CRIMINALITÀ, camorra. Roma, arrestata latitante inserita nell’elenco dei cento «più pericolosi»

Fino al momento della sua cattura era riuscita a sottrarsi alla Giustizia, che nei suoi confronti aveva emesso due ordini di esecuzione pena a seguito di altrettante condanne alla pena di sei anni e dieci mesi di reclusione per il reato di associazione per delinquere di tipo mafioso

I militari del Comando provinciale della Guardia di Finanza della capitale hanno tratto in arresto Matilde Ciarlante, di sessantasette anni, latitante dal 2014 e inserita nell’elenco delle cento persone ricercate più pericolose.

Fino al momento della sua cattura era riuscita a sottrarsi alla Giustizia, che nei suoi confronti aveva emesso due ordini di esecuzione pena a seguito di altrettante condanne alla pena di sei anni e dieci mesi di reclusione per il reato di associazione per delinquere di tipo mafioso.

La donna è la vedova di Giuseppe Cillari, pregiudicato deceduto nel 2002 e in precedenza affiliato alla Nuova camorra organizzata di Raffaele Cutolo e, successivamente, al boss campano Pasquale Galasso, per divenire infine sodale del «cassiere» della banda della Magliana Enrico Nicoletti.

Una volta divenuto collaboratore di giustizia, il Galasso, del quale il Cillari nel tempo era divenuto uomo di assoluta fiducia, rilasciò ai magistrati una serie di dichiarazioni accusatorie nei confronti dei due coniugi.

La cattura della latitante è il frutto degli sviluppi investigativi di una informazione assunta dal GICO della Guardia di Finanza, relativa alla possibile presenza a Roma della donna. Ella è stata in seguito (25 gennaio) localizzata nel quartiere Prati, presso il Vaticano, nello studio professionale di un proprio parente.

Una volta fermata, la donna nel tentativo di sottrarsi alla cattura, ha esibito ai militari delle Fiamme gialle un falso documento di identità.

Di risulta, su disposizione della Procura della Repubblica di Roma, è stata arrestata per essere sottoposta a processo per direttissima nella mattinata del giorno seguente davanti al Tribunale della capitale, rito conclusosi con il patteggiamento della pena di due anni di reclusione per i reati di possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi e false dichiarazioni sulla identità.

La donna è stata quindi tradotta nel carcere romano di Rebibbia

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