La notizia è di ieri: la Libia ha un nuovo primo ministro, Abdul Hamid Dbeibah. La nuova guida del Paese nordafricano ha infatti ottenuto la fiducia del parlamento, la Camera dei Rappresentanti, che si è riunita a Sirte.
In attesa del giuramento
Ora Dbeibah dovrà prestare giuramento in qualità di capo del governo ad interim che avrà la funzione di condurre il Paese alle prossime elezioni politiche indette per il giorno 24 dicembre.
La data della cerimonia di giuramento è stata fissata per il 15 marzo, il luogo sarà un’altra città diversa dalla capitale, Bengasi, dove si trova la sede ufficiale della camera dei rappresentanti.
Il fatto che si tratti di un esecutivo a termine al quale è stato conferito un mandato definito lo ha voluto sottolineare anche il presidente della Camera dei Rappresentanti Aguila Saleh attraverso una dichiarazione ufficiale resa alla stampa nell’immediatezza della fiducia concessa al nuovo governo.
Tutti i maggiori protagonisti della scena internazionale si sono affrettati a congratularsi con il nuovo premier, a cominciare dall’Onu (che in Libia schiera la missione UNSMIL) e dall’ambasciatore statunitense in Libia Richard Norland e, a tutti gli effetti, si tratta di un risultato apprezzabile, non fosse altro in ragione del fatto che il cessate il fuoco concordato tra i belligeranti parrebbe che tenga, malgrado episodici scontri a fuoco in alcune zone del paese.
Abdul Hamid Dbeibah
Ma chi è davvero il neo premier Abdul Hamid Dbeibah, businessman misuratino ritenuto capace di poter gestire la situazione con un occhio sulla Libia e l’altro sullo scenario internazionale?
Di Misurata quale fiorente centro economico anche ai tempi del colonnello Muhammar e-Gheddafi di si è parlato spesso, e anche del fatto che con il divampare della guerra civile le sue milizie abbiano non infrequentemente svolto il ruolo di ago della bilancia tra le parti in conflitto. Ebbene, il nuovo primo ministro altri non è se non un esponente di spicco del variegato ceto commerciale della città costiera situata sul Golfo della Sirte
Egli è stato al vertice della Libyan Investment and Development Holding fino al 2013, ruolo rivestito anche prima della deposizione di Gheddafi, alla quale contribuì finanziando una sua formazione armata che combatté le forze del rais, destinato ormai alla fine del proprio potere e della propria vita.
A Misurata si rifece dunque una verginità, poiché fino a quel momento aveva curato i propri interessi economici mantenendo stretti e diretti legami con Gheddafi e il suo entourage.
Aperto alle relazioni sia con Parigi che con Ankara, Dbeibah adesso si appresta a traghettare la Libia verso la riunificazione e la ripresa dell’economia.
I dubbi sul futuro
Tutto bene dunque? Parrebbe di sì, seppure già alcuni giorni prima che venisse incaricato della successione al ridimensionato e caduto in disgrazia Fayez al-Serraj, iniziarono a circolare voci che paventavano la sua potenziale «divisività» nel quadro del complesso scenario libico, tuttora animato da vari e contrapposti interessi che vedono quali portatori attori sia interni che esterni al Paese: clan, tribù, fazioni, gruppi di potere e potenze straniere, di caratura regionale e globale.
Una Libia dalle tante anime e le accese rivalità, frammentata nel proprio tessuto sociale, politico e tribale, con una capitale, Tripoli, oggetto del desiderio da parte di coloro i quali vogliono controllare le leve del potere.
Ma Tripoli è una città difficile, dagli equilibri mutevoli e incerti, mentre i nuovi organi politici vengono ritenuti espressione di interessi e gruppi di potere lontani dalle milizie che la controllano e che potrebbero frapporsi con le loro armi al tranquillo insediamento di un nuovo Governo di unità nazionale che rivendichi la pienezza dei poteri.
Idrocarburi, fondi bloccati e nuovi ministeri
Il principale oggetto del desiderio resta comunque il controllo dei ricavi delle vendite di petrolio e gas naturale, tant’è vero che gli ultimi rumours percepiti negli ultimi giorni dalle orecchie più attente inducono a pensare che questo nuovo esecutivo – o magari quello che verrà immediatamente dopo di lui se si svolgeranno le elezioni previste per la fine di dicembre – ricostituirà la struttura del ministero del Petrolio, dicastero di primaria importanza già esistente ai tempi della Jamahiriyya.
Chi lo dirigerà? Come verranno redistribuite le ricchezze derivanti dalla produzione e commercializzazione all’estero degli idrocarburi libici?
Per il momento, il problema più urgente è quello dello sblocco dei fondi dei proventi petroliferi che, a tutt’oggi, rimangono congelati da Tripoli.
La National Oil Corporation (NOC), azienda di Stato libica, che produceva per la soddisfazione del fabbisogno interno, in precedenza versava i proventi delle proprie attività alla Banca centrale libica, che provvedeva in una fase successiva alla loro redistribuzione al governo di Tripoli e a quello del maresciallo Khalifa Haftar. Da un certo momento in poi, però, la NOC, in contrasto con la Banca centrale ha invece “congelato” queste erogazioni versando il denaro ricavato dagli idrocarburi su un conto estero e, a oggi, la situazione è ancora questa.
L’el dorado libico
Il blocco di questi fondi ovviamente non consente alle imprese una operatività ottimale, e va rilevato che si tratta di risorse finanziarie importanti anche per le imprese italiane del settore energetico che lavorano in Libia, poiché esse per i pagamenti spettanti sono costrette a ricorrere ad altre strutture in partecipazione, che si occupano dello sviluppo dei vari giacimenti energetici e cantieri.
«Un segnale di grande instabilità», secondo Michele Marsiglia, presidente di FederPetroli Italia, che nell’intervista rilasciata oggi a insidertrend.it ha poi aggiunto che «per le compagnie operanti nel settore delle materie prime energetiche la Libia permane un “el dorado”, dato che si stima che a oggi sia stato sfruttato soltanto il 30% delle risorse presenti nel suo sottosuolo».
Egli ha confermato l’esistenza di voci relative a una possibile ricostituzione del Ministero del Petrolio, affermando che questo potrebbe verificarsi «dopo il giuramento del premier Dbeibah».
«A distanza di tanti anni costituisce una grossa novità, una leva per lo sviluppo economico del Paese collegato però soltanto alle risorse energetiche» e – va doverosamente aggiunto – sarebbe un formidabile centro di potere in un paese che basa la propria economia praticamente in maniera esclusiva dagli idrocarburi.
A309 – Libia
Questi e altri argomenti inerenti alla Libia e alle materie prime energetiche sono stati trattati nel corso dell’intervista rilasciata quest’oggi a insidertrend.it da Michele Marsiglia, presidente di FederPetroli Italia, che ha parlato anche della competizione tra Egitto e Turchia per i giacimenti offshore di gas naturale al largo delle coste della Tripolitania, del riavvio della produzione da parte di Eni nel sito di Damietta (Egitto) e della figura, ormai divenuta misteriosa e per certi aspetti leggendaria, di Saif al-Islam el-Gheddafi, il figlio del deposto rais libico, che – ad avviso del presidente di FederPetroli Italia – «potrebbe ricomparire sulla scena politica e catalizzare i consensi di larga parte della popolazione».
Egli ne traccia una breve, sintetico ma dettagliato profilo, indicandone le potenzialità.