IMMIGRAZIONE, rifugiati. Nel mondo sempre più persone in fuga: i dati relativi al fenomeno

Il rapporto redatto della Fondazione Migrantes pone in luce come sulle rotte migratorie mediterranee e interne al continente europeo abbiano perso la vita quasi 850 persone, almeno 672 morte o disperse in mare e 76 nei percorsi via terra

Sono sempre di più le persone in fuga e sempre meno quelle accolte in Europa, lo evidenzia il rapporto sul diritto di asilo pubblicato dalla Fondazione Migrantes della Conferenza episcopale italiana (CEI). In esso si sottolinea anche come «la situazione dei migranti che raggiungono il continente europeo via mare attraverso il Mediterraneo centrale e le risposte di alcuni governi di Paesi membri dell’Unione europea nel 2020 hanno reso chiaro come la pandemia di Covid-19 abbia fornito dei pretesti per una serie di misure “difensive”».

Nella nota stampa diffusa oggi si afferma inoltre che nel corso dell’anno Migrantes ha sviluppato numerosi progetti, tra i quali “Exodus-Fuga dalla Libia”, avviato nell’estate del 2018 allo scopo di recuperare quanti partono dalla Libia e non riescono ad arrivare sulle coste europee.

Si rende poi noto che il rapporto fra popolazione in situazione di sradicamento forzato (79,5 milioni di persone fra rifugiati all’estero, sfollati interni e richiedenti asilo oltre a 3,6 milioni di venezuelani dispersi all’estero senza status) e popolazione globale, alla fine del 2019 risultava pari a un abitante del pianeta su cento, mentre l’anno seguente, il 2010, esso si riduceva a uno su 159, questo mentre l’85% dei cittadini venezuelani rifugiati o dispersi all’estero si trovano in paesi cosiddetti in via di sviluppo.

Nel 2019 risultano essere 107.800 le persone rifugiate che sono state reinsediate in ventisei Stati del mondo dai precari paesi di primo asilo, con o senza l’assistenza dell’UNHCR, l’agenzia ONU per i rifugiati, che tuttavia stima in 1.428.000 (nell’anno in corso 1.440.000) i rifugiati necessitanti di diritto.

Gli attraversamenti irregolari di migranti e rifugiati registrati alle frontiere esterne dell’Unione europea fra i mesi di gennaio e settembre del 2020 sono all’incirca 72.500, dunque il 21% in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Fra le rotte d’ingresso praticate in via principale risultano in aumento soltanto quelle del Mediterraneo centrale e la balcanica occidentale, sia pure con cifre incomparabilmente inferiori rispetto al 2015, anno dell’emergenza migranti per l’Unione europea.

Va però considerato che negli ultimi mesi in Atlantico si sono moltiplicati gli arrivi alle Isole Canarie, territorio spagnolo e, sempre nel periodo gennaio-settembre, sulle rotte migratorie mediterranee e interne al continente europeo hanno perduto la vita quasi 850 persone, almeno 672 morte o disperse in mare e 76 nei percorsi via terra.

Sull’ammontare delle richieste d’asilo presentate ai Paesi dell’Unione europea, nel 2020 hanno influito le restrizioni e i lockdown derivati a partire dalla primavera dalla pandemia di Covid-19, quelle presentate per la prima volta tra gennaio e giugno son state 196.620 pari a un – 31% rispetto al medesimo periodo del 2019.

Negli ultimi cinque anni sono entrate irregolarmente nel territorio dell’Unione europea due milioni di persone, mentre nello stesso periodo gli arrivi attraverso forme di ammissione umanitaria sono stati 100.000, quindi soltanto il 5% della cifra complessiva.

Ancora una volta, sottolinea il rapporto Migrantes, in Italia l’anno si avvia a concludersi con un totale di arrivi di migranti e rifugiati via mare in crescita rispetto al biennio 2018-2019, quello dei «porti chiusi» e della «guerra alle ONG», tuttavia a livelli minori rispetto agli anni precedenti, considerato he alla fine del mese di settembre del 2020 gli arrivi nel Paese sono stati 23.720, a fronte dei 132.043 dello stesso periodo del 2016 e dei 105.417 del 2017.

La rotta del Mediterraneo centrale, cioè quella verso l’Italia e verso l’isola di Malta  -25.888 arrivi registrati da gennaio a settembre -, continua a essere la più pericolosa, infatti, in quel braccio di mare si è registrato il 70% del totale dei morti e dei dispersi.

Al 30 settembre 2020 in Italia risultano registrate 16.855 domande di richiesta di asilo, si tratta dunque di un dato provvisorio, che però mette in luce il fatto che siano i due terzi rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Fra i dieci paesi di origine del maggior numero di richiedenti asilo in Italia nel 2020, quattro hanno un indice di pace molto basso (3 casi) o basso (un caso), si tratta di quelli più insicuri al mondo a causa di conflitti esterni o interni, militarizzazione, criminalità e violenze. In particolare, spiccano Pakistan, Nigeria, Venezuela e Somalia.

Alla fine del settembre scorso, il totale di migranti, richiedenti asilo e rifugiati, presenti nei servizi di accoglienza italiani erano 82, secondo Migrantes un minimo storico nell’ultimo periodo, poiché per trovare un valore più basso occorre risalire al 2014, subito prima della grande emergenza migranti europea verificatasi l’anno successivo. Rispetto al valore massimo di fine 2017, pari a quasi 184.000 persone, oggi l’accoglienza si è più che dimezzata.

Fra i luoghi di accoglienza, nel 2020 figurano anche le navi quarantena anti-Covid-19 destinate ai migranti, in settembre ne erano operative cinque, con a bordo oltre 2.200 persone.

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