza politica, deviazioni criminali di settori di apparati dello Stato, poteri occulti, De Lutiis si occupò di tutto questo dapprima come studioso e appassionato, in seguito nella veste di “incaricato” dal massimo organo di rappresentanza del popolo, il Parlamento della Repubblica. È lì che il mite ma determinato professore pescarese dai modi gentili poté scavare più a fondo giungendo a una serie di conclusioni.
Da piazza Fontana a via Caetani passando per l’Ufficio Affari Riservati e la loggia massonica P2 di Licio Gelli, un percorso nelle zone grigie italiane analizzato con estrema attenzione passo dopo passo. E poi le ipotesi. Anche quelle ritenute più fantasiose («dietrologiche», secondo i suoi detrattori), come quelle relativa al sequestro di Aldo Moro, che se venissero confermate sarebbero inquietanti. Il ricordo di un uomo che è anche la controversa storia del paese ritenuto un tempo “l’anello debole” dell’Alleanza atlantica.
A128 – CASO MORO, RIVELAZIONI DI RAFFAELE CUTOLO: IL PRESIDENTE DC POTEVA ESSERE SALVATO. A quarantun anni di distanza dal sequestro e dall’assassinio dell’uomo politico democristiano vengono alla luce le “verità” del boss della Nuova camorra organizzata Raffaele Cutolo, detenuto da decenni in regime di massima sicurezza, rese nel corso di un interrogatorio per altro procedimento.
Sull’ancora oscura vicenda insidertrend.it ha intervistato STEFANIA LIMITI, giornalista e saggista esperta di questi avvenimenti.
A246 – CASO MORO: ANNIVERSARI, MISTERI E QUERELE. Dei dubbi e delle ancora perduranti zone grigie a distanza di quarantadue anni dal ritrovamento del cadavere del presidente della Democrazia cristiana in Via Caetani a insidertrend.it interviene il giornalista VALTER VECELLIO.
Anche questo 9 maggio è trascorso, con lui l’ennesimo anniversario dell’assassinio del presidente della Democrazia cristiana Aldo Moro. Un anniversario sottotono a causa della pandemia da coronavirus, ma non per questo esente da celebrazioni e, soprattutto, di polemiche.
In nome di una malintesa verità di Stato (o di Stati) Aldo Moro, al pari di Enrico Mattei, sarebbe stato sacrificato nel nome di equilibri politici sia internazionali che nazionali e la verità «vera» su questa vicende sarebbe stata poi “tombata”.
A partire dalla dinamica iniziale (cioè l’agguato di Via Mario Fani, passando per la prigione del popolo e il covo di via Gradoli fino al ritrovamento del cadavere del presidente della Democrazia cristiana in Via Michelangelo Caetani, almeno quattro fasi fondamentali di quei drammatici cinquantacinque giorni non si sarebbero svolte così come poi sono state raccontate.
Un tacito accordo raggiunto tra i brigatisti in carcere, settori dell’allora partito di maggioranza relativa e apparati dello Stato, accordo avallato poi da certa stampa, ha fatto sì che nell’opinione pubblica si consolidasse una “verità ufficiale” di comodo, si tratta di quella ricavata dal cosiddetto «memoriale Morucci».
La desecretazione degli atti avvenuta negli ultimi anni, in seguito vagliati dalla Commissione parlamentare presieduta dal senatore Giuseppe Fioroni (parlamentare del Partito Democratico già democristiano della corrente andreottiana) hanno consentito una rilettura diversa della narrativa relativa al sequestro e all’assassinio dell’Onorevole Moro, ponendo così in discussione quella verità ufficiale dicibile frutto di un compromesso raggiunto nel periodo precedente la caduta del Muro di Berlino.
Quale è la ragione per cui quella tragica vicenda permane ancora ammantata dal mistero dopo così tanto tempo?
Nonostante siano trascorsi quarantadue anni alcuni dei suoi protagonisti sono ancora in vita e il reato di strage è imprescrivibile e a tanto tempo dallo svolgimento dei fatti presso la Procura della Repubblica di Roma sono ancora in corso dei procedimenti.
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