MEDIO ORIENTE, Russia. Telefonata Putin-Netanyahu: discussi gli sviluppi della situazione in Siria e nel più ampio quadro regionale

I due leader hanno concordando sulla necessità di porre in essere azioni che conducano a un maggior grado di stabilità. Intanto, però, proseguono i raid dell’aviazione militare dello Stato ebraico sulle postazioni missilistiche di Hezbollah in Siria

In una telefonato che ha avuto luogo lo scorso lunedì il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il presidente Vladimir Putin hanno discusso degli sviluppi della situazione in Siria e nel più ampio quadro regionale, concordando sulla necessità di porre in essere azioni che conducano a un maggior grado di stabilità.

Putin ha affrontato anche il tema del contrasto del coronavirus facendo contestualmente, ma in ritardo gli auguri per una felice Hanukkah (festività ebraica).

Nel suo messaggio di saluto in occasione del capodanno, egli aveva sottolineato come la Russia attribuisca «grande importanza alle relazioni amichevoli con lo Stato ebraico», aggiungendo poi che i russi si aspettano di ampliare la cooperazione nel corso del prossimo anno, «continuare a promuovere la relazione e cooperare nella cura delle questioni urgenti presenti nell’agenda regionale e globale».

«Stretti legami – era stato quindi sottolineato dal Cremlino – promuoveranno le esigenze di sicurezza e stabilità in Medio Oriente».

La lettera di Putin e la sua conversazione telefonica con Netanyahu è giunta a seguito di una piccola querelle tra Gerusalemme e Mosca ingeneratasi dopo che Israele aveva eccepito riguardo alle osservazioni mosse dall’ambasciatore russo Anatoly Viktorov, che aveva asserito come «il problema nella regione non sono le attività iraniane, ma una mancanza di comprensione tra i paesi e la non conformità alle Risoluzioni dell’Onu sul conflitto israelo-arabo e israelo-palestinese».

Il diplomatico della Federazione Russa aveva poi proseguito affermando che non sussisteva alcuna prova che Hezbollah avesse scavato i tunnel che dal Libano consentono le infiltrazioni nel territorio del confinante Stato ebraico, concludendo il proprio intervento con l’affermazione che «Israele sta attaccando Hezbollah, ma Hezbollah non sta attaccando Israele».

La conseguenza di tali esternazioni era stata quella della convocazione al ministero degli esteri a Gerusalemme dell’ambasciatore Viktorov per le prevedibili rimostranze.

Nel frattempo, però, sono proseguiti gli attacchi militari israeliani in territorio siriano, almeno due – almeno secondo quanto ha sostenuto il governo di Damasco – nel corso dell’ultima settimana.

Infatti, la Siria ha reso noto che il suo sistema di difesa aerea avrebbero respinto un attacco dei velivoli della IASF nella zona di Nabi Habil, presso la capitale, raid che ha provocato la morte di un militare siriano e il ferimento di altri tre, oltre a causare danni materiali.

Secondo l’opposizione siriana all’estero, che rinviene uno dei suoi portavoce a Londra, il presunto attacco israeliano avrebbe colpito anche le postazioni di Hezbollah presso Zabadani, località situata nella Siria sudoccidentale, a ridosso  del confine con il Libano, mentre il giorno di natale gli israeliani avrebbero attaccato un sito “filo-iraniano” nella provincia occidentale di Hama.

Al riguardo, fonti vicine all’intelligence dello Stato ebraico sottolineano come la milizia sciita filo-iraniana libanese abbia stabilito posizioni ritenute strategiche nella Siria occidentale, trasferendo nei compound di Zabadani una parte del suo arsenale missilistico fornito dall’Iran.

Condividi: