AFRICA, Ciad e arco di crisi regionale. Le conseguenze della morte di Deby analizzate da Emmanuel Dupuy e Mario Giro

Perché la Francia e i paesi africani sono incerti di fronte alla nuova situazione determinatasi a N’Djamena? La giunta militare che ha assunto il potere garantisce continuità con il passato, ma quanto potrà durare? Parigi interverrà militarmente se i ribelli del FACT occuperanno la capitale ciadiana? Le risposte a questi interrogativi e il punto della situazione sull’arco di crisi che origina nell’Africa occidentale e giunge a lambire l’Oceano Atlantico

È con l’assunzione del potere di Idriss Deby Itno che il Ciad ha gradualmente raggiunto una relativa stabilità, condizione che, grazie al sostegno in primo luogo della Francia (storica alleata della sua ex colonia dell’Africa equatoriale) lo ha portato a svolgere la funzione di «stabilizzatore» regionale, svolgendo un ruolo importante anche in funzione del contenimento dell’espansione jihadista.

Perché è importante il Ciad

N’Djamena lo ha potuto fare perché disponeva di un esercito potente e coeso, oltreché, naturalmente, grazie alla continua presenza militare francese, risalente agli anni Sessanta. Attualmente in Ciad ha sede il quartier generale del G5 Sahel e, in alcune basi militari, sono stati rischierati i sette velivoli da combattimento Mirage 2000C e D dell’Armée de l’Air nonché gli UCAV impiegati nel quadro dell’operazione Barkhane.

Il Ciad riveste inoltre una fondamentale importanza in ragione della sua posizione, nella parte occidentale del Sahel, il suo apporto all’operazione di stabilizzazione dell’ONU MINUSMA (Mission multidimensionelle intégréedes Nations unies puor la stabilization au Mali, Missione di stabilizzazione integrata multidimensionale delle Nazioni Unite in Mali) è notevole, poiché contribuisce con il secondo maggiore contingente di truppe per numero di militari, 1.400 soldati.

I reparti di N’Djamena sono poi impegnati nel contrasto dei jihadisti di AQMI (al-Qaeda nel Maghreb islamico) e di Daesh (Islamic State) nel Sahara, mentre nelle sue regioni sudoccidentali, al confine con la Nigeria e il Niger, si oppongono a Boko Haram.

La giunta militare al potere: una continuità, ma solo se provvisoria

La giunta militare di transizione che ha assunto il potere a N’Djamena dopo la morte di Deby rappresenta una sostanziale continuità con il passato, tuttavia, questo aspetto non deve indurre a ritenere che tutto sia sistemato. Infatti, la giunta, formata da quattordici generali al cui vertice si trova il figlio del presidente maresciallo ucciso, Mahmat Idriss Deby, non ha ricevuto il totale sostegno della componente militare del Paese, poiché alcuni ufficiali denunciano l’incostituzionalità di questa successione.

La costituzione ciadiana prevede che in fasi di transizione come questa sia il presidente dell’Assemblea nazionale ad assumere provvisoriamente la carica di capo dello stato, ma la giunta militare ha provveduto immediatamente a sciogliere il parlamento, ha decretato il coprifuoco e ha chiuso le frontiere e lo spazio aereo nazionale.

Si può dunque affermare che il regime di Deby sia forte ma allo stesso tempo fragile, stabilizzato sì, in questi ultimi trentuno anni, una fragilità che si evidenzierebbe proprio attraverso la rapida decisione della cerchia ristretta degli ufficiali più vicini al presidente deceduto di sciogliere il parlamento e istituire una giunta di salvezza nazionale.

L’avanzata del FACT verso la capitale

Il clan Deby non è completamente sovrapponibile al Ciad, esso è di etnia zagawa e ha una continuità nel vicino Darfur, inoltre gli stessi zagawa sono divisi tra loro. Lo stesso FACT (Front pour l’Alternance et la Concorde au Tchad), che sta penetrando il Paese da nord, dalla Libia, è organizzato attorno a delle tribù tebu, che però rinvengono degli alleati in alcuni zagawa imparentati con i Deby, ma protagonisti di lotte intestine con questi ultimi.

Intanto i 1.500 ribelli del FACT marciano verso la capitale e potrebbero occuparla in quarantotto o, massimo, settantadue ore, dunque N’Djamena potrebbe cadere in mano loro, anche approfittando della situazione di incertezza generata dalla morte del presidente. È per questo che hanno fretta di raggiungere e conquistare la città.

Qualcosa che è già successa in passato, quando Deby riuscì a riprendere in mano la situazione grazie all’intervento dei jet militari francesi. Una delle numerose ribellioni originatesi o da nord (Libia, Tibesti) oppure da est (Darfur e Sudan), che anche stavolta potrebbe coinvolgere direttamente Parigi.

Una situazione del tutto particolare

La morte di Deby coglie il Ciad in una situazione del tutto particolare, poiché il Paese africano riveste attualmente la presidenze del CENSAD (Comunità degli Stati del Sahel e del Sahara) oltre a quella del G5 Sahel (che oltre al Ciad annovera Mauritania, Mali, Burkina Faso e Niger), ma una giunta militare come quella al potere a N’Djamena non può presiedere un organismo del genere, medesima condizione che pone un ulteriore problema di natura istituzionale, quello derivante dal fatto che l’attuale presidente della Commissione dell’Unione Africana è un ciadiano, Moussa Faki, che si trova in quella posizione mentre il suo paese è governato da un gruppo di militari golpisti.

Ma la sospensione del Ciad da tutti questi organismi internazionali e interafricani non c’è stata, un particolare di rilievo che conferma l’importanza del paese divenuto orfano del suo presidente-padrone. Infatti, in casi simili l’esclusione di N’Djamena sarebbe dovuta avvenire automaticamente, in quanto Stato governato da golpisti, e invece ancora non è stato preso alcun provvedimento al riguardo.

Perché questa incertezza nei confronti del Ciad?

Perché tutti sono incerti nei confronti del Ciad? la risposta l’ha fornita il professor Mario Giro nel corso del dibattito al quale ha partecipato oggi a insidertrend.it assieme all’analista di strategie e geopolitica francese Emmanuel Dupuy: «Perché il Ciad si trova a essere una cerniera in una regione estremamente sensibile e interessata da numerosi conflitti: Boko Haram, Centroafrica, Darfur, Sud Sudan e tutta la situazione sub-sahariana, con i soldati di N’Djamena impegnati in combattimento in giro su non pochi di questi fronti».

Una considerazione che aiuta a comprendere anche l’atteggiamento prudente di Parigi all’indomani dell’autogolpe della giunta militare di transizione.

Al dibattito organizzato da insidertrend.it hanno preso parte il professor Emmanuel Dubuy (analista dell’IPSE) e il professor Mario Giro (docente presso l’Università per stranieri di Perugia, già viceministro degli Affari esteri con delega alla Cooperazione internazionale ed esponente di rilievo della Comunità di Sant’Egidio). Nel corso di esso, oltre alle ultime vicende ciadiane, sono stati trattati gli argomenti relativi all’arco di crisi regionale, alla cooperazione in campo militare e della sicurezza tra Algeria e Francia (anche a seguito della visita ufficiale ad Algeri del capo di stato maggiore francese, generale Françoise Leincontre, che ha incontrato il suo omologo algerino Saïd Chanegriha) e alla situazione nel Sahara occidentale dopo l’eliminazione da parte marocchina del comandante della gendarmeria militare del Fronte Polisario. 

A321 – AFRICA, CIAD E ARCO DI CRISI REGIONALE: LE CONSEGUENZE DELLA MORTE DI IDRISS DEBY ITNO. Perché la Francia e i paesi africani sono incerti di fronte alla nuova situazione determinatasi a N’Djamena? La giunta militare che ha assunto il potere garantisce continuità con il passato, ma quanto potrà durare? Parigi interverrà militarmente se i ribelli del FACT occuperanno la capitale ciadiana?
Le risposte a questi interrogativi e il punto della situazione sull’arco di crisi che origina nell’Africa occidentale e giunge a lambire l’Oceano Atlantico vengono fornite dal professor EMMANUEL DUPUY (analista dell’IPSE) e dal professor MARIO GIRO (docente presso l’Università per stranieri di Perugia, già viceministro degli Affari esteri con delega alla Cooperazione internazionale e autorevole membro della Comunità di Sant’Egidio).
Il Ciad è un paese che riveste fondamentale importanza dal punto di vista strategico, poiché è collocato all’interno di un arco di crisi regionale che si estende dalla Nigeria settentrionale e dal Sudan fino alla frontiera marocchina. In Ciad si giocano anche gli interessi dell’Europa e dell’Occidente più in generale, non soltanto sul piano della sicurezza.
Nel corso del dibattito organizzato da insidertrend.it oltre alle ultime vicende ciadiane sono stati trattati gli argomenti relativi all’arco di crisi regionale, alla cooperazione in campo militare e della sicurezza tra Algeria e Francia (anche a seguito della visita ufficiale ad Algeri del capo di stato maggiore francese, generale Françoise Leincontre, che ha incontrato il suo omologo algerino Saïd Chanegriha) e alla situazione nel Sahara occidentale dopo l’eliminazione da parte marocchina del comandante della gendarmeria militare del Fronte Polisario. (insidertrend.it – 22 aprile 2021)
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