IRAN, nucleare. Le aperture di Teheran alla neoeletta amministrazione democratica Usa

Rouhani ribadisce la piena disponibilità a un ritorno ai termini dell’Accordo sul programma nucleare dopo la fase di «massima pressione» esercitata da Trump, tuttavia nella Repubblica Islamica non tutti sono d’accordo e al polarizzazione politica nel Paese permane a un livello elevato, questo mentre la produzione di petrolio resta bassa

Il 9 dicembre scorso il presidente della Repubblica Islamica dell’Iran, Hassan Rouhani, ha ribadito nuovamente la disponibilità di Teheran a una piena conformità dell’azione di Teheran ai termini precedentemente stabiliti nel quadro dell’accordo multilaterale sul programma nucleare iraniano, formalmente noto come Piano d’azione globale congiunto (JCPOA).

Tuttavia, sempre secondo Rouhani, questo potrà essere possibile soltanto dopo che la nuova amministrazione statunitense, che si insedierà in gennaio, ristabilirà l’adesione di Washington all’accordo medesimo, dal quale l’attuale presidente in carica e a fine mandato, Donald Trump, si era ritirato nel maggio del 2018.

«Tutto quello che occorre è una firma – ha sottolineato Rouhani riferendosi al neoeletto presidente degli Usa Joe Biden – e, in pochissimo tempo, torneremo tutti al punto dove eravamo arrivati».

A partire dal mese di maggio del 2019 l’Iran aveva iniziato a ridurre i propri impegni assunti nel quadro del JCPOA, una decisione che si ritenne perseguire lo scopo di spingere i firmatari europei a mantenere in vigore i benefici economici accordati alla repubblica Islamica, messi in discussione dal ritiro americano.

Un ritiro, quello dell’amministrazione Trump, associato all’avvio di una fase di esercizio di forti pressioni  sull’economia iraniana in funzione di deterioramento della situazione sociale e politica nel Paese.

In questo senso, nelle cancellerie e negli ambienti diplomatici più interessati da tali dinamiche, si afferma come l’esecutivo presieduto da Rouhani stia «contando i giorni nella speranza di un riavvicinamento con il nuovo inquilino democratico della Casa Bianca.

«Dobbiamo sfruttare la nuova opportunità a fini diplomatici», ​​ha egli dichiarato nel corso suo intervento del 9 dicembre, «un obiettivo – ha poi aggiunto -, che potrà essere conseguito con l’unità tra le fazioni politiche».

In questo caso il riferimento del vertice del governo iraniano è alle crescenti tensioni registrate tra l’esecutivo in carica e i settori più intransigenti del Majles, il parlamento iraniano, che fotografano il livello di polarizzazione politica del Paese.

Risale alla scorsa settimana l’approvazione di una mozione che richiede all’esecutivo il compimento di una sostanziale significativa violazione dell’accordo sul nucleare, che includerebbe l’arricchimento dell’uranio a una soglia del 20%, cioè un comportamento che porrebbe in discussione le fondamenta stesse dell’accordo, poiché nei termini da esso stabiliti la Repubblica Islamica aveva accettato di mantenere l’arricchimento entro il limite del 3,67 per cento.

Al momento Rouhani, seppure con difficoltà, mantiene il punto, e il suo governo continua a opporre una resistenza a un passo del genere, che implicherebbe la messa in discussione delle prospettive future relative a eventuali negoziati con i Paesi occidentali.

Sempre nel medesimo intervento di martedì scorso, egli ha inteso esprimere fiducia in ordine alla possibile ripresa delle esportazioni di materie prime energetiche, diminuite sensibilmente in questi ultimi mesi.

Un rapporto aggiornato del centro di ricerca del Majles evidenzia come le entrate petrolifere del paese siano diminuite del 60% tra il marzo del 2018 e il marzo del 2019, mentre altre stime elaborate da analisti occidentali indicano un temporaneo calo della produzione petrolifera iraniana alla quota di 100.000 barili al giorno (dati riferiti al maggio 2020), dunque una netta flessione rispetto ai normali 2,5 milioni di barili al giorno che venivano estratti nel Paese prima del ritiro unilaterale degli Usa dal JCPOA.

Allo specifico riguardo, Rouhani ha dichiarato che: «Teheran sarà in grado di produrre e vendere 2,3 milioni di barili al giorno a partire dal mese di marzo del prossimo anno.

Condividi: