ISRAELE, Libano e Golan. Tensione a seguito delle attività svolte dell’aviazione militare dello Stato ebraico

Nella tarda notte di domenica la IAF ha avviato la simulazione dell’intervento in uno scenario di guerra nel nord del Paese, alla frontiera con il Libano, tuttavia, contestualmente avrebbe anche colpito delle installazioni militari non distanti da Damasco, in Siria, nelle quali sarebbe stata rilevata la presenza di ingenti forze iraniane

L’esercitazione, denominata in codice «Galilee Rose», aveva a tema diversi scenari di guerra nello specifico settore settentrionale, quello che rinviene la minaccia nella presenza iraniana e della potente milizia sciita di Hezbollah,  immediatamente al di là della linea di confine con il Libano.

Nel corso delle attività addestrative di domenica gli israeliani si sarebbero dunque esercitati nella difesa del loro spazio aereo e terrestre dagli attacchi e dalla raccolta di informazioni da parte nemica, in particolare garantendo la propria superiorità aerea e, al contempo, neutralizzando il sistema di difesa aerea avversario.

«Galilee Rose»

Gerusalemme ha in seguito reso noto che sono stati accuratamente testati i processi di pianificazione, di comando e di esecuzione delle operazioni militari, oltre alle capacità nei settori logistico e tecnologico, al fine del mantenimento della piena continuità sul piano operativo.

La popolazione residente nelle zone interessate dall’esercitazione è stata poi avvisata del fatto che a partire dal pomeriggio di lunedì potrebbe trovarsi a vedere il passaggio di un numero di velivoli militari, droni inclusi, maggiore di quello abituale

Le autorità dello Stato ebraico hanno diffuso la notizia dell’ormai avvenuto inizio di Galilee Rose soltanto alcune ore dopo che la stampa siriana aveva riferito di una serie di attacchi aerei lanciati dall’aviazione con  la stella di Davide sul proprio territorio, raid attraverso i quali erano stati colpiti alcuni siti militari nei pressi della capitale.

Raid aerei sulla Siria: obiettivo gli iraniani

Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, che ha sede nel Regno Unito, gli attacchi israeliani avrebbero provocato la morte di almeno nove miliziani pro-Assad, ma, di fatto, si sa che a essere colpite sarebbero alcune strutture situate nella zona dell’aeroporto internazionale di Damasco, cioè lo scalo attraverso il quale gli iraniani starebbero trasportando sistemi d’arma e munizionamento in un settore immediatamente a ridosso della frontiera con Israele.

A essere attenzionate da Tsahal sono inoltre le installazioni militari del sobborgo el-Kisweh, sempre vicino alla capitale siriana, che l’intelligence israeliana indica da tempo come basi di proiezione delle forze iraniane per la conduzione di operazioni in Siria e contro il territorio dello Stato ebraico.

Massimo riserbo di «Mate Klali»

Come tradizione in questi casi i vertici militari e politici dello Stato ebraico sono stati sibillini, infatti, non hanno né confermato e neppure negato gli attacchi in territorio siriano, a esclusione di una operazione condotta in risposta a un attacco pervenuto dal settore settentrionale oltre frontiera.

Tuttavia è oltremodo noto come, dall’inizio della guerra civile in Siria nel 2011, Tsahal abbia effettuato centinaia di attacchi nel territorio del Paese arabo confinante, questo principalmente allo scopo di vanificare gli sforzi profusi da Teheran per stabilire una propria presenza militare permanente in loco, anche attraverso il trasporto di sofisticati sistemi d’arma e di rilevamento elettronico, gestiti sia direttamente che mediante il ricorso a propri alleati e proxi, in primo luogo gli sciiti libanesi di Hezbollah.

La reazione delle forze armate di al-Assad

La notizia dei raid della IAF è stata confermata dalle autorità siriane, che, dal canto loro, hanno tenuto a sottolineare come il proprio sistema di difesa aerea abbia «intercettato l’aggressore israeliano» sopra Damasco, dopo che «i jet militari nemici avevano sorvolato le alture del Golan per colpire obiettivi presso la capitale».

Nel loro comunicato stampa ufficiale le medesime fonti damascene, evitando di fornire un bilancio delle vittime, hanno tuttavia inteso sottolineare come «la maggior parte dei missili lanciati dagli aerei israeliani» siano stati abbattuti dalla contraerea.

Resta dunque ancora incertezza sugli effetti dei raid effettuati dalla IAF, poiché, come accennato in precedenza, dal portavoce delle forze armate israeliane non è stato fatto trapelare alcun commento in replica alla  nota stampa siriana e neppure sono stati confermati gli obiettivi colpiti.

Colpita el-Kisweh

Sulla base di una testimonianza che sarebbe stata resa da un disertore siriano che è stata raccolta dall’emittente satellitare qatarina al-Jazeera, i bombardamenti israeliani avrebbero avuto quale obiettivo un’unità dell’esercito, forse di livello divisionale, acquartierata nei pressi di el-Kisweh, località distante quattordici chilometri da Damasco, cioè nella medesima zona nella quale gli iraniani avrebbero concentrato notevoli forze, uno schieramento definito dall’intelligence israeliana addirittura come «presenza dominante».

Altri testimoni hanno invece riferito di forti esplosioni alla periferia meridionale della capitale siriana.

Non si tratterebbe comunque di una novità, dato che le operazioni in funzione di contenimento e contrasto della presenza militare iraniana in Siria e Libano condotte delle forze armate israeliane oltre la linea di frontiera sono ormai una costante.

Operazioni oltre frontiera: ormai una costante

Esse vengono infatti apertamente rivendicate dai vertici politici e militari dello Stato ebraico. Lo stesso capo di stato maggiore di Tsahal, generale Aviv Kochavi, ha recentemente dichiarato in pubblico che alla fine dello scorso anno gli attacchi missilistici lanciati del suo paese (cinquecento obiettivi colpiti nel solo 2020) avevano avuto l’effetto di «rallentare il radicamento dell’Iran in Siria».

Fonti di intelligence occidentali riferiscono che negli ultimi anni l’influenza militare della Repubblica Islamica dell’Iran in Siria ha registrato un sensibile incremento, spingendo così Israele a intensificare la sua campagna di contrasto, mirante a impedire al suo nemico di stabilire una testa di ponte lungo il suo confine.

Secondo queste fonti, le milizie pro-iraniane guidate dall’Hezbollah libanese si sarebbero attestate in vaste aree della Siria orientale, meridionale e nord-occidentale, oltreché in diversi sobborghi attorno alla capitale Damasco, assumendo altresì anche il controllo dei settori di confine tra Siria e Libano.

La direttrice Iran-Iraq-Siria-Libano

Ovviamente, nel quadro delle operazioni militari israeliane rientra anche la messa sotto pressione delle strategiche zone di confine tra la Siria e Libano, paese, quest’ultimo, formalmente ancora in stato di guerra con lo Stato ebraico. In particolare, nei piani più recenti elaborati dallo stato maggiore di Gerusalemme rientrano la città e il circondario di al-Bukamal, località presso la quali è sito un importante posto di confine sull’autostrada Baghdad-Damasco.

Operazioni come quella di ieri sono finalizzate a impedire a Teheran di mutare a suo favore gli equilibri nella regione, erodendone gradualmente le capacità di proiezione di potenza, senza però innescare un conflitto aperto, che comporterebbe un incremento sensibile delle ostilità.

Secondo la pianificazione israeliana l’esercitazione «Galilee Rose» dovrebbe avere termine mercoledì prossimo.

Condividi: