LAVORO, edilizia. «Boom» degli occupati: in novembre crescita di circa il 20%

Secondo Edilcassa Lazio «i numeri sono in controtendenza, ma è già allarme manodopera. Ora rendere la ripresa strutturale»

Secondo i numeri di Edilcassa Lazio, l’ente bilaterale per la gestione dei contratti collettivi nazionale di lavoro dell’edilizia per gli addetti del settore edile delle piccole e medie imprese (Pmi) e degli artigiani, c’è stato un incremento del 19% (dati relativi al mese di novembre 2019 su novembre 2020) della massa salari dei lavoratori edili.

Il censimento, del quale sono disponibili anche i dati disaggregati per province, evidenzia che si passa dai 3.750.000 euro ai 4.477.000 euro di salari, dalle 345.000 alle 407.000 ore lavorate, da 2.984 a 3.363 addetti iscritti, dalle 773 alle 802 imprese.

«Si tratta di dati certamente significativi e in controtendenza rispetto all’andamento produttivo ed occupazionale nazionale, emerso anche dai recenti dati dell’Istat, e di una congiuntura che ora dovrà essere rafforzata e resa strutturale. Questi dati rappresentano una vera boccata d’ossigeno che testimoniano la capacità e l’impegno di imprese e lavoratori a fronteggiare una fase storica complessa come quella dell’ultimo anno», questo il commento del presidente di Edilcassa Lazio Toni D’Onofrio.

«Tuttavia – ha egli aggiunto -, è necessario creare le condizioni per sostenere il rilancio di un settore che, come noto, ha un effetto trainante sull’intero sistema produttivo ed occupazionale. Occorre, a tale riguardo, affrontare tempestivamente alcune importanti criticità che rischiano di penalizzare il comparto delle costruzioni nei prossimi mesi».

Prima criticità: carenza di manodopera

Circa un quarto (24%) dei lavoratori che lavorano nel campo dell’edilizia ha oltre cinquant’anni (dati 2020). Le dinamicità e i flussi incostanti che caratterizzano il settore dell’edilizia rendono ormai urgente un piano di formazione e riqualificazione professionale capace di rendere più attrattivo e stabile il lavoro nell’edilizia.

Negli ultimi anni il settore ha assorbito una forte componente di manodopera proveniente soprattutto dall’Est europeo che, in gran parte, ha abbandonato il nostro Paese a seguito della diffusione della pandemia di coronavirus. I lavoratori stranieri nel campo dell’edilizia rappresentano il 36,4% del totale e di questi, circa il 75% proviene dall’Est europeo (oltre il 50% dalla Romania).

Occorre, dunque, promuovere un’azione formativa in grado di coprire l’intero e articolato mondo professionale delle costruzioni e favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro.

Ulteriore criticità: il dimensionamento e i criteri di affidamento degli appalti

Un rafforzamento effettivo e permanente del settore deve partire dalla consapevolezza della configurazione del sistema imprenditoriale del territorio, connotato per la sua quasi totalità, dalla presenza diffusa di piccole e medie imprese.

Tale configurazione dimensionale richiederebbe che gli enti appaltanti orientassero gli affidamenti su importi adeguati alle potenzialità del sistema imprenditoriale locale; invece, assistiamo sempre più spesso ad affidamenti, anche nel settore delle manutenzioni stradali, di centinaia di milioni che rendono impossibile l’accesso al mercato della maggior parte del tessuto produttivo locale.

A ciò si aggiunga la scelta, ormai ampiamente diffusa, di ricorrere agli accordi quadro pluriennali e alle procedure negoziate che richiedono, da una parte, un’ampia esposizione finanziaria e, dall’altra, margini di discrezionalità nella richiesta dei requisiti che penalizzano la partecipazione di operatori pur qualificati e specializzati.

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